Innovazione

Il peso della pandemia sull’innovazione: speso -5% in 3 anni. La fotografia Istat

Il peso della congiuntura pandemica ha rallentato l’innovazione: secondo l’ultimo report dell’Istat, proprio mentre si spinge sull’accelerazione dei processi, si incentiva la ricerca e lo sviluppo dei prodotti da presentare sul mercato, si ragiona in ottica Industria 4.0 sbirciando già all’Industria 5.0 e cambiano i modelli di organizzazione del mondo del lavoro, gli anni fra il 2018 e il 2020 presentano risvolti preoccupanti.

I dati sull’innovazione dell’Istat

Secondo i dati dell’Istat sulla spesa delle imprese per l’innovazione, fra il 2018 e il 2020 solo il 50,9% delle imprese con più di 10 addetti hanno svolto nel triennio attività innovative rispetto al periodo 2016-2018: una quota in calo di circa 5 punti percentuali rispetto al periodo precedente. Fra le cause soprattutto l’emergenza Covid che ha interessato il 64,8% delle aziende con attività innovative, in particolare le più piccole (66,7% contro il 50,2% delle grandi).

L’industria dunque, si legge ancora nel Report Istat, si conferma il settore più dinamico (58,5% di imprese con attività innovative) ma anche il più colpito dal calo degli investimenti in innovazione (-7,2 punti percentuali sui tre anni precedenti) soprattutto tra le piccole imprese. Nei Servizi rallenta l’innovazione (-3,8 punti percentuali ) e colpisce le grandi imprese (-8,0 p.p.). In sostanza ammonta al 26,8% la quota di imprese che hanno innovato i prodotti (4 punti percentuali rispetto al 2016-2018); si attesta al 40,3% la quota di imprese innovatrici attente alla tutela dell’ambiente e 55,6% quelle con attività innovative che hanno introdotto per la prima volta il lavoro a distanza nel 2020, di cui il 51,2% tra le piccole imprese.

I dati comunque, si legge ancora, anche se confermano la tendenza crescente della propensione all’innovazione all’aumentare della dimensione aziendale (dal 48,4% nella classe 10-49 addetti, al 65,7% in quella 50-249 addetti e al 76,0% nelle imprese con 250 addetti e oltre), annota anche come la contrazione degli investimenti in innovazione rispetto al 2016-2018 abbia interessato tutte le imprese, indipendentemente dalla loro dimensione (le piccole imprese -4,8 punti percentuali, quelle di media dimensione -5,7 p.p. e le grandi -5,0 p.p.).

Come cambia lo scenario

Anche nell’Industria l’innovazione perde colpi: infatti, con il 58,5% di imprese impegnate in investimenti innovativi, l’Industria resta il settore con la maggiore propensione all’innovazione ma registra un crollo pari a -7,2 punti percentuali.

Anche il settore dei Servizi subisce un calo ma più contenuto (-3,9 punti). In controcorrente le Costruzioni, in cui le attività innovative sono in aumento (+3,3 p.p.), spiega ancora l’Istat. La capacità di sviluppare e introdurre innovazioni con successo è più diffusa tra le grandi imprese (70,2%) rispetto alle piccole (43,5%). Tuttavia, rispetto al periodo 2016-2018, le prime registrano un andamento peggiore rispetto alla media (-6,2 punti contro -3,8 delle piccole imprese).

A subire le maggiori perdite è l’Industria (-7,8 punti percentuali tra gli innovatori di successo) e, in particolare, la manifattura (-8,0 punti). Il calo è più contenuto nel settore dei Servizi (-2,0 punti), mentre nelle Costruzioni, in controtendenza rispetto all’andamento generale, si registra una crescita sensibile (+6,0 punti, passando dal 29,3% al 35,3%).

