Editoriale

Lavoro, dati allarmanti. Torniamo a tutelare le persone

I dati sul lavoro sono allarmanti. Bisogna ripensare le politiche del lavoro e del welfare per mettere al centro le persone

L’Istat ha pubblicato ieri la Nota su Occupati e Disoccupati (dati provvisori) relativa a febbraio 2021.
In un anno (febbraio 2021 – febbraio 2020) gli inattivi sono aumentati di 717.000 unità: significa che oltre 700.000 persone non lavorano più e non cercano lavoro. Di questi, 312.000 sono donne. Sono le persone, per intenderci, che in modo spregiudicato vengono definiti gli “sdraiati sui divani“. A pochi viene in mente che sono persone che hanno provato, invano, e che non hanno più voglia di sentirsi impotenti.
Rispetto a febbraio 2020, il tasso di occupazione diminuisce di 2,2 punti percentuali e quello di disoccupazione aumenta dello 0,5%. Stiamo parlando in questo caso di punti percentuali; se li decliniamo in valori assoluti, valori che sembrano minimi (2.2% e 0.5%), assumono un’altra dimensione: la forza lavoro diminuisce di 923.581 unità, gli occupati diminuiscono di 944.996 unità e le persone in cerca di occupazione aumentano di 21.145 unità. Uno sguardo di genere e vediamo che le donne occupate sono 412.134 in meno.
Non ho resistito al richiamo delle sirene dei numeri e aggiungo qualche altro dato che può risultare utile ed è frutto di analisi del rapporto BES 2020: i laureati in Italia aumentano dal 2010 al 2020 di oltre 8 punti percentuali (dal 19.8% al 27.9%), in Europa la percentuale è del 42.1%. Al contempo, ogni anno, centinaia di migliaia di cittadini lasciano l’Italia, fino a far giungere gli iscritti all’Aire (l’anagrafe italiana residenti all’estero) la cifra di quasi sei milioni (dato sottostimato in quanto non tutti si iscrivono all’Aire).

Ancora troppi, purtroppo, sono i NEET e i ragazzi che escono precocemente dal sistema di istruzione e formazione, il cui numero torna a crescere dopo anni di diminuzione; si confermano, inoltre, anche nel 2020 forti diseguaglianze legate al titolo di studio nella partecipazione culturale fuori casa, con un rapporto di circa 6 a 1 tra la partecipazione delle persone di 25 anni e più con titolo di studio alto rispetto a quella di chi possiede al massimo la licenza della scuola secondaria di primo grado.
Il part time involontario nel medesimo periodo è aumentato del 4.1%. La povertà assoluta è passata dal 4.2% del 2010 al 9.4% del 2020. In Campania la percentuale di popolazione che vive in condizione di povertà o esclusione sociale è pari al 53.6% del totale, nel Mezzogiorno è il 45%, in Italia il 27.3%.
Ancora, la Campania è la regione con il numero più elevato di nuclei richiedenti il reddito di cittadinanza e la sola città di Napoli detiene il 60% del totale regionale. Nel 2021 (fonte: Osservatorio INPS al 5 marzo 2021) i nuclei percettori di almeno una mensilità di reddito di cittadinanza sono in Italia 1.240.797, in Campania sono 269.530 (il 22% del totale nazionale). Tra gennaio e febbraio 2021 i nuclei richiedenti il reddito di cittadinanza sono 379.060 e in Campania ben 77.516, seguita dalla Sicilia con 62.169 nuclei e dal Lazio con 41.654 nuclei. Un dato su cui riflettere: la Campania è l’unica regione in Italia a registrare tra il 2019 e il 2020 un aumento del numero dei nuclei richiedenti il reddito di cittadinanza, tutte le altre regioni vedono diminuire il numero dei nuclei richiedenti dal 2019 al 2020 (la regione con minori richieste nel 2020 rispetto al 2019 è l’Emilia-Romagna con – 19.422 richieste).

La pandemia, lo diciamo da mesi, ci ha reso un favore amaro: ci ha fatto vedere in modo violento le disuguaglianze nel nostro Paese. Ce le ha schiaffate in faccia imponendo di rivedere tutti gli strumenti a disposizione. Se queste diseguaglianze si sono acuite con la pandemia, è importante dire che esistevano già prima, e non si è fatto molto per rimarginarle.
Le proposte e le buone notizie per fortuna ci sono: il punto di partenza è il superamento della logica dei sussidi, utili nel momento stretto dell’emergenza, ma non a lasciarsi alle spalle in modo sistemico precarietà e povertà.
Il Governo ha istituito il Comitato scientifico per la valutazione del Reddito di Cittadinanza e ha annunciato un piano per le assunzioni nella Pubblica Amministrazione. Ieri è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il primo dei concorsi, quello per il reclutamento a tempo determinato di 2.800 unità di personale tecnico (laureato) al Sud. La buona notizia in questo caso è che la Pubblica Amministrazione è ridiventata centrale nel dibattito pubblico per il suo aspetto di sottodimensionamento e -ancora buona notizia – che la volontà è quella di procedere rapidamente e bene. È di stamattina la conferenza stampa di Forum Disuguaglianze e Diversità, FPA – FORUM PA e Movimenta tenutasi presso la Camera dei Deputati per la presentazione del Vademecum di buone pratiche sul reclutamento pubblico rapido e di qualità.

Bene, guardiamo con attenzione gli sviluppi, rendiamoci disponibili a confronti, chi ha possibilità faccia proposte e si renda parte attiva, e teniamo alta l’attenzione perché le strade non sono tantissime, men che meno il tempo a disposizione. I divari si colmano quando le misure e i servizi sono pensati per tutti, tenendo conto delle specificità territoriali, di genere, di età, di accesso al mercato del lavoro e ai servizi essenziali. Personalmente credo che sia necessario arrivare ad una misura universale di welfare (al pari di altri Paesi europei) e ad un parallelo piano straordinario contro disoccupazione e precariato. Penso a un modello di contrasto alle disuguaglianze e di riattivazione dell’economia attraverso il lavoro (quello vero, garantito e tutelato) e di assistenza e welfare per chi versa in stato di povertà o non può lavorare. Se è vero come è vero che la migliore politica sociale è il lavoro, allora l’economia e il mercato devono fare una parte importante, insieme alle assunzioni nella Pubblica Amministrazione, urgenti e necessarie per il funzionamento delle macchine amministrative.
Certo la pandemia non aiuta, anzi, ma nella ricetta ci deve essere sempre una giusta dose di ottimismo oltre che di verità.

Monica Buonanno

Esperta di politiche attive del lavoro, dipendente di Anpal Servizi, Partner di Progetto del Forum Disuguaglianze e Diversità, già Assessore alle Politiche Sociali e al Lavoro del Comune di Napoli. In un mondo dove le disuguaglianze sono sempre più nette, trova inadeguata una politica che segmenti servizi e misure contro le povertà. Propone un modello di integrazione tra lavoro, welfare e sviluppo territoriale.

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