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Archì Culture Club, lo spazio dove la cultura e il green diventano opportunità sociali per tutti

"La disgregazione abbassa il livello culturale di noi esseri umani, perché senza il confronto e talvolta anche lo scontro, non possono esserci cambiamenti, evoluzioni né tantomeno scoperte innovative. Ad Archì, invece, la socializzazione è alla base del confronto, in funzione delle proprie conoscenze, che possono essere ampliate da tutti i soci"

L’architetto Luigi Margiore, fondatore e ideatore di Archì Culture Club, ha da pochi giorni aperto un centro socioculturale, che funge al tempo stesso da spazio multidisciplinare per le arti in comunicazione nella periferia di Napoli, a Qualiano.

Il progetto Archì Culture Club si concretizza in uno spazio dedicato al coworking, allo smart working, alla realizzazione di corsi e laboratori formativi dedicati a differenti forme d’arte e sapere, dove ogni socio può proporsi come tutor o fruire delle conoscenze messe in campo per la crescita individuale, con uno sguardo attento al green: l’intera sede è stata allestita con il riutilizzo di materiali, forniture e arredi di recupero, riciclati e/o nuovamente riciclabili.

Come sia possibile coniugare tutto questo in un solo luogo e utilizzare la cultura come viatico di socialità lo abbiamo chiesto proprio all’architetto Luigi Margione in quest’intervista.

Si parla di transizione energetica, di cambiamenti climatici che non fanno più parte del nostro futuro ma sono già il presente. Cosa può fare il mondo dell’architettura e il comparto edile in genere a tal proposito?

“Beh l’edilizia può fare tantissimo in merito alla transizione energetica della green economy e della sostenibilità ambientale. Innanzitutto, l’ottimizzazione dei processi di produzione, lavorazione, uso e consumo delle materie prime in modo razionale, quindi architettonicamente progettato. Così come nell’ambito degli allestimenti, tanto più in quello delle nuove costruzioni”.

Che cos’è la green economy e in che modo Archì Culture Club è fondato sui suoi principi?

“Per Archì la green economy è, come già annunciato, l’ottimizzazione di tutte le materie prime e di tutto ciò che il mondo, così come le persone, offrono e mettono a disposizione di noi esseri umani. La differenza rispetto a un sistema economico di tipo tradizionale, sta nel saper utilizzare tali risorse nel modo più nobile possibile, tenendo sempre a mente e in considerazione il fine ultimo: la salvaguardia dell’ambiente e delle materie prodotte, in funzione del concetto che nulla si crea e nulla si distrugge. A tal proposito Archì ha messo in atto il recupero di tutti i materiali e o prodotti non più in uso a terzi, mediante una lavorazione e personalizzazione accurata, restituendo agli stessi una nuova vita”.

Ha deciso di creare uno spazio dove la cultura è il valore aggiunto, il viatico per la socializzazione, per migliorare il proprio level state. E lo sta facendo in un territorio difficile, al di fuori di un centro urbano. Una scelta coraggiosa o risponde a un reale bisogno di dare opportunità alle periferie?

“Ho intrapreso una strada nella piena convinzione del ruolo cardine della cultura nell’ambito dei processi evolutivi. Ma anche nella piena consapevolezza del reale contrasto con le dinamiche sociali messe attualmente in campo. Dove la mediocrità la fa da padrone e rende vita facile a chi gestisce i processi. La deframmentazione del nucleo familiare è l’esempio lampante. La disgregazione abbassa il livello culturale di noi esseri umani, perché senza il confronto e talvolta anche lo scontro, non possono esserci cambiamenti, evoluzioni né tantomeno scoperte innovative. Ad Archì, invece, la socializzazione è alla base del confronto, in funzione delle proprie conoscenze, che possono essere ampliate da tutti i soci membri che ne faranno parte. Dunque, sarà uno stimolo a elevarsi culturalmente sotto tutti i punti di vista del sapere umano e non soltanto di quello architettonico/artistico, bensì culturale in tutte le sue forme e rappresentazioni, vi compreso l’ambito letterario, musicale, tecnico-scientifico, filosofico e così via”.

L’architettura, la bellezza di cioè che ci circondiamo può influenzare anche le nostre azioni?

“Ma certamente! “L’architettura non è altro che ordine”. Così sosteneva Michelangelo Buonarroti. Mi riallaccio quindi a questa massima nella quale trova riscontro tutto quello che è il mio modo di concepire le cose della vita. In tutto quello che si fa c’è bisogno di ordine, senza il quale professionalità, estro individuale, vengono meno”.

Come funziona Archì Culture Club?

“È uno spazio dedicato al coworking, allo smart working, a lavoratori creativi che ogni socio può realizzare o seguire. Archì è aperto dal lunedì al venerdì. Nel week end cambia volto e si trasforma in una social zone, che prevede forme di intrattenimento, relax e gioco per i soci. Per accedere ai servizi, coloro che decideranno di aderire all’associazione riceveranno una A-Card, individuale e personalizzata e dovranno registrarsi tramite l’AppSistem. La card indica anche il proprio level state, che può crescere o decrescere in base al livello di conoscenze acquisite. Perché ad Archì la cultura è il viatico per il miglioramento individuale e anche per accedere ad alcuni piccoli privilegi: ticket, gadget, coupon, voucher”.

Federica Colucci

Napoletana, classe 1990, Federica Colucci è giornalista, HR e communication specialist. Già responsabile della comunicazione dell'Assessorato al Lavoro e alle Politiche Sociali del Comune di Napoli, ha come expertise i temi del lavoro, del welfare e del terzo settore. È l'anima e la coordinatrice di F-Mag.

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