Approvata la riforma della giustizia tributaria: cosa cambia per il Paese
Con la riforma della giustizia tributaria si intende dare un'accelerata per rendere l’ambiente economico più attraente per gli operatori economici e per gli investitori nazionali e stranieri. Perché ad oggi le lungaggini di un processo tributario che può durare anni, costare soldi e risolversi con un nulla di fatto, rappresentano uno degli ostacoli maggiori allo sviluppo del Paese.
L’Italia fa un passo in avanti sul tema della riforma della giustizia tributaria, approvata nella giornata di ieri: avviata nel mese di maggio con un disegno di legge presentato dai ministri all’Economia Daniele Franco, e alla Giustizia Marta Cartabia, «ha la finalità – come si legge nelle note ufficiali del Governo – di raggiungere, entro il 31 dicembre 2022, l’obiettivo posto dal PNRR di rendere più celere il contenzioso tributario».
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, infatti, ha un ruolo centrale nell’impianto della riforma della giustizia tributaria: uno degli obiettivi da rispettare, come ha spiegato il collega Claudio Mazzone sul tema, è anche quello di “riformare profondamente il sistema istituzionale italiano, affrontando quei temi che mai sono stati affrontati e che rappresentano il vero ostacolo allo sviluppo del Paese”.
Come è nata la riforma della giustizia tributaria
Fra gli obiettivi previsti dal PNRR, infatti, vi è la necessità che il Bel Paese “migliori al tempo stesso la qualità delle sentenze tributarie e riduca il quantitativo di contenzioso presso la Corte di Cassazione“. In altre parole, si tratta anche di dare un’accelerata per rendere l’ambiente economico più attraente per gli operatori economici e per gli investitori nazionali e stranieri. Perché ad oggi le lungaggini di un processo tributario che può durare anni, costare soldi e risolversi con un nulla di fatto, rappresentano uno degli ostacoli maggiori allo sviluppo del Paese.
Secondo i dati resi pubblici dal MEF, la durata media di un contenzioso tributario supera i 4 anni. Per la risoluzione di un ricorso ci vogliono mediamente 1.515 giorni, un tempo che si è allungato dell’1,4% nell’ultimo decennio. Al 31 dicembre del 2020 erano circa 350 mila i ricorsi tributari pendenti, per un valore totale di quasi 16 miliardi di euro. Un dato in netto aumento rispetto a quello del 2019.
Dunque nell’ultimo decennio i ricorsi sono aumentati e i tempi del contenzioso si sono allungati, due fattori che hanno avuto ricadute pesanti sul tessuto economico nazionale. Per questo la riforma della giustizia tributaria è un passaggio fondamentale del Pnrr.
Claudio Mazzone su FMag
La riforma della giustizia tributaria, quindi, agisce sull’ordinamento degli organi speciali di giustizia tributaria e sull’introduzione di istituti processuali volti non solo a deflazionare il contenzioso esistente ma anche a incentivare l’uniformità dei giudizi in materie analoghe.
Cosa cambia con la riforma della giustizia tributaria
Come già sapevamo, nel disegno di legge presentato al Governo dai ministri Cartabia e Franco era prevista l’introduzione della professionalizzazione dei magistrati tributari. Fino a questo momento, infatti, questi giudici sono onorari e selezionati senza concorso, con contratti a sentenza.
Con la riforma della giustizia tributaria quindi viene introdotto un ruolo autonomo e professionale della magistratura tributaria con 576 giudici tributari reclutati tramite concorso per esami mentre 100 degli attuali giudici togati, 50 provenienti dalla magistratura ordinaria e 50 dalle altre magistrature, potranno transitare definitivamente e a tempo pieno nella giurisdizione tributaria speciale.
Per questo motivo, con la riforma i magistrati tributari verranno reclutati a tempo pieno con un concorso che prevedrà prove scritte e orali, proprio come ogni altro ruolo nelle amministrazioni pubbliche. In più verrà introdotto, per le Commissioni Tributarie Provinciali, la figura del giudice monocratico nelle controversie fino a 3.000 euro e l’appello sarà previsto esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento.
Sul piano processuale le controversie di modico valore vengono devolute ad un giudice monocratico, si rafforza la conciliazione giudiziale e viene definitivamente superato il divieto di prova testimoniale. Risulta inoltre potenziato il giudizio di legittimità con la creazione in Cassazione di una sezione civile deputata esclusivamente alla trattazione delle controversie tributarie.
La definitiva professionalizzazione della magistratura tributaria comporta anche un rafforzamento dell’organo di autogoverno dei giudici tributari, presso il quale nasce l’Ufficio ispettivo e l’Ufficio del massimario nazionale, così come vengono potenziate le strutture centrali e territoriali del MEF, che si occuperanno della gestione amministrativa delle nuove Corti tributarie.
La riforma rende la giustizia tributaria conforme ai principi del giusto processo e contribuisce a sostenere l’intero sistema Paese in termini di competitività e richiamo degli investitori esteri.
Questo significa alleggerire l’intero sistema giudiziario perché così diminuiranno i ricorsi alle Commissioni Regionali a di conseguenza, quelli in Cassazione. La riforma introduce anche la prova testimoniale come nei contenziosi amministrativi e civili e l’ampliamento della conciliato per le controversie fino a 50 mila euro.
Oltre a queste novità che incideranno sul processo, nella riforma tributaria ci sono anche alcune innovazioni di sistema. Ad esempio sarà rafforzato il Consiglio di presidenza della Giustizia tributaria (CPGT), l’organo di autogoverno, ma anche l’inserimento di nuove professionalità nella struttura amministrativa del sistema giudiziario tributario.