Editoriale

Elezioni Italiane, l’analisi del voto: il centrodestra

I toni allarmistici da smorzare per FdI, il disastroso miracolo di Salvini, l'8 percento di Forza Italia senza un programma e un'idea di come finanziarlo. L'analisi di Felice Luca Maglione.

Il 25 settembre 2022 si sono tenute in tutta Italia le elezioni di entrambi i rami del Parlamento per la XIX Legislatura. Le elezioni, le prime che si sono svolte subito dopo la stagione estiva (o durante, a seconda del vostro stato d’animo) hanno visto la netta prevalenza del (centro)destra con una grande prestazione di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni che, come scrive il New York Times è “prohibited favourite” (proibitivamente – per gli altri – favorita).

Ma andiamo con ordine e cominciamo a parlare del (centro)destra. 

Fratelli d’Italia

Il partito fondato da Giorgia Meloni, Ignazio la Russa e Guido Crosetto nel 2013 è probabilmente l’unico partito che non esce da queste elezioni con le ossa rotte. In 9 anni, FdI è passata dal 2% al 26% e ha fatto una cosa che il centrosinistra pare aver dimenticato: ha convinto gli elettori (ma su questo punto torneremo quando parleremo del PD). 

Vista da fuori, i giornali stranieri hanno definita la Meloni una “post fascista” (New York Times), “la donna più pericolosa d’Europa” (Stern), “veleno biondo” (The Atlantic).

Quello che è saltato agli occhi di tutti è stato il totale cambio di paradigma (e di tono) che la Meloni ha assunto durante la campagna elettorale. Un tono rassicurante, quasi moderato, sicuramente atlantista, contrapposto ai toni aggressivi e paranoici che l’hanno accompagnata per tutta la carriera politica. Uno schema già visto durante le Presidenziali francesi del 2022 da parte di Marine le Pen. Un tono presidenziale che però non deve farci dimenticare con quali tematiche Giorgia Meloni è passata dal 2 al 26% (sovranismo, populismo, sostituzione etnica, blocco navale ed altro ancora). 

Tuttavia i toni allarmistici fanno spazio ad un altro punto di vista. In primis, per quanto larga, la vittoria della destra non ha dimensioni allarmanti, per demerito degli alleati di FdI. In secondo luogo, ad oggi i Governi italiani si limitano, nella maggioranza dei casi, ad attuare delle direttive europee. Infine, quelle che oggi sono considerate le proposte piu’ “forti” e “pericolose” di FdI, in realtà sono meno gravi ed audaci di quanto si pensi.

Quando FdI parla di “rinegoziare il PNRR”, in realtà intende, come ha spiegato a Porta a Porta, riallinearlo all’inflazione. Chiaramente la rinegoziazione, che è vietata dallo stesso trattato, non è il tagliando (anche piuttosto morigerato) che vuole fare la Meloni (ma anche altri Paesi).

Chiaramente, come già detto, la contrapposizione tra la Meloni presidenziale e morigerata della campagna elettorale e quella aggressiva e pericolosa di sempre, non ci deve far dimenticare che l’Italia, nonostante tutto, è una democrazia matura (a differenza dell’Ungheria) basata su un sistema di pesi e contrappesi che ci garantisce una “protezione”. Persino da noi stessi. 

Lega per Salvini Premier

Inutile girarci intorno: la Lega è la GRANDE sconfitta di queste elezioni. O meglio, Salvini è il grande sconfitto di queste elezioni. Dal 2019 ad oggi è riuscito a sbagliare ogni mossa. Un politico scarso, come lo aveva definito il Post in tempi non sospetti. 

Salvini diventa Segretario della Lega nel 2014 con tre grandi pilastri: creazione di una Lega nazionale, appoggio alla destra estrema europea e ammirazione per Putin. Difficilmente si poteva creare qualcosa di solido considerando i tre pilastri di partenza.

Salvini è riuscito nel miracoloso disastro di perdere i voti del Nord (doppiato in Veneto da FdI) senza guadagnare voti al Sud. È riuscito a perdere i voti dello zoccolo duro leghista (professionisti ed artigiani del Nord) senza riuscire a conquistare i voti dei pensionati o delle categorie produttive meridionali (in mano rispettivamente a PD e 5S). Ci si sarebbe aspettati un passo indietro che non c’è stato per due grandi motivazioni.

Prima motivazione: siccome la coalizione di (centro)destra ha stravinto i collegi uninominali, la Lega è riuscita a portarsi a casa più parlamentari del PD (che ha preso più del doppio dei voti), proprio perché i sondaggi pre elettorali davano la Lega molto più in alto e la suddivisione dei collegi con gli alleati è avvenuta sulla base di questi sondaggi.

