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Cambiamento climatico: ci siamo dentro

42° oggi a Napoli, 45° in Sardegna, 55° in Spagna e in alcune aree della Cina. La misura in cui la generazione attuale e quella futura vivranno in un mondo più caldo e diverso dipende dalle scelte attuali e a breve termine.

Quarantadue gradi oggi a Napoli; 45° a Catania e in Sardegna; 55° in Spagna; 55° in alcune aree della Cina. Insomma, ci siamo dentro.

Siamo dentro i primi effetti visibili del cambiamento climatico conseguente al riscaldamento globale che attanaglia la Terra in maniera progressiva da almeno 30 anni, ma negli ultimi 15 anni (in maniera preoccupante) esponenzialmente anno su anno. Sia chiaro che questa dei 45 gradi di queste ore sarà statisticamente solo la probabile estate più fresca dei prossimi 70 anni.

La misura in cui la generazione attuale e quella futura e vivranno in un mondo più caldo e diverso dipende dalle scelte attuali e a breve termine. Tra le minacce dirette del cambiamento climatico per l’umanità le ondate di calore, le siccità e le alluvioni sono quelle attualmente che incidono maggiormente in termini di vittime e danni economici.

La temperatura media globale, rispetto al cinquantennio 1850-1900, è aumentata di 1.1 °C, incremento causato inequivocabilmente dalle attività umane ed in particolare dall’emissione di gas serra. La temperatura media è aumentata di +1,59 °C sulle terre emerse e di +0,88 °C gli oceani. Se consideriamo il periodo compreso tra il 1850 e il 2019 osserviamo che il 42% del totale dei gas a effetto serra di origine antropica è stato emesso negli ultimi 30 anni.

Le forze naturali, come attività vulcanica e solare, e la variabilità climatica interna (es. correnti oceaniche, fasi ENSO, fasi NAO), hanno contribuito, negli ultimi 140 anni, a variazioni termiche tra -0,3 e +0,3 °C (trascurabili), mentre le attività umane tra +0.8 e +1,3 °C. L’aumento della temperatura globale è un fenomeno rapido e diffuso ed ha causato impatti significativi, osservabili e misurabili sui principali sistemi climatici: atmosfera, biosfera, criosfera e idrosfera.

Idrosfera

Tra il 1901 e il 2018 il livello medio dei mari è salito, globalmente, di circa 20 cm con una significativa accelerazione del rateo di incremento, passato da 1,3 mm/anno tra il 1901 e il 1971, a 3,7 mm/anno tra il 2006 e il 2018.

L’assorbimento da parte degli oceani di circa il 30% della CO2 emessa dall’uomo è alla base del processo di acidificazione dei mari (l’acidità dei mari è aumentata di circa il 30% nell’ultimo secolo). Il numero di ondate di calore “marine” è raddoppiato dal 1980 ad oggi. Ed è in rapido peggioramento, come ci stiamo accorgendo.

Atmosfera

L’aumento delle temperature globali causato dalle attività umane è molto probabilmente il principale driver delle variazioni osservate nella frequenza, nella durata e nell’intensità di eventi meteorologici quali di ondate di calore, siccità e precipitazioni intense.

Stretta correlazione tra ondate di calore e fasi siccitose. Si osserva altresì una diminuzione nella durata e nella frequenza delle ondate di freddo e dei giorni freddi in generale.

Criosfera

Il cambiamento climatico causato dalle attività umane è la causa principale del forte ritiro globale dei ghiacciai montani a partire dagli anni Novanta e della marcata riduzione dell’estensione e dello spessore della banchisa artica osservate negli ultimi 20 anni.

Variazioni si osservano anche nella riduzione della copertura nevosa primaverile nel nord emisfero, nell’aumento della fusione superficiale della calotta groenlandese e di porzioni della calotta antartica occidentale e nella fusione del permafrost in varie zone artiche.

Biosfera

Il cambiamento climatico sta avendo significativi impatti sulla biodiversità e sugli ecosistemi: danni e perdite irreversibili di specie animali e vegetali sono stati osservati negli ecosistemi costieri, fluviali, lacustri, marini, terrestri e polari.

Una parte significativa di questi eventi è causata da stress termici legati a ondate di calore e variazioni nelle fasi idrologiche (siccità, inondazioni), a loro volta concausa della degradazione dei terreni e dei processi di desertificazione. Particolarmente esposte al fenomeno le aree umide, i delta fluviali, le zone costiere depresse e le aree con permafrost.

Le conseguenze

Gli effetti fin qui riassunti hanno impatti inevitabili anche sulla popolazione umana la cui sopravvivenza dipende in gran parte dagli equilibri ecosistemici. Circa la metà della popolazione (3,3-3,6 miliardi su 8), vive in contesti molto vulnerabili rispetto ai cambiamenti climatici, in particolare le aree del pianeta più povere.

pine trees
Photo by Jaymantri on Pexels.com

Le soluzioni

Soluzioni? Ovviamente fermare in maniera progressiva la produzione di CO2 a tutti livelli (energetico, produzione industriale, uso di autoveicoli a motore a scoppio a uso privato, allevamenti intensivi di animali e agricoli) ma con date certe e conseguenza (multe) a chi non si adegua. Diminuzione drastica fino all’annullamento della produzione di plastiche non rinnovabili e riduzione degli imballaggi quasi totale.

E poi alberi. Tanti alberi.

Dovremmo seriamente riforestale le città, come confermato da diversi studi sia dell’ONU che di architettura mondiale. Le città devono diventare delle foreste, perché gli alberi sono gli unici in grado di abbassare le temperature al suolo e soprattutto di rinfrescare l’aria come dei condizionatori naturali; ovviamente assorbendo CO2 e producendo ossigeno tramite la fotosintesi clorofilliana.

Quindi tanti alberi ovunque possibile, e subito. Ricordandoci sempre che gli alberi non devono essere solo piantati, ma devono anche essere curati e innaffiati in estate regolarmente per poter vivere:
piantarli quindi non basta (perché spesso – se non si curano per almeno tre anni – sono destinati a morire).

Via
IPCC

Roberto Braibanti

Tra i maggiori ambientalisti italiani, esperto di riforestazione urbana e suburbana oltre ad essere uno dei più capaci e competenti comunicatori ambientali in circolazione, Roberto Braibanti è Manager della Biodiversità all'EIIS e il presidente di Gea - Ets.

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