Spesa alimentare, perché non scendono i prezzi? Italiani a “dieta forzata” per i rincari
La spesa alimentare è sempre più cara e, mentre gli italiani cambiano abitudini e tagliano gli acquisti, i prezzi continuano a non scendere. No, l'aumento dei beni energetici non spiega (del tutto) tali incrementi indiscriminati: altri fattori, come la speculazione, la mancata concorrenza e l'assenza di interventi volti a calmierare i prezzi, incidono sui costi degli acquisiti al supermercato. Con il risultato che le famiglie sono "a dieta forzata".
Un anno amaro e difficile da digerire: nel 2023 la spesa alimentare non è mai stata così cara, con una spirale di rincaro – prezzi che non accenna a fermarsi. Secondo le rilevazioni di Altroconsumo sui prezzi della spesa alimentare, attualmente i cittadini pagano mediamente il 9% in più rispetto al 2022 e ben il 30% rispetto al 2021.
Una situazione drammatica, che pone numerose famiglie a sperimentare una nuova povertà alimentare: sono sempre di più le persone che tagliano il paniere della spesa ordinaria, cambiando strategia di acquisto in favore di discount e prodotti in offerta. Ma andiamo con ordine.
Spesa alimentare, quanto sei cara! Cosa costa di più:
Secondo l’indagine svolta da Altroconsumo, la spesa alimentare continua ad essere in aumento nonostante il (lieve) calo registrato dai beni energetici: l’analisi svolta su dieci tipologie di prodotti in ipermercati, supermercati e discount italiani, realizzata grazie ai dati Iri, aggiornati ad aprile 2023, evidenzia come i rincari non accennano a terminare.
Sotto la lente dell’Organizzazione i prezzi di pasta, farina, olio extravergine d’oliva, olio di semi di girasole, zucchero, caffè in polvere, latte a lunga conservazione, passata di pomodoro, zucchine e banane. Per l’ acquisto di questi prodotti si spende il 9% in più rispetto a un anno fa, e il 30% in più rispetto a 2 anni fa.
Rispetto allo scorso anno, solo l’olio di semi di girasole, caffè e zucchine hanno registrato una flessione nel prezzo, mentre per tutti gli altri prodotti gli aumenti continuano ad esserci e in alcuni casi sono anche notevoli. Nel dettaglio, l’olio di semi di girasole ha registrato una riduzione del 21% dopo i balzi dovuti al conflitto in Ucraina: adesso il prezzo si sta assestando su valori più contenuti, ma comunque superiori al periodo pre-crisi. Il prezzo delle zucchine segna un -5%, mentre il calo del prezzo del caffè è meno marcato, pari all’1% rispetto al 2022.
Per quanto riguarda la passata di pomodoro, dopo un inizio anno con qualche segnale di rallentamento, il prezzo è tornato a crescere invece. Gli aumenti su questo prodotto sono cominciati già nel periodo della pandemia da Covid-19, ma si sono intensificati poi a partire dalla scorsa estate. Ad aprile 2023 il prezzo medio della passata di pomodoro è stato di 1,59 euro al chilo, quindi è tornato ai livelli record già registrati lo scorso gennaio. Il prezzo è ben al di sopra di quello registrato ad aprile 2022, quando costava 1,31 euro al chilo: l’aumento in un anno arriva al 22%.
Non bastano nemmeno più i prodotti in promozione
L’analisi di Altroconsumo mette in evidenza un altro dato, altresì preoccupante: per fronteggiare gli aumenti legati alla spesa alimentare non bastano nemmeno più i prodotti in promozione, in quanto non assicurano gli stessi margini di risparmio rispetto al passato.
In pochi anni, infatti, la situazione sembra essere precipitata: se nel 2019, scegliendo i prodotti scontati, si spendeva in media il 30% in meno rispetto al prezzo pieno, già nel 2020 e nel 2021 le promozioni aiutavano a risparmiare il 27%, percentuale che è scesa poi al 25% nel 2022. Dall’andamento dei primi mesi del 2023 è evidente come il risparmio sia calato ulteriormente: oggi i prodotti in promozione assicurano un risparmio nella spesa alimentare solo del 23%.
Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, pure interviene sul tema: le famiglie si ritrovano, loro malgrado, a spendere circa 415 euro in meno, mettendosi “a dieta forzata”.
“Gli italiani restano a dieta forzata. Anche se per una volta su base congiunturale le vendite alimentari vanno meglio di quelle non alimentari, cosa inevitabile dopo mesi di digiuno visto che l’abitudine di mangiare non è ancora tramontata, su base annua prosegue il calo delle vendite alimentari in volume che dura ininterrottamente da gennaio 2022”.
“Traducendo in euro il calo dei volumi consumati del 5,4% su aprile 2022, è come se le spese alimentari per una famiglia media fossero scese su base annua di 305 euro a prezzi del 2021. Cifra che sale a 415 euro per una coppia con 2 figli, 375 per una coppia con 1 figlio. Se consideriamo le spese non alimentari la riduzione per una famiglia media è di 708 euro, per un totale di 1013 euro” conclude Dona.
Secondo lo studio dell’associazione, le vendite alimentari in volume scendono del 6,5% su aprile 2021 e del 5,4% persino su aprile 2020, mese di pandemia e lockdown, dove non per niente le vendite non alimentari sono ora quasi il doppio, +91,9 per cento.
Ma perché non scendono i prezzi della spesa alimentare?
In una recente intervista a Today, Mauro Antonelli, direttore del centro studi Unione nazionale consumatori (Unc) ha spiegato che stiamo vivendo una situazione – purtroppo – paradossale:
“Il prezzo del gas maggiorato rispetto al passato, però, non giustifica l’aumento dei prezzi al dettaglio. Oggi mezzo chilo di pasta viene venduto a più di 1 euro: sono prezzi spropositati rispetto alla situazione reale”.
Il rincaro dei prodotti energetici, però, da soli non possono giustificare né gli indiscriminati aumenti né il relativo rallentamento dei cali dei prezzi della spesa alimentare: secondo l’esperto, “i prodotti che hanno una domanda rigida, quelli di cui il consumatore non può fare a meno, difficilmente torneranno ai prezzi precedenti, specialmente in assenza di concorrenza”.
Quanto pesa oggi la spesa alimentare
Mentre il Governo resta a guardare senza muovere un dito (come accade per l’aumento indiscriminato dei tassi di mutui e prestiti), i rincari nella spesa alimentare stanno determinando un vero e proprio food social gap: secondo il nuovo rapporto Coldiretti/Censis “Gli italiani e il cibo nelle crisi e oltre”, più di un italiano su due, per un dato pari al 52%, ha tagliato il cibo a tavola in quantità o in qualità, con un effetto dirompente che grava soprattutto sulle famiglie a basso reddito a causa del caro prezzi.
“I dati sulle vendite al dettaglio diffusi oggi dall’Istat dimostrano ancora una volta l’impatto devastante di caro-prezzi e inflazione sulla spesa alimentare degli italiani, con le famiglie che cambiano fortemente le proprie abitudini, acquistando sempre meno ma spendendo sempre di più” ha affermato nelle scorse ore il Codacons.
“Anche ad aprile le vendite registrano l’ennesimo crollo verticale in volume, con una contrazione su base annua del -4,8% che raggiunge il picco del -5,4% per gli alimentari, a fronte di un aumento in valore addirittura del +3,2% – analizza il Codacons – Questo significa che, al netto dell’inflazione e considerata la spesa per consumi delle famiglie, gli acquisti calano in volume per complessivi 36,3 miliardi di euro annui, con una minore spesa pari in media a -1.404 euro su base annua a famiglia”.
“I prezzi ancora a livelli elevatissimi per beni primari come alimentari e carrello della spesa incidono sulle vendite al dettaglio e sulle abitudini degli italiani, che si riversano in massa presso i discount alimentari, esercizi che segnano un incremento delle vendite del +9,2% ad aprile”, commenta ancora il presidente Carlo Rienzi per il quale “il calo dell’inflazione registrato nell’ultimo mese è una mera illusione ottica legata alla discesa dei beni energetici, e il Governo deve intervenire con urgenza per adottare misure volte a calmierare i listini, tutelare il potere d’acquisto degli italiani e salvare i bilanci delle famiglie”.