Rivoluzione smartphone: la SIM è già nel processore
Con l'iSIM si supera anche l'eSIM. Un passo avanti nella direzione dell'IoT, che svincola ogni oggetto dalla presenza fisica di una card per collegarsi al mondo.
C’era un tempo la scheda SIM che si infilava nel telefono e permetteva all’utente di ricevere per magia le telefonate su un dispositivo che teneva in tasca anziché da rete fissa. Poi le SIM hanno iniziato a essere usate per il traffico dati e man mano diventavano sempre più piccole.
Poi è venuta l’eSIM, che grazie a un chip presente sul telefono liberava l’utente della necessità di avere una SIM fisica per collegarsi al mondo. Il prossimo passo di questo percorso si chiama iSIM ed è una “normale” evoluzione dell’eSIM, con la differenza che è già nel processore dello smartphone.
In queste ore Vodafone, Qualcomm e Thales hanno mostrato al mondo uno smartphone che ha già nel processore le funzionalità della SIM. La dimostrazione del proof of concept si è svolta nei laboratori ricerca e sviluppo di Samsung in Europa. Il dispositivo usato, su rete Vodafone, era basato sul Samsung Galaxy Z Flip3 5G con processore Snapdragon 888 5G Mobile Platform, e disponeva di una Secure Processing Unit Qualcomm integrata che esegue il sistema operativo Thales iSim.
Il nostro obiettivo è quello di creare un mondo in cui ogni dispositivo si connette in modo semplice e senza soluzione di continuità
Alex Froment-Curtil, CCO VODAFONE
“La iSim, combinata con la nostra piattaforma di gestione remota, è un passo importante in questa direzione, permettendo ai dispositivi di essere connessi senza una Sim fisica o un chip dedicato, rendendo la connettività a molti oggetti – la promessa del mondo IoT connesso – una realtà”, spiega Alex Froment-Curtil, CCO di Vodafone.
“Permetterà ai nostri clienti di godere della facilità di più account su un dispositivo, mentre dal punto di vista dell’operatore, contribuirà ad eliminare la necessità di schede Sim separate e la plastica aggiuntiva che questo consuma. Continueremo a lavorare a stretto contatto con Qualcomm Technologies e Thales per sviluppare ulteriori applicazioni per questa tecnologia e accelerare la sua commercializzazione”, ha aggiunto.
Una nuova era degli smartphone brandizzati? No, o almeno non è questa la principale motivazione che spinge verso la ricerca di dematerializzare la SIM card che per anni è stata l’anima dei nostri telefonini. Si pensi ad esempio a dispositivi come le smartband, le cuffie, tablet, sistemi di sicurezza o addirittura indumenti smart: potenzialmente permettere la connessione di ogni oggetto rende potenzialmente ogni oggetto parte integrante dell’evoluzione IoT (Internet delle cose).
Nel caso specifico degli smartphone, i vantaggi a cui mirano gli sviluppatori sono sintetizzabili in:
- semplificazione e miglioramento del design e le prestazioni del dispositivo, liberando spazio al suo interno;
- consolidamento della funzionalità della SIM nel chipset principale del dispositivo insieme ad altre capacità critiche come Gpu, CPU e modem;
- provisioning remoto della Sim da parte dell’operatore sfruttando l’infrastruttura eSim esistente;
ma è chiaro che questa evoluzione è da interpretarsi anche come un’apertura alle capacità di connessione dei servizi mobile a una serie di dispositivi che in precedenza non potevano avere capacità Sim incorporate. Svincolando, in tal modo, la loro connettività anche alla Wi-Fi.