Economia

Rincari, 3 miliardi di spesa in più per mangiare meno. A Milano record aumento prezzi

Una spesa di tre miliardi in più, per acquistare mediamente il 10% in meno. E Milano segna il record come città dove il caro-spesa ha avuto più impatto

I carrello della spesa aumenta ancora a causa dei continui rincari. E se la settimana scorsa ci siamo chiesti perché, a fronte di un calo medio dell’inflazione i prezzi della spesa alimentare non accennano a scendere (se non di poco), questa volta ci concentriamo su un altro punto spinoso: l’aumento dei rincari che incidono sulla capacità di acquisto dei cittadini italiani.

Rincari: quanto stiamo spendendo in più?

Secondo le stime della Coldiretti in tema “rincari”, gli italiani hanno speso oltre 3 miliardi in più per mangiare ma a causa del caro prezzi hanno dovuto tagliare le quantità acquistate nei primi cinque mesi del 2023. Il dato è estrapolato dall’andamento dell’inflazione a maggio, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, secondo l’Istat che evidenzia un aumento dell’11,4 % dei prezzi dei prodotti alimentari, superiore al dato medio dell’inflazione che è scesa al 7,6%.

Se gli alimentari lavorati rallentano la loro crescita (da +14% a +13,2%) quelli non lavorati – sottolinea la Coldiretti – accelerano (da +8,4% a +8,8%) in particolare ad incidere è la ripresa di accelerazione dei prezzi dei vegetali freschi o refrigerati (da +7,6% a +13,8%). Con l’inflazione alimentare più alta da quasi 40 anni i consumi domestici di ortofrutta fresca delle famiglie sono diminuiti dell’8% secondo elaborazioni Coldiretti su dati Cso Italy relativi ai primi tre mesi del 2023.

Le famiglie – sottolinea la Coldiretti – tagliano gli acquisti a causa dei continui rincari e vanno a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti.

Il peso dell’inflazione sulla dinamica dei rincari

Secondo il rapporto dell’Osservatorio Ismea-NielsenIQ sugli acquisti alimentari domestici relativa al primo trimestre di quest’anno, l’inflazione è fra le prime “cause” dei rincari, sebbene sia in rallentamento (ma continua a restare su valori sostenuti).

Anche in questo caso viene rivelato un aumento medio dello scontrino dell’8,6%, in cui fra l’altro si riflette una contrazione delle quantità acquistate e l’adozione di strategie volte al risparmio, soprattutto da parte dei nuclei a basso reddito, senza particolari differenze tra Nord, Centro e Sud della Penisola.

Secondo l’analisi, tra le diverse tipologie di famiglie acquirenti sono quelle con figli adolescenti (le cosiddette maturing families) a fare i maggiori sacrifici. Per loro l’aumento dello scontrino rimane sotto al 2% ma il carrello si svuota di quasi il 13% delle quantità. Di contro i nuclei familiari molto giovani (pre-family) e gli anziani senza figli a carico riducono solo di pochissimo i volumi acquistati, con esborsi maggiori rispettivamente del 7% e dell’11%.

Tra i vari canali distributivi, il discount con uno share che ha superato il 20%, è quello in cui si registra il maggior scostamento tra aumento della spesa (+8%) e riduzione in volume degli acquisti (-8%), a conferma del fatto che sono le famiglie basso spendenti a subire maggiormente le conseguenze del carovita.

Analizzando le diverse categorie, nel primo trimestre, la spesa risulta in aumento per tutti i comparti alimentari con incrementi a doppia cifra per uova (+20%), latte e derivati (+18%), derivati dei cereali (+13%) e lievemente inferiori per le carni (+9%). Nel reparto ortofrutta la spesa cresce di oltre il 3% con variazioni dei prezzi correlati anche a fattori meteorologici e dinamiche produttive che rendono difficile una lettura generalizzata.

Gli acquisti di oli vegetali crescono del 5% ma il confronto avviene su un 2022 segnato da rincari record, trainati dall’olio di semi (+52% il prezzo di quello di girasole). Il comparto delle bevande registra un incremento di spesa complessivo dell’8,5% al quale contribuiscono soprattutto le bevande analcoliche, in un contesto di spesa invariata e contrazioni in quantità per i vini e di rialzi della spesa inferiori alla media e riduzione in volume delle birre.

