Benefici fiscali alle startup sociali: il nuovo decreto per aiutare chi sostiene il prossimo
Firmato il decreto che definisce le modalità del beneficio fiscale e contributivo per le startup a vocazione sociale: le esperienze di PizzAut e Il Tortellante esempi virtuosi di un modo differente di fare impresa
Delle startup sociali avevamo già parlato in queste pagine: nel dicembre del 2021, infatti, ha iniziato a prendere forma il disegno di legge “Disposizioni in materia di startup sociali” che prevedeva, fra le altre cose, una serie di incentivi e sgravi fiscali per quelle startup a vocazione sociale (costituite da massimo 60 mesi o da costituire) che avrebbero assunto nel loro organico, nella proporzione di due terzi, risorse umane aventi diverse abilità o sindromi del comportamento e dell’apprendimento (in particolare, l’autismo).
Per la prima volta, infatti, nel Disegno di Legge si propone di conseguire la qualifica di startup sociali alle imprese che impiegano collaboratori e dipendenti a qualsiasi titolo “per un periodo non inferiore a un anno […] in una proporzione uguale o superiore ai due terzi della forza lavoro complessiva, lavoratori con disturbi dello spettro autistico”.
Il complesso iter delle startup sociali
Se parlare oggi di startup sociali può sembrare semplice, in realtà l’iter del loro riconoscimento non lo è stato affatto: basti pensare che il Disegno di legge “Disposizioni in materia di startup sociali“, presentata dai senatori del PD Eugenio Comincini, Matteo Renzi, Davide Faraone, Laura Garavini e Simona Malpezzi e poi inserito a fine 2021 come emendamento del DL Fiscale, era già stato comunicato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel novembre del 2019.
Ma la spinta verso il riconoscimento delle startup sociali è avvenuta soprattutto dal basso: basti pensare ad esperienze come PizzaAut e Il Tortellante che hanno improntato un esempio positivo (e replicabile) sotto gli occhi di tutti. Si tratta, infatti, di laboratori terapeutici che hanno reso possibile l’impiego per numerosi ragazzi e ragazze affetti dalla sindrome dello spettro autistico, realizzando di fatto un percorso reale e concreto di integrazione ed inclusione sociale nel mondo del lavoro.
Esperienze dal grande valore umano, sociale ed economico: in poco tempo, sono riusciti a scardinare la pesante esclusione sociale che spesso vivono le persone affette da questa sindrome, donando a loro e alle famiglie la possibilità di realizzarsi e di essere visti come risorsa qualificata.
Quanto contano i dati sull’autismo
Sebbene vi sia la volontà di allargare la platea dei beneficiari anche ad altre forme di disabilità o di esclusione dal mondo sociale e lavorativo, la proposta sulle startup sociali nasce per dare una risposta ad un problema complesso: secondo l’ANGSA (associazione nazionale genitori persone con autismo) in Italia “sono almeno 600 mila le persone quindi famiglie interessate direttamente dall’autismo” (rapporto 1/100 persone, di contro ad esempio alla sindrome di Down che colpisce circa 1 persona ogni 1200).
Le startup sociali, inoltre, per loro natura non sono paragonabili alle startup innovative “ordinarie” né alle imprese sociali. Nella Disegno di Legge, infatti, si legge
“La logica sottesa al presente disegno di legge è quella di favorire e sostenere la nascita e lo sviluppo di imprese la cui attività è orientata al mercato e al profit, tenendo conto, per un periodo limitato, dei maggiori oneri e costi di un’organizzazione produttiva basata sull’operatività di personale affetto da disturbi dello spettro autistico.
In tale prospettiva le disposizioni introdotte con la nozione di startup sociale rispondono a una logica di sostegno iniziale, anche robusto, per poi affievolirsi, risultando non per seguibile un approccio di sussistenza e assistenza che invece è giustamente applicato ad altri tipi di organizzazioni, come ad esempio onlus, cooperative sociali, imprese sociali, eccetera”.
L’Italia allora si muove nei tempi che si era data: verosimilmente un anno dopo l’emendamento, nella giornata di oggi il Ministro al Lavoro e alle Politiche Sociali del governo uscente Andrea Orlando ha firmato il decreto che determina le modalità attuative dei benefici fiscali per le startup a vocazione sociale.
I benefici e gli sgravi per le startup sociali
Venendo ad oggi, si è pronti a procedere con il Decreto interministeriale che definisce le modalità attuative del beneficio fiscale e contributivo previsto in favore dei lavoratori con disturbi dello spettro autistico assunti da startup sociali (o startup a vocazione sociale).
Per accedere ai benefici, le startup sociali devono rispettare i requisiti individuati nella:
- residenza in Italia;
- costituzione da non più di 60 mesi;
- impiego di lavoratori con disturbi dello spettro autistico, quali dipendenti o collaboratori, per un periodo di almeno un anno, in proporzione uguale o superiore ai due terzi della forza lavoro complessiva.
Secondo quanto comunica il Ministero,
La retribuzione dei lavoratori dipendenti con disturbi dello spettro autistico, assunti da una startup a vocazione sociale che soddisfi i predetti requisiti, non concorre alla formazione del reddito imponibile complessivo del lavoratore ai fini fiscali e contributivi. I datori di lavoro, pur non essendo tenuti a versare la contribuzione dovranno trasmettere i flussi di denuncia ai fini della valorizzazione dell’estratto contributivo dei lavoratori.
L’erogazione da parte dell’INPS dell’assegno o della pensione di invalidità, ove percepiti dal lavoratore e soggetti ai limiti di reddito di cui al Decreto annuale del Ministero dell’Economia e delle Finanze è sospesa per il periodo di assunzione nelle startup sociali, a condizione che venga superato il limite reddituale previsto dalla legge.
Venendo ai numeri, nel Disegno di Legge è specificato che “dall’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche si detrae un importo pari al 20 per cento della somma investita dal contribuente nel capitale sociale di una o più startup sociali per cinque esercizi successivi a quello in corso alla data dell’investimento stesso”.
Non solo: l’investimento massimo detraibile non può mai eccedere i 50mila euro e deve essere mantenuto per almeno tre anni, mentre l’investimento massimo deducibile non può superare i 150mila euro.
Per attivare la procedura di sospensione, il lavoratore deve comunicare, entro 30 giorni dall’assunzione, la variazione della propria situazione reddituale, secondo le modalità definite dall’Ente che eroga la prestazione. In caso di accertamento da parte delle autorità competenti dell’eventuale indebita fruizione totale o parziale dell’agevolazione è previsto il recupero del relativo importo.
Il Decreto interministeriale è stato già trasmesso per la firma di concerto al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Restiamo in attesa della pubblicazione del decreto per approfondire i benefici e gli sgravi rivolti alle startup sociali.