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Non è sempre il lavoro a mandarci in terapia, anche se da innesco funziona alla grande

Può sembrare un gioco di parole ma è l'evidenza di un sondaggio su 3000 persone condotto da Serenis: di quelli che decidono di iniziare un percorso di terapia a causa del lavoro hanno poi una "diagnosi" effettivamente correlata allo stesso solo 1 su 5. L'esperta: "Il posto di lavoro fa da trigger per altre difficoltà psicologiche".

In un periodo in cui è forte l’attenzione sul benessere psico-fisico anche e soprattutto sul posto di lavoro, sorprende (ma fino a un certo punto) scoprire che non sempre è l’ufficio la colpa di tutti i nostri mali. Anche quando ne siamo profondamente convinti, al punto tale da essere proprio il lavoro il motivo per iniziare un percorso di psicoterapia per stare meglio.

Lo sostiene Serenis, piattaforma di benessere mentale, dopo aver condotto un sondaggio al suo interno su circa 3.000 tra i suoi iscritti. Il risultato è che solo uno su cinque (il 20%) tra quelli che avevano avviato un percorso di terapia adducendo come motivo principale il lavoro hanno avuto una diagnosi correlata effettivamente al lavoro.

Non è lavoro. Allora cos’è?

Dai dati dello studio emerge un’interessante panoramica delle difficoltà che solo apparentemente sono legate al lavoro, affrontate dalle persone che si rivolgono agli psicoterapeuti di Serenis. Il 37% di loro soffre di disturbo d’ansia, mentre il 22% intraprende un percorso di crescita personale. Altri problemi comuni includono la mancanza di autostima (19%), difficoltà relazionali (17%), stress (8%), crisi esistenziali (7%), problematiche legate all’assertività (6%), problemi di coppia (5%), disturbi depressivi (4%), gestione dei conflitti (3%) e vari disagi legati al lutto, traumi, disturbi dell’umore, attacchi di panico, comportamento alimentare e disturbi del sonno.

Una delle domande sorgenti è perché tendiamo a identificare nel lavoro la causa principale del nostro malessere. Per rispondere a ciò e per aiutare le persone a distinguere tra patologie legate al lavoro e altre condizioni, Martina Migliore, la Direttrice Formazione e Sviluppo di Serenis, elenca cinque disturbi che possono essere confusi con patologie professionali e i sintomi che possono causare confusione:

  1. Disturbi ossessivo-compulsivi: Questo disturbo spinge le persone a sovrastimare le responsabilità e a temere le conseguenze di un possibile fallimento, percependole come catastrofiche. Poiché il lavoro richiede capacità organizzative e decisionali, i sintomi di questo disturbo possono sovrapporsi.
  2. Perfezionismo patologico: Questo disturbo spinge le persone a fissare standard estremamente alti e a legare il proprio valore personale ai successi professionali. Poiché la produttività professionale può variare, i perfezionisti patologici possono trovarsi in difficoltà, poiché tutto il loro valore personale dipende da singoli risultati o feedback negativi.
  3. Depressione: Questo disturbo causa demotivazione generale e stanchezza cronica, tra gli altri sintomi. I ritmi lavorativi possono essere intollerabili per chi soffre di depressione, aumentando la percezione di inadeguatezza e la mancanza di fiducia in se stessi.
  4. Fobia sociale: Questo disturbo provoca paura del confronto con gli altri, percepiti come giudicanti e minacciosi. Poiché il lavoro coinvolge interazioni con colleghi e superiori, chi soffre di fobia sociale può sperimentare un disagio insopportabile.
  5. Disturbo da deficit di attenzione (ADHD): Spesso sottovalutato negli adulti, l’ADHD causa una serie di sintomi difficili da gestire e riconoscere, specialmente senza una diagnosi e un percorso psicoterapico durante l’infanzia. Nel mondo del lavoro, l’organizzazione e il rispetto delle scadenze e delle opinioni altrui possono essere complessi per chi ha ADHD.

Queste informazioni possono aiutare le persone a comprendere meglio le proprie sfide personali e professionali e a distinguere tra patologie psicologiche e difficoltà legate alla sfera lavorativa. La consapevolezza di queste differenze potrebbe facilitare il percorso verso la ricerca di aiuto e soluzioni mirate.

E quando invece è lavoro?

Tuttavia, ci sono segnali di allarme chiari e inequivocabili che possono indicare problematiche legate al lavoro: in primo luogo, i casi di molestie e pressioni specifiche, ma anche la percezione oggettiva di un ambiente lavorativo malsano.

“Il problema è reale. Il lavoro e l’iperproduttività costituiscono una fonte significativa di pressione; talvolta, elogiare il rallentamento delle attività, il valore della noia e prendersi una pausa può far sentire ancora più inadeguati coloro che sono abituati a essere sempre in corsa. Si crea un effetto simile a un treno in corsa ad alta velocità, che finisce per deragliare alla prima curva o incontrando il più piccolo ostacolo sulle rotaie”, denuncia Migliore, dipingendo un quadro del mondo del lavoro odierno caratterizzato da iperproduttività, velocità e iperconnessione.

Ma cosa si può fare in caso di sospette patologie legate al mondo del lavoro? Il primo passo per tutelare il nostro benessere mentale è cercare un consulto con uno specialista. Esistono professionisti, come gli psicoterapeuti, che sono esperti anche di disturbi e patologie connesse al mondo lavorativo dell’individuo, capaci di fornire supporto, diagnosi e trattamenti specifici all’interno di un percorso di scoperta delle origini del nostro malessere.

Redazione

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