E continua a prevalere, dice ancora l’Istat, la tendenza delle imprese italiane a innovare i processi aziendali piuttosto che sviluppare nuovi prodotti per il mercato (43,6% contro 26,8%), ma rispetto al triennio 2016-2018 diminuisce sia la quota di imprese che realizzano innovazioni di prodotto (-4,3 punti) sia di quelle che investono in nuovi processi (-3,8 punti). A livello dimensionale, nelle piccole imprese gli investimenti in nuovi processi riguardano il 41,2% delle unità e quelli in nuovi prodotti solo il 25,0%. L’impegno è maggiore tra le imprese di fascia intermedia (rispettivamente il 57,6% e il 37,4%) e raggiunge i livelli massimi nelle grandi (67,7% e 49,5%).

Tra i settori, le imprese industriali sono più orientate allo sviluppo di nuovi processi (48,1%) e nuovi prodotti (32,2%) rispetto a quelle attive nel settore dei Servizi (42,0% nuovi processi e 24,1% nuovi prodotti). Le tipologie di innovazioni di processo sono molto diversificate e si riferiscono a svariati aspetti delle attività aziendali. Quelle più frequenti si riferiscono ai sistemi informativi (25,6% delle unità), all’organizzazione del lavoro e alla gestione delle risorse umane (24,3%) e alle innovazioni impiegate nei processi di produzione (21,4%).

Meno diffuse, invece, sono le innovazioni introdotte nella logistica, distribuzione e fornitura dei prodotti (16,3%) e quelle che interessano l’intera organizzazione aziendale e le relazioni con l’esterno (17,3%).

Non tutta l’innovazione è perduta però

A fronte del calo generale degli investimenti nell’innovazione, nel 2018-2020 si rafforza la componente più radicale degli innovatori, ossia quella composta da imprese che sviluppano e vendono prodotti innovativi per il mercato e originali rispetto ai prodotti delle imprese concorrenti.

Questi innovatori costituiscono il 14,6% delle imprese e la quota aumenta di oltre sei punti percentuali rispetto al periodo precedente. Indipendentemente dal settore economico di appartenenza, protagoniste di queste innovazioni sono le grandi imprese, il 28,6% delle quali ha introdotto prodotti nuovi sul mercato, soprattutto quelle attive nell’Industria (39,5%). Tuttavia, l’aumento interessa anche le piccole imprese che raddoppiano passando dal 6,6% al 13,6%.

La contrazione delle spese in innovazione non tocca la ricerca e sviluppo. Le imprese innovatrici continuano a svolgere R&S interna: rappresentano il 50,6% della spesa complessiva e, rispetto al 2018 la quota aumenta di 13,7 punti percentuali, mentre tutte le altre componenti di spesa si riducono: -2,5 p.p. la R&S esterna , che copre il 9,5% della spesa complessiva e -11,1 p.p. la spesa per attività non riconducibili alla R&S, che complessivamente costituiscono il restante 39,9% della spesa totale.

I principali investitori in R&S si confermano nell’Industria, dove circa i due terzi della spesa per innovazione è destinata a tale attività, svolta all’interno dell’impresa o commissionata ad altri soggetti, e in alcuni settori quali la fabbricazione di autoveicoli, l’elettronica e l’estrattivo la R&S supera l’80% della spesa.

Nel triennio 2018-2020 si conferma una bassa percentuale di imprese che hanno ricevuto finanziamenti pubblici per l’innovazione (16,6% delle imprese con attività innovative). Ottengono più frequentemente i finanziamenti pubblici alcuni settori storicamente più innovativi, quali la R&S (60,5%), l’industria farmaceutica (35,0%) e l’informatica (28,7%). Tra i finanziatori soprattutto amministrazioni nazionali, ancora marginale l’Ue. A livello settoriale, è l’Industria a ricorrere di più (44,3% delle imprese) alle agevolazioni (23,1% nei Servizi e 14,8% nelle Costruzioni).

Enrico Parolisi

Giornalista, addetto stampa ed esperto di comunicazione digitale, si occupa di strategie integrate di comunicazione. Insegna giornalismo e nuovi media alla Scuola di Giornalismo dell'Università Suor Orsola Benincasa. Aspirante re dei pirati nel tempo libero.

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