Economia

Green Deal, ecco come l’Europa si ribella alla presa di Putin sul gas: i 4 pilastri del piano

Un piano per liberare l'Europa, renderla autonoma, snella nella burocrazia e commercialmente appetibile: è il Green Deal Europeo annunciato oggi dalla Presidente Ursula Von der Leyen

Lo avevano annunciato, lo hanno fatto. O almeno, la strada è bella che tracciata (almeno nelle intenzioni) per il Green Deal. Ma andiamo con ordine: in poco meno di dodici mesi l’Europa si è ribellata alla presa di Putin sul gas, riducendo drasticamente la sua dipendenza. E la conferma arriva direttamente dalla Presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, nella plenaria del Parlamento di questa mattina a Strasburgo:

“ci siamo liberati completamente del carbone russo” e “siamo riusciti a smontare” la dipendenza dal petrolio di Mosca. Il presidente russo Vladimir “Putin ha deciso di tagliare dell’80% le forniture di gas e questo è stato un grosso errore strategico, perché ci siamo liberati dalla sua presa”.

Green Deal, dove ci eravamo lasciati

Prima di tornare al 2020 a quando è stato approvato il Green Deal, stringiamo un attimo il campo attorno alle vicissitudini avvenute lo scorso anno. Non molto tempo fa in Europa si è iniziato a parlare del piano Repower EU, il piano che gradualmente libererà il continente dalle grinfie delle forniture russe. Ripercorrendo velocemente gli ultimi dodici mesi, occorre sapere che prima di approdare a quello che sarà il piano industriale del Green Deal (in altre parole, la nostra transizione ecologica – che pure era prevista negli obiettivi di Horizon 2030) l’Eurozona ha subito un duro colpo: le ripercussioni della guerra fra Russia e Ucraina, l’aumento dei prezzi delle materie prime, lo scacco sulle forniture di gas.

Per raccontarlo in modo sintetico, fino allo scorso anno l’intera Unione Europea importava dalla Russia circa 150 miliardi di metri cubi di gas naturale per anno. Secondo il Piano RePowerEu, è stato necessario ridurre di almeno due terzi questo dato già a partire dalla fine del 2022: il motore per agire è stato dato da una serie di misure che riguardavano il risparmio e l’efficienza energetica, la diversificazione degli approvvigionamenti, la sostituzione dei combustibili fossili con le fonti rinnovabili (con un forte focus sul solare e sull’eolico) e combinando investimenti e riforme.

Lo scorso anno ha segnato, pertanto, un forte momento di rottura: sebbene il piano RePowerEu sia senz’altro una misura ambiziosa, si è resa necessaria a fronte dell’imperversare del conflitto fra Russia e Ucraina e dall’utilizzo smodato delle fonti di energia russe come arma di ricatto, economico e politico, nei confronti dei Paesi europei. Come se non bastasse, poi, i combustibili fossili che l’Europa importa dalla Russia costano ogni anno circa 100 miliardi di euro ai contribuenti europei. Era senz’altro arrivato il momento di guardare oltre e di efficientare il mercato dell’energia del Continente. Guardando alla transizione ecologica (il piano Green Deal) sempre più necessaria.

Green Deal europeo, da dove eravamo partiti

Percorrendo il percorso a ritroso, è necessario sapere che il Green Deal Europeo (la transizione ecologica, detta in italiano) era stata approvata già nel corso del 2020: parliamo dell’epoca in cui le preoccupazioni maggiori dell’Eurozona erano i cambiamenti climatici e il degrado ambientale, intesi come minaccia enorme per l’Europa e per il mondo.

Insomma, mentre si combatteva contro il Covid 19, c’era qualcuno che iniziava a ragionare sul dopo: fra gli obiettivi del Green Deal europeo vi è quello di trasformare l’Unione in un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva, garantendo che:

  • nel 2050 non siano più generate emissioni nette di gas a effetto serra
  • la crescita economica venga dissociata dall’uso delle risorse
  • nessuna persona e nessun luogo siano trascurati.

Il Green Deal europeo, si legge sul sito della Commissione, “è anche la nostra ancora di salvezza per lasciarci alle spalle la pandemia di COVID-19. Un terzo dei 1 800 miliardi di euro di investimenti del piano per la ripresa NextGenerationEU e il bilancio settennale dell’UE finanzieranno il Green Deal europeo”.

