Editoriale

La Nazionale, i Mondiali e quell’inaccettabile livellamento delle parole sui social

Scegliere un "tono di voce" adeguato al contesto è una questione di educazione digitale. Che manca, in un mondo digitale in cui il livellamento tende all'appiattimento di tutto.

Avete avvertito anche voi quella sensazione di fastidio, in queste ore, aprendo i social e leggendo del “dramma” e della “tragedia” Italia? Non siete i soli. Un lessico del genere, calato per descrivere un evento sportivo, quantomeno stona in un periodo storico in cui la vicinanza geografica (e culturale) della guerra in corso in Ucraina ci ha abituato a dare a quelle parole un determinato peso specifico.

Ciò nonostante, ognuno nella sua bolla e sui suoi news feed si sarà imbattuto in questi vocaboli per descrivere il risultato (pessimo) della Nazionale italiana di Calcio, campione d’Europa, che cede il passo alla Macedonia del Nord e non si qualifica al Mondiale in Qatar.

Tutti allo stesso livello

Il livellamento che tende all’appiattimento, all’abbattimento della profondità e della complessità della conversazione, è uno degli argomenti più controversi del dibattito (sempre attuale e mai troppo prorompente) sulle piattaforme digitali di social network. Si tratta di una equiparazione dei coinvolti su più livelli che in qualche modo ha scardinato quanto esisteva prima sul web (si veda i forum, dove la discussione si focalizzava su un dato argomento, era anticipata da regole e il dibattito era moderato da utenti).

Se da un lato questo ha avuto ripercussioni positive trasformando i social in uno strumento totalmente disruptive delle regole media fino a quel momento scritte (avreste mai pensato in passato di poter comunicare un pensiero o un’emozione al vostro atleta preferito o al politico di turno attraverso un semplice tweet usando la chiocciola?) dall’altro il rischio, ben specifico, di mettere tutti sullo stesso livello ha pesato.

E pesa ancora. Livellare la conversazione su uno stesso standard vuol dire abbattere l’autorevolezza dell’interlocutore o della fonte di informazione. Il fenomeno social ha poi abbattuto la quarta parete portando alle critiche conseguenze di oggi, in cui l’argomento della veridicità delle informazioni che viaggiano sul web è tema e emergenza globale ma anche la questione della responsabilità (anche legale) di scrivere e dire determinate cose ha scritto importanti pagine negli ultimi anni.

Cosa succede se “equilivelliamo” anche le parole?

Il livellamento però – e questo prurito di queste ore ce lo dimostra – riguarda anche il lessico che si utilizza. Il Buddha affermava: “Le parole hanno il potere di distruggere e di creare”, mentre che la “lingua sia una spada acuta” vi si trova traccia già nei Salmi del libro sacro del Cattolicesimo, la Bibbia.

Utilizzare lo stesso vocabolario sullo stesso strumento nello stesso momento per descrivere la guerra e un evento sportivo, magari saltando dall’uno all’altro con estrema velocità, è un lusso che non possiamo permetterci.

In un post di marketing che ho letto un po’ di tempo fa su Rinascita Digitale, la content creator Martina Cogliati, nel cercare di avvalorare la sua tesi sulla necessità di restituire al silenzio, affermava: “Pronunciamo parole distratte, immediate che spesso arrivano al destinatario, il quale a sua volta, in modo frettoloso, le accoglie e risponde”. 

Schermati quali siamo in piccole bolle digitali egoriferite, abbiamo già la controprova che gli strumenti di comunicazione digitali abbiano delle enormi criticità. Dobbiamo prendere atto, però, che oltre alle grandi sovrastrutture, stiamo maltrattando le parole in un contesto in cui invece sono anche troppe. Sminuirne anche il valore perché gli argomenti si sovrappongono è una responsabilità troppo grande da assumerci. Il cambiamento deve partire, come sempre, da noi: utenti finali o esperti di comunicazione, poco conta. Scegliere un tono di voce adeguato al contesto è educazione digitale.

Enrico Parolisi

Giornalista, addetto stampa ed esperto di comunicazione digitale, si occupa di strategie integrate di comunicazione. Insegna giornalismo e nuovi media alla Scuola di Giornalismo dell'Università Suor Orsola Benincasa. Aspirante re dei pirati nel tempo libero.

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