Editoriale

Il Markettaverso

Con la scusa del Metaverso aziende e persone hanno facilmente conquistato il già facilmente conquistabile mondo dell’informazione generalista con paginate su paginate, non tanto di carta quanto sul web. Si è parlato di approdi nel Metaverso di centinaia di cose, ma si faceva fatica a capire anche di quale Metaverso si parlasse.

Funziona pressappoco così: esplode il caso dei Facebook Files? Mark Zuckerberg sorride e lancia il suo Metaverso. Si dimette la sua “vice” Sheryl Sandberg? Si torna sul Metaverso. Per la prima volta nella sua storia Facebook inizia a licenziare? Metaverso. Il tutto mentre questi sorrisoni del fondatore del social iconoclasta per eccellenza si susseguono come immagine del suo profilo sulla piattaforma che lo stesso ha creato.

Che Facebook insieme al cambio del nome in Meta abbia rilanciato l’idea di un universo digitale parallelo che in realtà è già nota ed è anche già stata percorsa con successo o meno da altri ci sta. Che lo faccia per nascondere uno scenario non roseo, altrettanto. Che la stampa italiana ci abbia capito poco, come sempre, è un fatto. Ma qualche osservatore, numeri alla mano, finalmente si sbilancia. Utenti al lumicino, disaffezione veloce, obiettivi non raggiunti. Un leak inoltre è finito nelle mani del Wall Street Journal e farebbe intendere che anche all’interno dell’azienda di Menlo Park non ci credono: “Un mondo vuoto e triste” è quello che si leggerebbe tra le righe dei documenti interni.

Ora non siamo qui a dire che ve l’abbiamo detto (il sottoscritto insieme a Claudio Mazzone ci ha scritto un lungo reportage su come l’esperienza Metaverso sia già naufragata – e per aspetti non tecnici – con Second Life, trasformando la sedicente rivoluzione in un prodotto di nicchia). Ma ad analizzare un altro trend: quello dei comunicati stampa che proiettano nel Metaverso qualunque cosa. Ogni azienda che ha creato una piccola realtà virtuale – cosa che esisteva prima dell’annuncio rimbombante di Meta – si è lanciata sui giornali parlando di approdo nel Metaverso. Il tutto condito da NFT e altre amenità varie in un’apoteosi di copia-incolla di gran stile.

Con la scusa del Metaverso aziende e persone hanno facilmente conquistato il già facilmente conquistabile mondo dell’informazione generalista con paginate su paginate, non tanto di carta quanto sul web. Si è parlato di approdi nel Metaverso di centinaia di cose, ma si faceva fatica a capire anche di quale Metaverso si parlasse. Quello di Facebook, ad esempio, è bazzicato da circa 200mila persone in tutto il mondo (in pratica gli stessi utenti attivi del naufragato Second Life di cui sopra) con stime al ribasso, e immagino che intorno a voi di Oculus non ne abbiate visti molti, giusto?  Quindi, le aziende sono andate lì? Anche le italiane? E con quale risultato?

Troppo semplice copincollare, diventa tragico quando il copincolla però riguarda fatti che dall’altro lato nemmeno sono compresi, nemmeno lontanamente. L’unica reale rivoluzione, al momento, non è il Metaverso ma il Markettaverso: un nome nuovo per quel fenomeno anch’esso già noto che ha trasformato il web in uno sversatoio di cattiva informazione.

Enrico Parolisi

Giornalista, addetto stampa ed esperto di comunicazione digitale, si occupa di strategie integrate di comunicazione. Insegna giornalismo e nuovi media alla Scuola di Giornalismo dell'Università Suor Orsola Benincasa. Aspirante re dei pirati nel tempo libero.

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