Economia

La FED ferma il rialzo tassi al 5,25%. Cosa farà ora la BCE?

La FED "tira il freno a mano" sui rialzi dei tassi di interesse, tenendo conto delle condizioni di inasprimento della politica monetaria (già vessata da 10 aumenti consecutivi). Occhi puntati su Francoforte, dove è atteso l'aggiornamento della BCE: Lagarde & Co. continueranno a stare in scia con la FED o perseguiranno l'aspro obiettivo di contenere l'inflazione al 2%?

La Federal Reserve americana (FED) ha annunciato, in linea con le ampie aspettative del mercato, di sospendere per il momento il ciclo di aumento dei tassi di interesse, mantenendo il livello dei tassi nella fascia compresa tra il 5% e il 5,25%.

Lo ha deciso spiegando che mantenere questo livello “consente al Comitato di valutare ulteriori informazioni e le relative implicazioni per la politica monetaria”. La domanda che tutti si pongono in queste ore è: cosa farà invece la BCE? Continuerà a seguire la scia della Federal Reserve o proseguirà con la stretta sui tassi come annunciato da Christine Lagarde nei giorni scorsi?

La decisione della FED che “spiazza” i mercati

Nel determinare l’entità di un ulteriore rafforzamento della politica monetaria che potrebbe essere appropriato per riportare l’inflazione al 2 per cento nel tempo – che è il medesimo obiettivo che persegue la BCE – la FED ha tenuto conto dell’inasprimento cumulativo della politica monetaria, dei ritardi con cui la politica monetaria influisce sull’attività economica e sull’inflazione, e degli sviluppi di politica economica e finanziaria.

Secondo l’esperto, Gabriel Debach, market analyst di eToro,

Questa decisione segue una serie di 10 aumenti consecutivi dei tassi e una tendenza all’inflazione in calo durata 11 mesi. Tuttavia, l’iniziale reazione dei mercati all’annuncio del FOMC è stata di correzione. Nelle proiezioni aggiornate, la Federal Reserve ha indicato che il tasso dei fondi federali potrebbe raggiungere un picco intorno al 5,6% (rispetto al 5,1% previsto nel marzo precedente), suggerendo la possibilità di altri due aumenti dello 0,25%.

La reazione dei mercati alla possibile nuova traiettoria è attualmente oggetto di analisi e dibattito. Alcuni investitori stanno aumentando le loro scommesse su un possibile aumento del tasso di interesse di 50 punti base rispetto ai livelli attuali, anche se le probabilità rimangono ancora molto basse – attualmente, la riunione di novembre è considerata quella con la maggiore probabilità di vedere un’azione di questo genere, sebbene questa probabilità si attesti solo al 12%.

In altre parole, la FED ha confermato la politica di riduzione del bilancio “come descritto nei piani precedentemente annunciati”. Alla base della decisione – adottata all’unanimità – una valutazione dello scenario economico che vede “un’inflazione che rimane elevata” mentre “l’attività economica che ha continuato a espandersi a un ritmo modesto”. Per contro “negli ultimi mesi l’incremento dei posti di lavoro sono stati solidi e il tasso di disoccupazione è rimasto basso”.

Non solo: assieme alla decisione sullo stop al rialzo dei tassi federali, la Federal Reserve ha anche rilasciato le nuove stime sull’economia Usa. Infatti, per il 2023, la banca centrale vede il Pil in rialzo dell’1% (contro la stima di marzo che limava l’aumento allo 0,4%), mentre nel 2024 e nel 2025 c’è un leggero taglio (0,1 punti) con una crescita ora vista rispettivamente all’1,1 e all’1,8%.

Come spiega Debach,

Nonostante questa “pausa nel tono aggressivo”, i mercati hanno reagito abbastanza bene e hanno recuperato le forti perdite iniziali, probabilmente perché la Fed e il presidente Powell ritengono che l’inflazione dovrebbe continuare a moderarsi e la crescita dovrebbe rallentare. Le previsioni economiche hanno infatti riportato importanti aggiornamenti.

