Editoriale

La guerra dei palati a Taiwan: la Cina si arma ma l’ironia corre sul web

Provare a costruire una guerra sul gusto è una scelta del tutto sbagliata perché la cucina in ogni angolo del mondo, prima ancora dell’economia, del commercio e della cultura, è stata globalizzata e influenzata dalle culture altre. I palati, bisognerebbe ricordare ad Hua Chunying, sono per natura capaci di accogliere ed apprezzare la diversità dell’altro soprattutto se questo viene narrato come nemico. 

Un tweet istituzionale cinese sui ristoranti cinesi a Taipei scatena l’ironia del web, mentre su Taiwan si stanno concentrando le preoccupazioni e le attenzioni del mondo intero. La Cina, infatti, continua a portare avanti le sue esercitazioni militari a potenza di fuoco come nuova normalità della politica estera cinese intorno alla piccola isola che Pechino vede come parte dello suo sconfinato impero. Ma è già in atto una guerra di comunicazione fatta di propaganda e narrazioni

I toni di queste settimane, a partire dalla visita della speaker della Camera dei Rappresentati USA, Nancy Pelosi, per finire con i comunicati enfatici e infiammati dai vertici di Pechino, sono stati sempre più pesanti. Ma il web ha sempre la capacità di sdrammatizzare tutto e, quando non scade nell’inutile invettiva, di far emergere il meglio dell’ironia a livello globale. 

Il Tweet sui palati che non mentono

Hua Chunying, portavoce del ministro degli Affari Esteri cinese, ha deciso di provare a risvegliare l’orgoglio del nazionalismo cinese giocando la carta dell’appartenenza culinaria in una guerra comunicativa che sembra iniziare con i fuochi d’artificio.  

«Baidu Maps – ha twittato la dirigente ministeriale cinese – mostra che a Taipei ci sono 38 ristoranti di ravioli dello Shandong e 67 di noodle dello Shanxi. I palati non mentono. Taiwan è sempre stata parte della Cina. Il bambino perso tanto tempo fa, alla fine tornerà a casa». Un tentativo chiaro, quello della dirigente cinese, dimostrare come l’isola ribelle con i suoi 23 milioni e mezzo di palati sia culturalmente legata, con corde di noodle e nodi di ravioli, in maniera indissolubile a Pechino. 

Il riferimento proprio ai ristoranti non è casuale e, infatti, quando i nazionalisti cinesi del Koumintang si rifugiarono seguendo il loro leader Chiang Kai-Shek, sull’isola di Formosa, oggi Taiwan, portarono con loro anche le tradizioni culinarie familiari e della regione di provenienza. Per questo oggi Taipei pullula di ristoranti che richiamano, nelle scritte luminose dei neon, i nomi delle regioni cinesi.

Un boomerang mediatico globale

Ma la portavoce del ministro degli Esteri cinese ha sottovalutato la potenza delle piattaforme e di Twitter in particolare, che in Cina non è soggetto ad alcuna censura e resta l’unico spazio libero che può influenzare il gigante asiatico. In pochi minuti il tweet di Hua Chunying è diventato virale, Hua Chunying Food è entrato di prepotenza tra i trend topic globali e le risposte da tutto il mondo hanno intasato di cinguetti il flusso comunicativo di Twitter. 

Alcuni utenti hanno risposto, taggando Hua Chunying con tanto di screenshot, ironizzando sul fatto che «Google Maps mostra che ci sono tantissimi McDonald’s a Pechino. I palati non mentono. Pechino è sempre stata parte della cultura del fast food americano – chiudendo poi con la stessa frase della portavoce ministeriale – Il bambino perso tanto tempo fa, alla fine tornerà a casa». 

IMG 6547 | F-Mag La guerra dei palati a Taiwan: la Cina si arma ma l'ironia corre sul web

Altri hanno sottolineato, sempre con foto di Google Maps, la presenza a Taipei di tantissimi ristoranti americani aprendo una sfida globale alla ricerca dei ristoranti di ogni cultura culinaria per soddisfare le voglie coloniali di ogni popolo. Decine di migliaia di cinguetti sono arrivati dal Messico, dall’India, dall’Europa, le ricerche di ristornati etnici a Taipei è esplosa e il tweet della Chunying è stato sommerso da un carico senza precedenti di ironia, sfottò e attacchi pesanti. 

I palati sono accoglienti, non si prestano alla guerra

La comunicazione, lo insegnano le guerre passate e le attuali, in ogni conflitto è fondamentale e oggi che viaggia in maniera immediata a livello globale lo è ancora di più. Per questo non consente errori e soprattutto, non può prestare il fianco ad un’ironia, quella tipica dei social network, capace di sgonfiare ogni retorica anche quelle più assurde, più costruire, più auliche, figurarsi quelle che provano a scatenare una guerra di palati in un mondo dove per mangiare nel miglior ristorante di cucina giapponese bisogna andare a New York o a Londra, per provare la vera cucina cinese bisogna sedersi ai tavoli del miglior ristorante cinese del mondo ad Hong Kong.

Provare a costruire una guerra sul gusto è una scelta del tutto sbagliata perché la cucina in ogni angolo del mondo, prima ancora dell’economia, del commercio e della cultura, è stata globalizzata e influenzata dalle culture altre. I palati, bisognerebbe ricordare ad Hua Chunying, sono per natura capaci di accogliere ed apprezzare la diversità dell’altro soprattutto se questo viene narrato come nemico. 

Claudio Mazzone

Nato a Napoli nel 1984. Giornalista pubblicista dal 2019. Per vivere racconta storie, in tutti i modi e in tutte le forme. Preferisce quelle dimenticate, quelle abbandonate, ma soprattutto quelle non raccontate. Ha una laurea in Scienze Politiche, una serie di master, e anni di esperienza nel mondo della comunicazione politica.

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