Seconda motivazione: grazie al Rosatellum, Salvini ha praticamente eliminato tutte le altre correnti dal Parlamento. Oggi la Lega in Parlamento ha praticamente solo salviniani. Questo cosa significa? Significa che Salvini ha un enorme potere interno che difficilmente potrà essere scalfito nonostante il disastro elettorale. 

E a noi non può che fare piacere.

Forza Italia

Se a Luglio mi avessero detto che Forza Italia avrebbe preso l’8% dei voti ed appena 200mila voti in meno della Lega sarei scoppiato in una fragorosa risata. E invece Silvio Berlusconi ci è riuscito di nuovo. Forza Italia prende 2 milioni e 200mila voti. Elegge una pattuglia di 63 parlamentari (22 deputati e 9 senatori al proporzionale, 23 deputati e 8 senatori al maggioritario, più uno eletto nella circoscrizione Esteri) e si avvia a essere l’ago della bilancia della prossima legislatura (Lega e FdI non possono governare senza Forza Italia). 

Il programma di Forza Italia letteralmente non esiste. Molte delle proposte economiche di Forza Italia sono riferimenti fatti da Berlusconi sul suo canale TikTok. Non se ne conosce l’attuazione o la fattibilità, le coperture sono vaghe e temporanee e il costo netto del programma è 108 miliardi, quasi il 6% del PIL (meno del programma economico della Lega, di FdI o di Unione Popolare, comunque). 

Volendo fare una sintesi, in Italia è possibile presentarsi alle elezioni politiche senza fare un programma, senza parlare di come poter finanziare quel programma, fare le medesime proposte fatte nelle precedenti TRE tornate (2008, 2013, 2018) senza averle mai attuate, e prendere comunque l’8%.

Noi Moderati

Il partito di Maurizio Lupi è riuscito nell’impresa di prendere lo 0,91 alla Camera, lo 0,89 al Senato e riuscire comunque ad eleggere 7 deputati e 2 senatori. Non credo ci sia altro da aggiungere.

Come governerà il (centro)destra

Il più grande problema di questa coalizione si chiama Matteo Salvini. È delle scorse ore il retroscena di una discussione con la Meloni in cui Salvini ha dato un aut aut (o il Ministero degli Interni o l’appoggio esterno).

Il retroscena è credibile, ed è credibile la riluttanza di Giorgia Meloni, che vorrebbe per lo scomodo alleato un ruolo più in disparte (da Ministro degli Interni nel 2018, Salvini riuscì a cannibalizzare il M5S, anche se va detto che la Meloni non è Di Maio).

Inoltre pesa su questo Governo la questione russa, con due dei tre partiti che fanno parte di questa coalizione che hanno mani e piedi legati alle vicende di Putin (basti pensare alle recenti vergognose dichiarazioni di Berlusconi sull’Ucraina).

Il primo grande scoglio da superare per questo Governo è la Legge di Bilancio, che dovrebbe essere presentata entro fine Ottobre per poter essere letta e approvata dai nostri partner europei (anche se si parla di posporre la data di presentazione a metà Novembre, proprio per dare più tempo al Governo di lavorarci su). Non è un caso che per questa prima Legge di Bilancio è stato chiesto un aiuto al Governo Draghi.

Gianni Trovati sul Sole 24 Ore parla di 40 miliardi, da dividersi tra il caro bollette, i crediti di imposta, gli oneri di sistema, l’adeguamento di pensioni e stipendi pubblici all’inflazione, il finanziamento del rinnovo dei contratti della PA, le misure indifferibili (le missioni internazionali, le armi all’Ucraina, ecc). È possibile quindi che questa prima Legge di Bilancio sarà piuttosto ordinaria (a differenza di quella del 2018), senza spazio per le iniziative promosse dalla destra in campagna elettorale (flat tax, quota 92, pensioni delle mamme, ecc) o comunque con uno spazio limitato che possa far dire al Governo che si sta cominciando a fare qualcosa, rimandando il problema all’anno prossimo. 

Chi vivrà, vedrà.

Felice Luca Maglione

Cresciuto e pasciuto in una nota città dell'Italia meridionale costruita alle pendici di un vulcano, come lei si nutre di mille passioni ed interessi che lo hanno reso dall'età di 14 anni il cliente perfetto per ogni negozio di barberia di provincia che si rispetti. Amante delle Isole britanniche e dell'Irlanda (la sua seconda casa) alterna deliri economici, politici e calcistici quando non fa finta di lavorare come analista.

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