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WWF, troppa plastica negli oceani: nel 2050 addio ecosistemi marini del Mediterraneo

La situazione appare ancora più drammatica se si guarda al dettaglio delle città più inquinanti del bacino del Mediterraneo: tra le prime 10, ben 5 sono italiane (Roma, Milano, Torino, Palermo e Genova). Il Mar Mediterraneo raggiunge così un triste primato: nelle sue acque si trova la più alta concentrazione di microplastiche mai misurata nelle profondità di un ambiente marino: 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato.

L’inquinamento da plastica degli oceani sarà 4 volte maggiore entro il 2050. E’ quanto emerge da un nuovo report del Wwf che analizza oltre 2.590 studi sull’inquinamento da plastica negli oceani e fornisce l’analisi degli impatti che sta causando sulle specie e sugli ecosistemi marini.

Secondo il report è probabile che

la crescita prevista dell’inquinamento da plastica comporterà in molte aree rischi ecologici significativi che indeboliranno gli attuali sforzi per proteggere e aumentare la biodiversità, se non si interverrà ora per ridurre la produzione e l’uso della plastica a livello globale”.

Il danno derivante da plastica e microplastica

“Anche se la dispersione globale di plastica in natura fosse eliminata oggi stesso, esiste una ‘coda lunga’ di microplastiche: la loro concentrazione nel 2050 sarebbe comunque doppia rispetto a quella attuale nonostante gli sforzi messi in campo e, alcuni scenari, prevedono un aumento di 50 volte per il 2100”.

Questo vorrebbe dire che entro la fine del secolo in un’area marina estesa complessivamente almeno quanto due volte e mezzo le dimensioni della Groenlandia si potrebbe raggiungere una concentrazione di microplastica estremamente pericolosa dal punto di vista ecologico.

Secondo il WWF, ciò si basa sulle proiezioni secondo cui la produzione di plastica raddoppierà entro il 2040, con il risultato che i detriti di plastica nell’oceano quadruplichino entro il 2050. E avverte:

“La soglia massima tollerabile di inquinamento da microplastica (stabilita a 120mila oggetti per metro cubo) è stata già superata in diversi ‘hot spots’ di inquinamento, incluso il Mar Mediterraneo, la Cina orientale e il Mar Giallo e il ghiaccio marino artico”.

Gli effetti nocivi sulla biodiversità

L’inquinamento da plastica

“causa danni alla vita marina attraverso diversi meccanismi: intrappolamento, ingestione, soffocamento e rilascio di sostanze chimiche tossiche. Sono 2.150 specie marine che sono venute in contatto con la plastica. Fino al 90% di tutti gli uccelli marini e il 52% di tutte le tartarughe marine ingeriscono plastica. La plastica è entrata non solo nella catena alimentare marina, ma sta impattando significativamente la produttività degli ecosistemi marini più importanti al mondo, come le barriere coralline e le foreste di mangrovie”.

Il pericolo per il Mediterraneo

Ma cosa accade vicino “casa nostra”, nel Mediterraneo?

“L’Europa (secondo maggiore produttore di plastica dopo la Cina), per esempio, rilascia ogni anno 307-925 milioni di rifiuti nei mari, di cui l’82% è plastica (principalmente frammenti di plastica e articoli monouso (ovvero bottiglie, imballaggi e sacchetti).

Secondo una recente analisi ogni anno finiscono nel Mediterraneo 229mila tonnellate di plastiche: è come se ogni giorno 500 container scaricassero in acqua il proprio contenuto. Più della metà di questa plastica proviene da soli tre Paesi: il 32% dall’Egitto, il 15% dall’Italia e 10% alla Turchia.

La situazione appare ancora più drammatica se si guarda al dettaglio delle città più inquinanti del bacino del Mediterraneo: tra le prime 10, ben 5 sono italiane (Roma, Milano, Torino, Palermo e Genova)”.

Fonte principale di immissione della plastica in mare sono

“le attività costiere e una gestione inefficiente dei rifiuti, che peggiora ulteriormente nel periodo estivo a causa dell’aumento dei flussi turistici e delle relative attività ricreative. Seguono (con il 22%) le attività in mare che, con pesca, acquacoltura e navigazione, disperdono nasse, reti e cassette per il trasporto del pesce.

Il Mar Mediterraneo raggiunge così un triste primato: nelle sue acque si trova la più alta concentrazione di microplastiche mai misurata nelle profondità di un ambiente marino: 1,9 milioni di frammenti per metro quadrato”.

Il report è realizzato in collaborazione con l’Istituto Alfred Wegener per le ricerche polari e marine (Awi). Eva Alessi, responsabile sostenibilità di Wwf Italia, ha dichiarato in conclusione

“Tutti i dati suggeriscono che la contaminazione da plastica dell’oceano sia irreversibile. Una volta dispersi nell’oceano, i rifiuti di plastica sono quasi impossibili da recuperare. Si frammentano costantemente e quindi la concentrazione di micro e nanoplastiche continuerà ad aumentare per decenni.

Agire a monte dell’inquinamento da plastica è molto più efficace che ripulire in seguito. Se i governi, il mondo produttivo e la società agiscono all’unisono ora possono limitare la crisi planetaria della plastica”.

Redazione

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