Storie di Ricerca: le tecnologie del futuro? Sviluppate da tecnici e sociologi
La distanza è già abbattuta: nel domani sarà impossibile sviluppare tecnologie senza la collaborazione di esperti di discipline sociologiche. Nel nuovo appuntamento delle storie di ricerca a traghettarci nel futuro "sociodigitale" è il prof. Biagio Aragona dell'università Federico II
Come saranno le tecnologie digitali del futuro e quale impatto avranno sulla società? Due semplici domande aprono la strada a importanti riflessioni sulle quali si concentrano docenti e studenti dell’Università di Napoli Federico II, che è tra i protagonisti della rete mondiale del Centre for Sociodigital Futures.
In particolare, il centro di ricerca guidato dall’Università di Bristol metterà insieme gli esperti da tutto il mondo per indagare l’impatto che le tecnologie hanno sullo scenario sociale. L’ulteriore sfida è mettere in campo approcci sempre più equi e sostenibili. L’Ateneo napoletano – il cui responsabile scientifico è il professor Biagio Aragona del Dipartimento di Scienze Sociali – è tra i partner accademici internazionali del progetto.
“La sfida dei futuri sociodigitali è una sfida di ordine planetario in quanto la spinta alla digitalizzazione avviene a tutte le latitudini. L’obiettivo del Centro è quello di provare a costruire dei futuri sociodigitali che siano sostenibili, inclusivi, riflessivi“, spiega Aragona, professore di Sociologia generale dell’ateneo federiciano.
Gli algoritimi valutati in base all’impatto sociale
La Federico II agisce, insieme agli altri partner, sugli asset fondamentali del Centro su cui verranno attivati i singoli progetti: learning, caring, moving, consuming and organizing. L’università di Napoli svilupperà, in collaborazione con il centro di ateneo Federica, il tema del learning grazie all’importante esperienza sui temi dell’apprendimento continuo e del lifelong learning.
Inoltre, lavorerà sugli altri pilastri grazie alle competenze del Dipartimento di Scienze Sociali che intrecciano i metodi della ricerca sociale. “Un motivo fondamentale per cui noi siamo entrati in questo partenariato è che abbiamo sviluppato un protocollo per fare ricerca sociale sugli algoritmi e sull’automazione. In pratica, invece di valutare gli algoritmi e i processi di automatizzazione sulla base dei loro risultati tecnici, cerchiamo di stimare l’impatto sociale di queste tecnologie“, spiega Aragona.
Anticipare i rischi dell’automazione
Sociologi, ingegneri e coloro che si occupano di arte lavoreranno insieme in ricerche preliminari sugli impatti delle tecnologie. Si prova ad “anticipare” i rischi dell’automazione, ad esempio facendo dei test sui dati usati dagli algoritmi. Insomma, si ragiona sullo stretto intreccio tra digitale e sociale: per questo oggi si parla di sociodigitalità, non avendo più senso pensarle come entità differenti e distinte.
La sfida primaria è disegnare una tecnologia che sia socialmente accettabile, sempre più inclusiva. L’ulteriore è quella di realizzare un protocollo di ricerca per studiare gli effetti degli algoritmi sulla società. Dunque, la possibilità di analizzare la qualità dei dati e dei codici ma anche le conseguenze sul lavoro: proprio in questi ultimi contesti le tecnologie vengono calate “dall’alto” con rilevanti effetti.
Gli accademici hanno il sentore che i processi di automazione non stiano andando verso un futuro socialmente accettabile: di qui l’idea che si debba intervenire sui processi delle tecnologie digitali. Uno dei primi passi della ricerca sarà la realizzazione del manifesto della sociodigitalità, ovvero un orizzonte nel quale sociale e digitale devono essere necessariamente intrecciati.
Il futuro sociodigitale
Il progetto sul futuro sociodigitale è importante anche per un altro aspetto. Se è vero che la ricerca sociale è spesso considerata “lenta” rispetto all’avanzamento digitale – una questione di investimento in termini di risorse economiche e umane – è pur vero che oggi la figura del sociologo è presente in molti più contesti rispetto al passato e, soprattutto, considerata anche in processi prettamente tecnici. La ricerca sui futuri sociodigitali pone l’attenzione proprio su tale condizione: la necessità di affidarsi a scienziati sociali che partecipino alla creazione di tecnologie sociali e per riflettere sugli effetti che quel processo di digitalizzazione hanno avuto sulla società e sugli utenti. Bisogna studiare gli impatti, pianificare le ricadute sociali, ragionare sul momento in cui la tecnologia viene disegnata.
Come saranno le tecnologie digitali del prossimo futuro? “Avremo sempre più difficoltà dal separare il sociale dal digitale. Dobbiamo iniziare a ragionare in modo socio-digitale sin dall’inizio. Se continuiamo a disegnare la tecnologia dimenticandoci del sociale è sbagliato”, spiega Aragona. “Bisogna capire, sin da subito, l’impatto su chi l’ha disegnata, su chi la utilizzerà e su coloro ai quali è destinata: ovvero del comportamento degli attori che si relazionano con gli attanti, quali algoritmi, piattaforme, dati, regolamenti, eccetera. Le tecnologie del futuro socio-digitale dovranno essere socialmente desiderabili: ovvero eque, inclusive, riflessive“
“Il futuro socio digitale avrà bisogno di una formazione alla digitalizzazione lenta ma incisiva che punti ai processi bottom-up creando interesse da parte delle singole persone. Insomma, l’idea non è soltanto dare la tecnologia ma creare competenze: una condizione essenziale per superare i gap economico ed educativo e l’importante tasso di povertà digitale di molti paesi nonostante la particolare diffusione di dispositivi“, conclude.