Per i prodotti ittici, dopo un 2022 in forte flessione, torna a crescere la spesa, trainata questa volta proprio dal segmento del fresco che era stato il più penalizzato nella scorsa stagione. Il pesce fresco infatti è l’unica voce a registrare un recupero dei volumi (+2%) che, associato all’incremento dei prezzi, fa crescere la spesa del 6,7%. A fronte di ciò, importanti rinunce dei consumatori hanno interessato sia i prodotti ittici surgelati che le conserve ittiche.

I nuovi poveri: i rincari che colpiscono (tutta) la popolazione

La punta dell’iceberg della situazione di difficoltà dovuta ai costanti rincari sono gli oltre 3,1 milioni i poveri che hanno chiesto aiuto per mangiare facendo ricorso alle mense per i poveri o ai pacchi alimentari per un totale di 92mila tonnellate di cibo distribuite negli ultimi dodici mesi, secondo l’analisi della Coldiretti su dati Fead.

L’emergenza si estende – continua la Coldiretti – alle imprese agricole colpite dal maltempo che ha decimato i raccolti e dai bassi prezzi pagati alla produzione che non molti casi non coprono neanche i costi di produzione con il rischio dell’abbandono di interi territori.

“Occorre sensibilizzare la distribuzione alimentare sull’importanza di sostenere la filiera 100% italiana e informare i consumatori sull’importanza di verificare l’etichetta di origine della frutta e verdura fresca obbligatoria per legge che va estesa anche ai prodotti trasformati, dai succhi alle marmellate fino ai surgelati.

Ma – conclude la Coldiretti – per assicurare prezzi equi dal produttore al consumatore occorre anche sostenere gli accordi di filiera previsti nell’ambito del Pnrr con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni”.

Milano la città record: rincari a +2.145 euro a famiglia

Con un aumento di 2.145 euro a famiglia media, Milano è prima in Italia per rincari secondo quanto rende noto l’Unione nazionale consumatori, che ha stilato la classifica completa delle città più care d’Italia, sulla base dei dati territoriali dell’inflazione di maggio diffusi oggi dall’Istat. Nel capoluogo lombardo l’inflazione tendenziale è pari al 7,9%, poco sopra la media nazionale del 7,6%, ma tanto basta a far lievitare la spesa delle famiglie milanesi di oltre 2.000 euro annui.

Medaglia d’argento per Genova, la città che ha il record dell’inflazione, +9,5%, e un incremento di spesa annuo pari a 2.071 euro a famiglia. Sul gradino più basso del podio Bolzano, che con aumenti del 7,7% ha una spesa supplementare pari a 2.046 euro annui per una famiglia tipo. Al quarto posto Siena e Grosseto, +8,7% e una stangata di 1.961 euro per entrambe. Seguono Firenze (+8,4%, +1959 euro), Ravenna (+8,1%, +1957 euro), all’ottavo posto Mantova (+7,7%, +1955 euro), poi Varese (+7,4%, +1951 euro). Chiude la top ten Bologna (+7,8%, +1946 euro).

Sull’altro fronte della classifica, la città più virtuosa d’Italia in termini di spesa aggiuntiva più bassa è Potenza, con l’inflazione minore del Paese (+5%) e un aumento di spesa annuo sotto i 1.000 euro (987). Seguono Catanzaro (+6%, +1121 euro) e Reggio Calabria (+6,3%, +1177 euro).

In testa alla classifica delle regioni più costose, con un’inflazione annua a +9,3%, la più alta d’Italia, la Liguria che registra a famiglia un aggravio medio pari a 1.919 euro su base annua. Segue la Lombardia, dove la crescita dei prezzi del 7,2% implica un’impennata del costo della vita pari a 1.871 euro, terza l’Umbria, con +8,2% e un rincaro annuo di 1.852 euro.

La regione con gli aumenti più contenuti è la Basilicata, dove l’inflazione al +5% si traduce in un aggravio di spesa pari a 968 euro. Seguono Puglia (+7,9%, +1.279 euro) e Molise (+7%, +1.282 euro).

Federica Colucci

Napoletana, classe 1990, Federica Colucci è giornalista, HR e communication specialist. Già responsabile della comunicazione dell'Assessorato al Lavoro e alle Politiche Sociali del Comune di Napoli, ha come expertise i temi del lavoro, del welfare e del terzo settore. È l'anima e la coordinatrice di F-Mag.

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