Editoriale

Malafemmena, Biancaneve, Cortellesi e l’emancipazione femminile

Non è necessario che il monologo su Biancaneve di Paola Cortellesi piaccia per renderlo urgente. Ancora oggi. Ricordando che le conquiste femminili di emancipazione non hanno più di una settantina d'anni.

Su indicazioni della pediatra che segue mio figlio, nonostante credessi che a 6 mesi l’unico interesse che quest’ultimo potesse avere per un libro fosse quello di papparselo, ho iniziato a leggere nei ritagli di tempo delle fiabe a Raul. Ho rispolverato una certa “Enciclopedia delle Fiabe d’Oro” che mia mamma ci teneva a tramandare come fosse uno dei più grandi tesori di famiglia e ho tirato fuori una storia… tremenda.

Ve la faccio breve: c’era questo illuminato e giovane principe di suggestivi Paesi mediorientali (ben prima dei sultanati dei petroldollari di oggi) che, chiesto al suo Dio di potersi risvegliare in qualunque animale esso voglia, diventa un pappagallo (o forse un altro volatile, sto andando a memoria) e su suggerimento del suo gran visir affronta un lungo viaggio per portar via una principessa che il padre sultano recludeva in una pianta di melagrano oltre fitte recinzioni murarie e lame appuntite per rendere difficile la vita dei pretendenti.

Il principe pappagallo rapisce (senza consenso alcuno, chiaramente) la principessa, la porta via nella notte, se la riporta a palazzo e quando si sveglia le mette avanti il fatto che ora sarebbe andata a lui in sposa. Poi per carità eh, regneranno con prosperità e saranno amati dai sudditi, ma non è che tipo il principe si sia proposto di prendere un caffè insieme, valutare se erano affini, o in qualche modo abbia tenuto conto anche del pensiero della sua futura moglie in tale relazione.

Non c’è nulla di strano: stiamo (volutamente? Colpevolmente?) dimenticando che la maggior parte delle conquiste in tema di emancipazione (sociale e culturale) le donne (occidentali) le hanno ottenute nell’ultimo secolo, a voler essere larghi. Il seme del patriarcato insito nella nostra società era tale da rendere normalissima tale narrazione. Quasi naturale.

Quando mi capita di esprimermi sul tema, mi viene sempre da citare che l’amatissimo Principe della Risata Antonio De Curtis, in arte Totò, così intonava la prima strofa di “Malafemmena”:

‘Ssì avisse fatto a n’ato
chello che ‘e fatto a ‘mmè
st’uomm t’avesse acciso
e vvuò sapé p’cchè

P’cchè ‘ngopp a ‘sta terra
femmene comme a te
nun c’anna sta p’ n’omm
onesto comme a ‘mme

Totò, Malafemmena

Per i non partenofoni traduciamo brevemente: “Se ti fossi comportata con un altro uomo come hai fatto con me, quest’ultimo ti avrebbe ucciso, perché donne come te su questa terra non dovrebbero esistere per uomini onesti come me”.

Un classico della canzone napoletana che Totò (di cui oggi abbiamo un’immagine certamente diversa e non riconducibile ad alcun machismo androgino) scrisse nel 1951, assolutamente in linea con i periodi che furono. Le donne potevano votare da appena cinque anni, il delitto d’onore verrà abrogato nel 1968, la possibilità di divorziare arriverà solo nel 1970. Signori, dal 50 ad oggi sono passati poco più di 70 anni. Ci sono alcune tra le più agée di noi che tale rivoluzione la stanno vivendo in tutte le sue tappe.

Riproporre oggi fiabe come quella del principe pappagallo o canzoni come Malafemmena sarebbe totalmente fuori tempo e fuori spazio. Lo sa la Disney che come ogni multinazionale ha da tempo abbracciato la causa del gender gap svestendo le sue principesse – che meno di un secolo scorso potevano solo addormentarsi o svenire a causa di sortilegi e amenità varie – dall’attesa di un principe che le salvasse ma trasformando le stesse in guerriere, lottatrici, fautrici del loro destino non calato dall’alto mentre un cavaliere in sella a un destriero passando casualmente da quelle parti con il bacio del vero amore le destasse da tale maleficio.

Biancaneve è una fiaba di oltre due secoli fa, in cui il problema non è il ruolo della stessa da colf dei nani. Il problema è che Biancaneve oltre ai servizi a casa dei nani non fa nulla se non svenire e farsi salvare. Non contribuisce in alcun modo alla sua salvezza, ed è per questo che oggi si tratta di una storiella improponibile. Se si forza a volerla contestualizzare ad oggi, certo.

Fortunatamente il mondo cambia, oggi Biancaneve non c’è ma Elsa di Frozen si fa un mazzo così per battere i nemici, Mulan si arruola e c’è anche quella lì rossa… che ora non entriamo nel merito. Semplicemente, siamo costretti a cambiare insieme al mondo (per fortuna, aggiungo) e oggi la fiaba del principe pappagallo e la principessa nel melograno mi sembra davvero fuori contesto per portare un qualsivoglia esempio a mio figlio.

Questo lunghissimo preambolo per dire che non mi è piaciuto per niente e in niente il fiaba-washing di Paola Cortellesi ad apertura anno accademico della Luiss. Ma leggendo qui e lì i commenti allo stesso, all’incapacità di contenersi dei commentatori social, all’incapacità di non vedere la “malafemmina” dietro l’attrice e regista che esprime un suo sincero parere (pareri che invece è possibile attribuire in quanto tali al macho generale Vannacci che con il suo libro di intolleranza un tanto al chilo ora è in quota Lega per le prossime elezioni europee) allora mi rendo conto che tale monologo che a me comunque non piace in realtà è urgente eccome.

Enrico Parolisi

Giornalista, addetto stampa ed esperto di comunicazione digitale, si occupa di strategie integrate di comunicazione. Insegna giornalismo e nuovi media alla Scuola di Giornalismo dell'Università Suor Orsola Benincasa. Aspirante re dei pirati nel tempo libero.

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