Tecnologia

Intelligenza Artificiale e posti di lavoro: chi è a rischio? Intanto arrivano 30mln per l’upskilling

L'Italia continua a piazzarsi agli ultimi posti delle classifiche europee in termini di conoscenze informatiche e digitali, mentre lo sviluppo tecnologico e dell'IA continua spedito. Potrebbero essere a rischio obsolescenza oltre il 49% dei posti di lavoro: è necessario intervenire per salvaguardare i lavoratori del futuro. E il Fondo Repubblica Digitale lo fa con due bandi da 30 milioni.

Se siamo o non siamo a rischio di essere tutti sostituiti con l’enorme progresso dell’Intelligenza Artificiale lo potrà dire con certezza solo il futuro. Ma, ciò che al momento è certo, è che alcune professioni sono più a rischio di altre (e con esse, milioni di posti di lavoro).

Infatti, secondo una ricerca dell’Università di Trento, in Italia nei prossimi 15 anni la quota di lavoratori e lavoratrici ad alto rischio di rimpiazzo tecnologico a causa dello sviluppo dei robot e dell’intelligenza artificiale potrebbe arrivare al 33% e riguardare 7,2 milioni di persone.

Dati affini emergono dall’indagine di McKinsey “A future that works: Automation, employment, and productivity”: secondo le stime, globalmente l’automazione dovuta agli enormi progressi tecnologici riguarderà il 60% delle attività lavorative entro il 2055, sebbene solo il 5% dei lavori verrà automatizzato completamente.

Ciò che è certo è che gli enormi sviluppi dell’Intelligenza Artificiale e della tecnologia in generale non andranno ad incidere solo sui lavori manuali o operai, contrariamente a quanto si possa credere: secondo le stime, circa il 49% delle attività lavorative potrebbero essere automatizzate almeno in parte, con un “risparmio” di circa un miliardo di posti di lavoro.

In Italia, per fare un esempio, le professioni ad alto rischio di automazione interessano diversi settori: trasporti e logistica, supporto d’ufficio e amministrativo, produzione, servizi e settore della vendita. Tutto ciò rende necessaria un’azione di adeguamento del know-how attraverso azioni di upskilling dei lavoratori, con percorsi di formazione sulle competenze digitali e trasversali per svolgere le loro mansioni in via complementare agli strumenti forniti dall’innovazione tecnologica.

Siamo lavoratori sostituibili in Italia? Forse sì. Sicuramente ignoranti

Chiaramente, e non è una novità, in Italia la situazione potrebbe tradursi con una complessità maggiore: non è un segreto che siamo un popolo di analfabeti digitali, come hanno dimostrato nel tempo indagini su indagini (basta fare una velocissima ricerca in internet per sapere che, mediamente, i cittadini tricolore si piazzano agli ultimi posti in Europa per le competenze digitali e informatiche).

Detta in un altro modo, siamo potenziali lavoratori sostituibili soprattutto perché siamo ignoranti – nel senso più aulico di non avere le conoscenze adatte ad affrontare nuovi processi. Purtroppo, pur essendo la terza economia dell’Unione Europea, il livello di digitalizzazione dell’Italia è basso rispetto agli altri Stati membri: il nostro Paese occupa infatti il 18° posto tra i 27 Paesi presenti nell’indice Desi 2022.

L’Italia si colloca, inoltre, al 25° posto tra gli Stati membri dell’Eurozona per competenze digitali delle persone. Tradotto, significa che meno della metà della popolazione del nostro Paese possiede infatti competenze di base, e la percentuale di laureati specializzati in ICT è la più bassa dell’Unione, pari all’1,4%.

Volendo quindi spezzare una lancia in favore dei nostri connazionali, però, c’è da dire una cosa: sebbene sia una situazione non proprio positiva, non è del tutto colpa nostra. E’ stato solo a partire dai fondi del PNRR che si è iniziato a parlare di transizione digitale per il Paese (con il famoso Piano Italia a 1 Giga) e di interventi pubblici e privati per alfabetizzare funzionalmente la popolazione. Infatti, in particolar modo per gli anni passati, è mancata una cosa fondamentale: la formazione all’utilizzo di internet, soprattutto per chi non è un nativo digitale (e nelle scuole, ma che ne parliamo a fare?).

Tornando a noi, sempre secondo l’indagine di McKinsey in 6 mestieri su 10 parte preponderante dei compiti sarà svolta da macchine nel prossimo futuro. E l’Italia, da questo punto di vista, si posiziona come seconda nazione in Europa, dopo la Repubblica Ceca, dove l’automazione avrà un impatto maggiore (tra il 49% e il 51% del totale).

L’intervento italiano per salvaguardare i lavoratori sostituibili

Ordunque, per una volta pare che in Italia ci stiamo muovendo in tempo: per i “lavoratori sostituibili”, il Fondo Repubblica Digitale ha messo a disposizione due bandi dal valore complessivo di 30 milioni di euro.

Il primo basso per salvaguardare i lavoratori sostituibili è In Progresso, a cui sono destinati 10 milioni di euro, e promuove lo sviluppo delle competenze digitali dei lavoratori con mansioni a forte rischio di sostituibilità a causa dell’automazione e dell’innovazione tecnologica, al fine di garantire le condizioni di permanenza nel mondo del lavoro e migliori opportunità professionali.

Questo perché, come dicevamo nei paragrafi precedenti, l’Italia è tra i Paesi con il più alto tasso di skill mismatch in Europa: lo skill-gap che ne deriva si traduce nell’incapacità di acquisire, entro i tempi della transizione tecnologica, le stesse abilità complesse che svolgerebbe un robot al nostro posto.

In seconda istanza, inoltre, il bando Prospettive, da 20 milioni di euro, è sempre focalizzato sulle competenze digitali ed è dedicato all’accompagnamento di disoccupati e inattivi tra 34 e 50 anni. Infatti, secondo il World Economic Forum, in Italia, si stima che tra il 2023 e il 2027 saranno richieste competenze digitali a più di 2 milioni di lavoratori e, secondo uno studio di Deloitte in collaborazione con SWG, quasi un’azienda su quattro non trova i profili professionali STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) di cui ha bisogno.

I cittadini italiani, lavoratori sostituibili o meno, meritano migliori opportunità e condizioni di inserimento e permanenza nel mondo del lavoro.

Federica Colucci

Napoletana, classe 1990, Federica Colucci è giornalista, HR e communication specialist. Già responsabile della comunicazione dell'Assessorato al Lavoro e alle Politiche Sociali del Comune di Napoli, ha come expertise i temi del lavoro, del welfare e del terzo settore. È l'anima e la coordinatrice di F-Mag.

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