Da quel momento in poi sono scaturite una serie di misure per ridurre gli imballaggi in plastica, favorire la transizione ecologica, ridurre i RAEE (come l’universalità dei caricabatterie) e così via. Ma, neanche a dirlo, la crisi dei prezzi e del gas russo ha dovuto per forza di cose far correre tutti ai ripari e immaginare una scialuppa di salvataggio.

I 4 pilastri del piano industriale del Green Deal Europeo

Allora, dopo questo breve excursus torniamo ad oggi: secondo quanto ha spiegato in mattinata la Presidente Von der Leyen, l’Unione Europea è pronta a dotarsi di un piano industriale per tradurre in realtà il Green Deal.

“La chiave per gestire – dice – o meglio per guidare, la trasformazione è il nostro settore delle tecnologie pulite. L’Agenzia Internazionale per l’Energia stima che il mercato delle tecnologie per l’energia pulita prodotte in serie varrà circa 650 miliardi di dollari all’anno entro il 2030, più del triplo del valore odierno”. 

“Ed è per questo – ha continuato – che ovviamente gli Stati Uniti hanno presentato l’Inflation Reduction Act”, che sussidia l’industria verde made in Usa. Oggi voglio tracciare la nostra risposta, che è un piano industriale del Green Deal, che sarà costruito su quattro pilastri”.

Secondo quanto affermato dalla Von der Leyen,

  • Il primo pilastro riguarda la velocità e l’accesso: “dobbiamo creare un ambiente normativo che ci consenta di crescere rapidamente e di creare condizioni favorevoli per la tecnologia pulita”.

“In continuazione – ha proseguito – se c’è qualcosa di cui le aziende si lamentano, è che, ad esempio, l’autorizzazione” dei nuovi impianti per produrre energia da fonti rinnovabili “è troppo lenta e che ci sono così tanti ostacoli”. Pertanto “presenteremo l’atto del New Net Zero Industry Act. Questo atto seguirà il modello come l’atto sui chip, esaminerà in particolare come semplificare e velocizzare l’autorizzazione per i nuovi siti di produzione a tecnologia pulita”.

  • Il secondo pilastro del Green Deal è quello volto ad aumentare gli investimenti e lo sviluppo: “competitività è la parola chiave – ha detto ancora von der Leyen – consentire alle aziende di andare avanti con l’innovazione e con la produzione che è così cruciale”.

“Proporremo – ha proseguito – di adattare temporaneamente le nostre norme sugli aiuti di Stato, per velocizzarle e semplificarle. Calcoli più facili. Procedure più semplici. Approvazioni accelerate. Ad esempio, con semplici modelli di agevolazioni fiscali“. 

“Ma allo stesso tempo – ha aggiunto – dobbiamo preservare condizioni di parità per le imprese di tutta Europa. Quindi, al di là del Fondo sovrano europeo che ho annunciato nel mio Stato dell’Unione, cercheremo una soluzione ponte per fornire un sostegno rapido e mirato dove è più necessario”.

  • Il terzo pilastro del piano industriale del Green Deal – ha continuato von der Leyen – riguarda le competenze. “Prendiamo ad esempio l’industria solare: entro il 2030, l’Europa deve impiegare oltre 1 milione di lavoratori solari, ovvero il doppio rispetto a oggi. E’ una grande sfida, ma anche un’enorme opportunità per creare i posti di lavoro del futuro”.
  • Il quarto pilastro, infine, è legato al rafforzamento dell’agenda commerciale: “Affinché la tecnologia pulita fornisca net-zero a livello globale, saranno necessarie catene di approvvigionamento forti e resilienti. Questo è legato al commercio. Cercheremo di concludere nuovi accordi commerciali con Cile, Messico, Nuova Zelanda e Australia. Faremo progressi con l’India e l’Indonesia”. 

E abbiamo una finestra di opportunità unica per portare avanti l’accordo Ue-Mercosur. Questo è il piano. I tempi sono essenziali. Conto su di voi per sostenere questo programma ambizioso”, ha concluso. 

Federica Colucci

Napoletana, classe 1990, Federica Colucci è giornalista, HR e communication specialist. Già responsabile della comunicazione dell'Assessorato al Lavoro e alle Politiche Sociali del Comune di Napoli, ha come expertise i temi del lavoro, del welfare e del terzo settore. È l'anima e la coordinatrice di F-Mag.

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