Economia

P2P Lending ancora in crescita in Italia, ma Crowdfunding sempre meno “Social”

"Un maggiore sviluppo di questa forma di finanza alternativa, rivolta anche al mondo dei privati, sarebbe comunque auspicabile perché consentirebbe una maggiore diversificazione delle fonti di finanziamento ed una riduzione dei relativi costi, grazie anche alla maggiore spinta concorrenziale nel settore. Perché questo accada anche per il lending crowdfunding non si potrà prescindere da una regolamentazione univoca a livello comunitario"

Il P2P (Peer to Peer) Lending, definito anche come Social Lending o Lending Crowdfunding è un canale di finanziamento alternativo, rispetto a quello rappresentato da banche e da altri intermediari creditizi “tradizionali”, per mezzo del quale famiglie e piccole imprese sono finanziate direttamente su piattaforme on-line da una moltitudine di investitori.

L’attributo “Peer to Peer” deriva dal termine usato in informatica per indicare le cosiddette reti paritarie o paritetiche dove ogni pc condivide i propri dati con tutti gli altri pc presenti sulla stessa rete.

Il Lending Crowdfunding rappresenta una delle molteplici soluzioni tecnologiche del cosiddetto Crowdinvesting che può essere a sua volta considerato un sottoinsieme del più ampio fenomeno del Crowdfunding.

Le forme di Crowdfunding

Senza dimenticare altre importanti forme di crowdfunding (come il Reward Crowdfunding, che dà l’opportunità di raccogliere denaro in cambio di una ricompensa non monetaria, come un prodotto o un servizio, nonché il Donation Crowdfunding, per lo più utilizzato da organizzazioni senza scopo di lucro), il Crowdinvesting è un’opportunità interessante sia per coloro che intendono finanziare le proprie attività, sia per gli investitori a caccia di rendimenti.

Nell’ambito del Crowdinvesting sono identificabili due distinte forme tecniche di finanziamento:

  1. Equity Crowdfunding: l’investimento avviene attraverso la sottoscrizione di capitale di rischio e a tutti gli effetti l’investitore diventa socio dell’impresa finanziata;
  2. Lending Crowdfunding: l’investimento avviene attraverso la concessione di un prestito che prevede modalità di rimborso e remunerazione del capitale attraverso un tasso di interesse.

L’investimento sulle piattaforme di Lending Crowdfunding può avvenire in due modi. La prima prevede la suddivisione di un singolo prestito in varie quote che gli investitori possono acquistare autonomamente sui portali.

Nella seconda, invece, i portali creano dei portafogli composti da vari prestiti con uno stesso rapporto rischio-rendimento che possono essere ovviamente acquistati pro-quota. È anche possibile, in questo secondo caso, che il denaro dei prestatori venga ripartito (diversificato) in più portafogli con lo stesso rapporto rischio-rendimento, in modo tale da ridurre il potenziale rischio di insolvenza della controparte.

Il P2P Lending può essere rivolto sia ad aziende che a privati: si parla nel primo caso di business social lending e nel secondo di consumer social lending.

Il mercato del P2P Lending

Con dati alla mano, rilevati dall’ultimo rapporto annuale di Starteed (una crowd-company che sviluppa soluzioni nel mercato del crowdfunding), il social lending equivale a più del 50% dell’intero paniere del crowdfunding italiano ed ha ottenuto un ulteriore recente sviluppo dal nuovo segmento del “Real Estate Investing” (crowdfunding immobiliare) che, grazie alle prospettive di rendimenti sicuri e a breve termine, ha incontrato il favore di un’ampia platea di investitori.

Mettendo meglio a fuoco i dati e incrociandoli con quelli dichiarati da P2P Market Data (società specializzata nel tracciamento delle maggiori piattaforme di crowdfunding in Europa) è immediato notare che in Italia la quota di social lending destinata ai privati (personal loans e short-term personal loans) risulta molto meno significativa di quella destinata alle aziende (business loans).

Le piattaforme presenti sul mercato italiano che si occupano di finanziamento a privati sono numerose, ma i motivi di questo parziale insuccesso, come già chiaramente evidenziato da Banca d’Italia in una pubblicazione dedicata al lending-based crowdfunding, sono individuabili nelle differenze spesso sostanziali tra questi strumenti di finanza “alternativa” e quelli offerti dagli intermediari finanziari tradizionali e nei conseguenti rischi e benefici per i potenziali finanziatori.

Misurazione del Rischio di Credito

Le istituzioni bancarie, come ben sappiamo, sono in grado di fornire ai propri investitori sofisticati servizi di valutazione del merito di credito e di diversificazione degli investimenti. Le banche sono inoltre in grado di assumere parte del rischio di credito a carico degli investitori assorbendo le eventuali perdite per mezzo del capitale proprio.

