Morbiato: “Criptovalute, cosa sono e perché le aziende dovrebbero dotarsene”
Le criptovalute cosa sono e quanto sono sostenibili per l'economia aziendale e per l'ambiente? Massimo Morbiato, CEO di EZ Lab Blockchain Solution delinea un limpido quadro della situazione
Il dibattito sulle criptovalute è aperto da anni, eppure spesso queste valute digitali restano avvolte nel mistero. Non aiuta la loro volatilità e il fatto che permettano un completo anonimato fa alzare più di un sopracciglio. Per capirne qualcosa in più, sia in termini tecnologici che ecologici e sociali abbiamo parlato con Massimo Morbiato tra i maggiori esperti del settore, CEO e Founder di EZ Lab Blockchain Solution, PMI specializzata in soluzioni digitali avanzate nell’industria agricola, alimentare e tessile che oggi ha sedi in Italia, Silicon Valley e Francia.
Come funzionano le criptovalute?
“Quando parliamo di criptovalute parliamo di una moneta parallela. Detta così sembrerebbe qualcosa di nuovo e strano, ma in realtà valute parallele le abbiamo usate per anni, anche in passato. Per esempio i gettoni del telefono erano monete parallele. Non si trattava di una valuta ufficiale, ma il suo valore era riconosciuto da tutti e condiviso. Tant’è che potevi pagarci il caffè. La differenza con le criptovalute è che queste usano la tecnologia per assicurare la sicurezza e consentono transazioni veloci e internazionali, quindi sono l’evoluzione di ciò che si è già fatto in passato, ma con molta più tecnologia”.
Tecnologie appunto, le criptovalute si basano sulla blockchain, in che consiste?
“La Blockchain ha due aspetti. Il primo è la condivisione delle informazioni. Non esiste un server unico ma una pluralità di nodi che hanno tutti le stesse informazioni. Quindi, se faccio una transazione e tutti i nodi registrano la transazione, questo assicura che tu non possa spendere la stessa moneta due volte. Il secondo aspetto è il flusso a blocco, che è come un treno in movimento. Tu carichi l’informazione su un vagone e se provi a cambiarla dopo, non puoi perché il treno è partito. Anche questo fa sì che una volta spesa la criptovaluta non c’è modo per tornare indietro e rispenderla, garantendo l’unicità di ogni transazione”.
In alcuni casi però le truffe ci sono state…
“Certo, ma non sono dovute a falle nella sicurezza del sistema. Per usare le criptovalute hai bisogno di chiavi di accesso. Se qualcuno entra nel tuo pc e ruba le chiavi è come se avesse in mano il tuo portafoglio. Questo non toglie che la blockchain sia sicura”.
Ma le criptovalute sono solo speculazione?
“Sono un nuovo metodo di pagamento veloce ed efficiente. La speculazione arriva perché sono un bene ad alta volatilità. Questo permette grandi guadagni (ma anche grosse perdite), per cui chi di lavoro specula è attratto da questi prodotti”.
La valuta, per secoli, è stata garantita dallo Stato. Qui invece non c’è nessuna entità dietro, non lo trova rischioso? “Da quando gli Stati Uniti hanno tolto il vincolo per cui per ogni dollaro emesso c’era un equivalente in oro, la garanzia statale si basa solo sulla reputazione e sull’idea che lo Stato possa far fronte a queste spese. In realtà ci sono stati paesi che hanno dichiarato default. Quindi il fatto che ci sia lo Stato dietro è diventato non necessario, essendo solo un aspetto reputazionale. E infatti le criptovalute più diffuse sono quelle considerate più sicure, proprio perché hanno una migliore reputazione”.
Voi spingete le aziende a realizzare le loro criptovalute, ma perché dovrebbero farlo?
“Per anticipare il flusso di cassa. Se io gestisco dei parcheggi e diffondo la mia criptomoneta con cui poter pagare il mio servizio, il cliente che l’acquista mi paga prima di aver portato l’auto nelle mie strutture”.
C’è però un problema ambientale: produrre criptovalute richiede molta energia, come se ne esce?
“Il problema si sta affrontando in due modi. Il primo migliorando gli algoritmi e quindi riducendo la capacità computazione per produrli. La seconda è acquistando quote di emissione di CO2, in modo da “risarcire” l’ambiente. Diciamo che le criptovalute sono relativamente giovani e sta per loro avvenendo ciò che è avvenuto con le automobili: i primi modelli non consideravano il fattore ambientale, adesso è un focus centrale”.
Resta il problema della privacy, o meglio dell’anonimato delle criptovalute, che favorisce traffici non sempre leciti… “Difficile uscire da questo problema, perché le criptovalute nascono con la protezione della privacy e l’anonimato nel loro Dna. Tuttavia credo che nei prossimi mesi avremo due scenari diversi. Da un lato le banche centrali permetteranno di usare le criptovalute a patto che le si renda tracciabili e si potrà agevolmente avere un conto in criptovalute. Dall’altro lato continueranno ad esistere monete virtuali non tracciabili”.