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Il Ponte sullo Stretto si farà, costerà quasi la metà del Reddito di Cittadinanza (senza sfamare nessuno?)

Solo il tempo potrà dirci se il Ponte sullo Stretto verrà effettivamente realizzato e se si potrà parlare di grande opera pubblica (andata a buon fine) in Italia o no: ma il Ministero ci tiene a sottolineare che costerà meno del Reddito di Cittadinanza (senza sfamare chi?)

Il Ponte sullo Stretto, argomento divenuto ormai una leggenda italica buona per l’intrattenimento da bar o da campagna elettorale, si farà. Ovviamente parliamo dell’infrastruttura che dovrebbe collegare Messina con Reggio Calabria, permettendo “un’unica via” da Roma a Palermo.

Ne dà l’annuncio, in grande stile, il Ministero ai Trasporti e alle Infrastrutture che ha “sigillato” il via libera al cosiddetto Decreto Ponte.

Il Ponte sullo stretto, da sogno a realtà (forse)

Solo il tempo potrà dirci se il Ponte sullo Stretto verrà effettivamente realizzato e se si potrà parlare di grande opera pubblica (andata a buon fine) in Italia o no: dopo il Consiglio dei Ministri dello scorso 16 marzo, in cui il testo relativo al “Ponte sullo stretto” era stato approvato ma salvo ulteriori approfondimenti, nelle scorse ore il progetto è stato approvato.

Il Ponte sullo Stretto, almeno su carta, è realtà: il Ministero guidato da Matteo Salvini, ha dichiarato che si tratta di

“una scelta storica, che apre a una infrastruttura da record mondiale e con forte connotazione green: il Ponte permetterà una drastica riduzione dell’inquinamento da Co2 e un calo sensibile degli scarichi in mare”.

Per il Ministro, oltretutto, risulta piuttosto significativo

“l’aspetto economico: il costo per la realizzazione del Ponte e di tutte le opere ferroviarie e stradali di accesso su entrambe le sponde è oggi stimato in 10 miliardi. Dal 2019 al 2022, il Reddito di Cittadinanza ha avuto un impatto per le casse dello Stato di 25 miliardi”.

Quindi, voi (e noi) malpensanti, siete avvisati: non pensate sia un’opera così inutile parlare (e realizzare) il Ponte sullo Stretto, che alla fine sfamare i poveri d’Italia ci costa di più. (L’hanno detto loro, non noi).

Questi 10 miliardi, inoltre, vanno a sommarsi al miliardo e duecentomila euro stimati dal Corriere della Sera lo scorso dicembre in un’inchiesta di Milena Gabanelli e Massimo Sideri su quanto l’incompiuta per eccellenza italiana sia già costata ai contribuenti.

I numeri del Ponte sullo Stretto (e una suggestione)

Dicevamo, allora. Dieci miliardi di euro e una suggestione verso il futuro: è questo scenario che dipinge il Ministero quando scrive:

“la differenza, enorme, è che il Ponte è un investimento con benefici di lunghissimo periodo per tutto il sistema-Paese con particolare riferimento al Mezzogiorno. Soprattutto alla luce degli interventi, già programmati, per ammodernare le ferrovie in Calabria e in Sicilia con la velocizzazione e le tratte ad alta velocità/alta capacità.

Con il completamento dell’alta velocità nelle due regioni e la messa in esercizio del Ponte, si stima un dimezzamento dei tempi di percorrenza da Roma a Palermo oggi pari a 12 ore, di cui un’ora e mezza per il solo traghettamento dei vagoni.

Un risparmio significativo per i cittadini, le imprese, la logistica. Il Ponte sullo Stretto rappresenta un’opera strategica per il completamento delle reti transeuropee di trasporto e si inserisce nel tracciato del Corridoio multimodale Scandinavo-Mediterraneo”.