Si prevede ora un notevole aumento della crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) entro la fine del 2023, passando dall’0,4% stimato a marzo al 1,0% attuale (2,5 volte la stima di tre mesi fa). Questa prospettiva di crescita economica viene accompagnata da una diminuzione della disoccupazione (dal 4,5% al 4,1%) e dell’inflazione PCE (dal 3,3% al 3,2%). L’idea di una crescita economica idilliaca associata a una riduzione dell’inflazione solleva interesse e perplessità, ma soprattutto allontana il rischio di una recessione. Durante l’intera conferenza, il termine “recessione” non è mai stato menzionato (a differenza delle 11 volte della riunione di maggio)“.

Attenzione però: il Presidente della banca centrale Usa Jerome Powell ieri sera in conferenza stampa ha affermato che “se l’economia non si evolve come previsto, il percorso della politica monetaria si adatterà in modo appropriato per raggiungere i nostri obiettivi di massima occupazione e stabilità dei prezzi” aggiunge.

“Rimaniamo impegnati a ridurre l’inflazione al nostro obiettivo del 2% e a mantenere ancorate le aspettative” di crescita dei prezzi, spiega Powell ricordando che “il ripristino della stabilità dei prezzi è essenziale per porre le basi per raggiungere la massima occupazione e prezzi sostanziali nel lungo periodo”. “Comprendiamo che le nostre azioni influenzano le comunità, le famiglie e le imprese in tutto il Paese ma tutto ciò che facciamo alla Fed è al servizio della nostra missione” conclude Powell.

La FED tira il freno a mano. E la BCE?

Sebbene dalla BCE abbiano più volte dichiarato di essere “indipendenti” rispetto a ciò che accade nel mondo e in particolare Oltreoceano, adesso tutti gli occhi sono puntati sulla decisione che prenderà oggi la BCE circa il rialzo – ipotizzato – di un ulteriore 0,25% sui tassi di interesse.

Secondo l’esperto di eToro,

Sarà particolarmente interessante osservare le proiezioni future e l’atteggiamento adottato, soprattutto considerando che sette economie dell’area dell’euro si sono contratte all’inizio del 2023 (Irlanda, Olanda, Germania, Grecia, Lituania ed Estonia), tra cui alcuni dei Paesi considerati più rigidi nella gestione economica. Si prevede che la BCE mantenga una comunicazione cauta, evitando di fornire indicazioni precise e basandosi sui dati disponibili.

In aggiunta alle riduzioni del bilancio e all’attesa restituzione di 477 miliardi di euro entro il 28 di questo mese, che rappresenterà il più grande calo giornaliero delle dimensioni del bilancio della BCE, c’è anche l’aumento dei tassi d’interesse. Questi fattori, combinati con il mancato robusto supporto di crescita dalla Cina, metteranno alla prova i titoli value europei, che dovranno cercare di rimanere resilienti in un contesto di ottimismo internazionale.”

Non ci resta che attendere per comprendere quale scenario andrà disegnandosi nelle prossime ore nel Vecchio Continente. Intanto, dall’America non arrivano grossi segnali di speranza, nonostante lo sto all’aumento dei tassi: secondo la FED, è prematuro parlare di totale taglio dei tassi perché “sarà corretto farlo nel momento in cui l’inflazione scenderà in modo davvero significativo”.

Secondo Powell, infatti, ci vorranno almeno “un paio di anni” prima che si raggiunga l’obiettivo del 2%. Ad ora, ammette “l’inflazione non è davvero diminuita, non ha reagito molto ai nostri attuali aumenti dei tassi” per questo “dovremo continuare a fare nuovi rialzi”.

Federica Colucci

Napoletana, classe 1990, Federica Colucci è giornalista, HR e communication specialist. Già responsabile della comunicazione dell'Assessorato al Lavoro e alle Politiche Sociali del Comune di Napoli, ha come expertise i temi del lavoro, del welfare e del terzo settore. È l'anima e la coordinatrice di F-Mag.

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