Anche nel social lending a ogni soggetto che richiede un prestito viene assegnato un rating, basato sui dati presenti nelle centrali rischi, come avviene nel mercato creditizio tradizionale. Ovviamente più il rating sarà basso, maggiore sarà il tasso di interesse applicato al finanziamento in base al rapporto rischio-rendimento.

Ma i modelli di rating utilizzati dalle piattaforme non sono sottoposti ad alcuna forma di validazione da parte delle autorità di vigilanza e non sono stati collaudati per un periodo di tempo sufficientemente lungo da attestarne l’efficacia.

La criticità, quindi, è di poter eventualmente sottostimare il rischio di credito e causare la perdita dei capitali degli investitori. Alcuni portali hanno creato a tal proposito fondi di protezione in caso di inadempienza del debitore che, se da un lato aumentano la tutela degli investitori, dall’altro fanno inevitabilmente crescere i costi per i soggetti finanziati.

Canali distributivi

Le piattaforme di social lending consentono di utilizzare canali distributivi quasi esclusivamente telematici, eliminando la necessità di dover mantenere una rete fisica di sportelli. Ciò consente di ridurre i costi in termini di tempo che debitori e finanziatori debbono sopportare per recarsi presso gli sportelli bancari, ma limita di conseguenza la capacità di offrire servizi di consulenza e di attrarre quella fascia di clientela che considera importante poter avere un confronto diretto con chi offre servizi finanziari.

Affidabilità dell’intermediario

Un ulteriore elemento di attenzione riguarda l’identificazione di chi gestisce le piattaforme e di chi propone l’investimento. La diffusione dell’utilizzo di internet per le transazioni commerciali ha aumentato il rischio di incappare in iniziative illecite o in vere e proprie truffe.

Le piattaforme, inoltre, non assumendo rischio di credito, potrebbero non essere opportunamente incentivate a selezionare in modo accurato i debitori. Esse, infatti, traggono la maggior parte dei loro ricavi dalle commissioni ottenute al momento della concessione dei finanziamenti e basano la loro operatività su una tecnologia caratterizzata da elevate economie di scala.

Interessi e altri costi

Dal punto di vista dell’investitore, le piattaforme di crowdfunding generalmente non prevedono costi legati all’iscrizione o alle singole transazioni. Per i prestiti concessi tramite le piattaforme di lending crowdfunding, l’investitore trova direttamente nella piattaforma l’informazione sul rendimento offerto (al netto o al lordo della tassazione) insieme alla durata del prestito e alla stima del rischio di credito effettuata dal gestore della piattaforma.

Chi si finanzia tramite questo canale, invece, sopporta costi generalmente più alti rispetto a quelli che si osservano per i canali di finanziamento tradizionali. Inoltre, sono quasi sempre previste spese di avvio del finanziamento e costi legati alla gestione del rimborso del debito pari o maggiori a quelli mediamente riscontrabili nel canale bancario.

Mancanza di regolamentazione

Con riferimento all’equity crowdfunding, l’Italia è stato il primo paese europeo a dotarsi nel 2013 di una normativa specifica. L’Autorità competente per questo segmento del crowdfunding è la Consob sul cui sito è anche presente un elenco dei gestori autorizzati ad operare in Italia.

Per il lending crowdfunding destinato a privati, invece, non esiste attualmente in Italia una regolamentazione specifica. L’attività di gestione di queste piattaforme non è quindi soggetta ad alcuna autorizzazione o vigilanza da parte delle autorità.

Anche nel più recente Regolamento Europeo 2020/1503, entrato in vigore il 10 novembre scorso con l’obiettivo di normalizzare e standardizzare i servizi di crowdfunding a livello comunitario, nulla è stato previsto per le piattaforme di consumer social lending che resteranno di conseguenza ancora soggette alle singole discipline nazionali.

Conclusioni

Le piattaforme di P2P Lending difficilmente saranno in grado di sottrarre rilevanti quote di clientela alle banche che si stanno già da tempo adeguando a queste nuove opportunità ed investendo in questo stesso segmento di mercato.

Un maggiore sviluppo di questa forma di finanza alternativa, rivolta anche al mondo dei privati, sarebbe comunque auspicabile perché consentirebbe una maggiore diversificazione delle fonti di finanziamento ed una riduzione dei relativi costi, grazie anche alla maggiore spinta concorrenziale nel settore.

Perché questo accada anche per il lending crowdfunding non si potrà prescindere da una regolamentazione univoca a livello comunitario che mitighi il rischio di credito e limiti le eventuali perdite a cui sono sottoposti oggi i potenziali investitori.

Redazione

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