Ancora, dunque: non pensiate che il Ponte sullo Stretto sia più argomento da bar o da intrattenimento. Nel Belpaese iniziano a farsi le cose serie (e pazienza se il resto della Sicilia – e del Sud Italia, in generale – sia collegato poco e male con le linee ferroviarie e con l’alta velocità. Un problema alla volta, suvvia). Talmente serie che il Ponte sullo Stretto potrebbe essere l’italica opera da record (in barba agli Emirati Arabi):

“L’attraversamento stabile sullo stretto è stato progettato secondo lo schema del ponte sospeso. Il progetto tecnico attualmente disponibile consiste in circa 8.000 elaborati e prevede una lunghezza della campata centrale tra i 3.200 e i 3.300 metri, a fronte di 3.666 metri di lunghezza complessiva comprensiva delle campate laterali, 60,4 metri larghezza dell’impalcato, 399 metri di altezza delle torri, 2 coppie di cavi per il sistema di sospensione, 5.320 metri di lunghezza complessiva dei cavi, 1,26 metri come diametro dei cavi di sospensione, 44.323 fili d’acciaio per ogni cavo di sospensione, 65 metri di altezza di canale navigabile centrale per il transito di grandi navi, con volume dei blocchi d’ancoraggio pari a 533.000 metri-cubi” è la descrizione del Ponte sullo Stretto di Messina che arriva dal Mit.

Continuando a precisare:

“l’opera è costituita da 6 corsie stradali, 3 per ciascun senso di marcia (2 + 1 emergenza) e 2 binari ferroviari, per una capacità dell’infrastruttura pari a 6.000 veicoli/ora e 200 treni/giorno. Il progetto prevede inoltre l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria per dare vita ad un servizio di trasporto pubblico locale tra le due città di Messina e Reggio Calabria. Il ponte è stato progettato con una resistenza al sisma pari a 7,1 magnitudo della scala Richter, con un impalcato aerodinamico di “terza generazione” stabile fino a velocità del vento di 270 km/h”.

Ma con il malaffare che, purtroppo, sovente accompagna ogni buon proposito di costruire un’opera pubblica importante, come la mettiamo? Il Ministero chiarisce anche questo punto:

“La storia dell’opera – ricorda il Mit- è vecchia di decenni. Inizia negli anni ‘70; nel 1981 viene costituita la società Stretto di Messina. Nel 2003 è approvato il progetto preliminare. Nel 2009, l’opera è reinserita nel Documento di programmazione economico-finanziaria tra le infrastrutture strategiche. Nel 2010 viene consegnato alla società Stretto di Messina il progetto definitivo.

Il governo di Mario Monti decide di stoppare tutto. Il decreto-legge n. 179 del 2012 stabilisce la caducazione della Convenzione di Concessione affidata alla società Stretto di Messina, nonché di tutti i rapporti contrattuali dalla medesima stipulati con gli aggiudicatari delle gare ad evidenza pubblica sopra richiamate. Con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 aprile 2013 viene, conseguentemente, disposta la messa in liquidazione della Società”.

Tutto è, dunque, nelle mani del Governo Meloni e del suo vice, Matteo Salvini, che nella nota chiarisce:

“in concreto, l’operazione-Ponte riparte così. Innanzitutto, la società Stretto di Messina, in liquidazione, torna in bonis e si trasforma in una società in house. L’assetto societario prevede la partecipazione di Rfi, Anas, delle Regioni Sicilia e Calabria e per una quota non inferiore al 51% di Mef e Mit. A quest’ultimo sono attribuite funzioni di indirizzo, controllo e vigilanza tecnica e operativa sulla società in ordine alle attività oggetto di concessione, circostanza che garantirà l’esercizio di una decisiva attività di indirizzo sugli obiettivi strategici e sulle decisioni della società”.

“Si prevede – conclude il Mit nella nota – la costituzione di un Comitato scientifico di consulenza tecnica, supervisione e indirizzo delle attività tecniche progettuali. Rivive il progetto definitivo del ponte, che dovrà essere integrato e aggiornato secondo le prescrizioni e le normative vigenti. Rivivono i contratti già stipulati, previo l’azzeramento del contenzioso”.

Noi ci auguriamo che tutto vada per il meglio e che l’Italia di un futuro non troppo lontano possa contare anche sul Ponte sullo Stretto (oltre che sul resto delle infrastrutture necessarie). Sperando che lo Stato non s’impegni per poi “gettare la spugna con gran dignità“.

Federica Colucci

Napoletana, classe 1990, Federica Colucci è giornalista, HR e communication specialist. Già responsabile della comunicazione dell'Assessorato al Lavoro e alle Politiche Sociali del Comune di Napoli, ha come expertise i temi del lavoro, del welfare e del terzo settore. È l'anima e la coordinatrice di F-Mag.

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