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Istat 2023: i dati di un’Italia in difficoltà

Denatalità, giovani in difficoltà, spesa per l'istruzione, timori per l'ambiente, lavoratori sempre più anziani: segnali complessi di un Paese che affanna.

Il rapporto Istat 2023 si presenta anche quest’anno come una doccia fredda per il sistema Italia, mettendo nero su bianco una serie di numeri che cristallizzano come anche nel 2022 la situazione per il nostro Paese è tutto fuorché rose e fiori, in particolare su alcune criticità già note del nostro sistema. Mentre le agenzie battono titoli e lanci spulciando mano a mano il corposo studio, proviamo a evidenziare alcuni dei dati più significativi e preoccupanti.

Crollo del potere d’acquisto

Il potere di acquisto delle retribuzioni nel 2022 in Italia è diminuito del 2% rispetto al 2013. Alcuni indicatori in tal senso erano già noti, ma l’Istat mette in chiaro e senza mezzi termini che siamo al palo rispetto ai nostri cugini comunitari.

Il potere di acquisto è infatti cresciuto nella media Ue 27 del +2,5% rispetto al 2013, con la Francia e la Germania che segnano rispettivamente un aumento 3% e del 5,6%. In termini di Standard di potere di acquisto. Tra i 27 Paesi europei la retribuzione annua lorda per dipendente in Italia risultava nel 2021 pari a quasi 27.000 euo nel 2021, il 12% in meno della media comunitaria e oltre 8.000 euro sotto a quella tedesca.

Quanto costa la bolletta…

Sul tema energia l’Italia fa registrare un piccolo capolavoro: in meno di tre anni si è passato tra l’avere bollette meno esose di quelle dei cugini Europei che solitamente ci battono (addirittura della famosa locomotiva tedesca) al piazzarsi al primo posto per costo tra le maggiori economie europee. In due anni la cosiddetta bolletta della luce ha subito un aumento che sfiora il 75%.

A pagarne il prezzo maggiore, manco a dirlo, le famiglie con il potere di spesa più basso: l’inflazione misurata dall’indice Ipca relativa ai beni energetici per le famiglie con i livelli di spesa più bassi è stata superiore di oltre 13 punti a quella registrata per le famiglie con i livelli di spesa più alti (rispettivamente, +60,6% e +47,5%). L’Istat ricorda anche che la transizione energetica cambierà tali paradigmi, ma diventa un possibile boomerang stante quanto appena detto.

E, chiaramente, non riguarda solo la corrente elettrica. Nel 2022, aggiunge l’Istat, il 17,6% delle famiglie “non poteva nemmeno riscaldare sufficientemente casa”.

Lavoratori sì, ma di una certa età

Alcuni indicatori della situazione economica, soprattutto relativi al fare impresa, sono incoraggianti. Anche l’occupazione sembra in ripresa. Nel 2022 “gli occupati di 15 anni e più in Italia sono cresciuti di 784mila unità rispetto al 2004“. Ma, sorpresa sorpresa (fino a un certo punto), alla crescita ha contribuito l’aumento di ben 349mila occupati nella classe dei 65 anni e oltre. Un tempo a quell’età i lavoratori andavano in pensione, ora fanno gioco per rendere migliori le percentuali.

Specchio di questa tendenza è l’età media degli occupati. L’Italia si colloca ancora all’ultimo posto in ambito europeo e, al tempo stesso, detiene il primato (dopo la Bulgaria) per l’elevata età media degli occupati.

Il ché spiega anche il contraltare all’aumento dei cosiddetti NEET che sono nel nostro Paese. Nel 2022 quasi un quinto dei giovani tra i 15 e i 29 anni “non studiano, non lavorano e non sono inseriti in nessun in percorsi di formazione”. Siamo ancora oltre 7 punti percentuali superiori alla media europea e, nell’Unione europea, secondi solo alla Romania.

Risultato di questo paradosso? Che tra il 2004 e il 2022 in Italia il tasso di occupazione tra i 15 e i 34 anni si è ridotto di 8,6 punti percentuali (al 43,7 per cento), ma per quelli tra 50 e 64 anni invece il tasso d’occupazione aumenta di 19,2 punti (al 61,5 per cento). Riflesso di una popolazione sempre più anziana (come vedremo dopo) e della fuga di giovani verso Paesi ritenuti più appetibili.

Emergenza giovani

I giovani italiani non stanno bene. Nel 2022 quasi un giovane su due (47,7 per cento dei 18-34 enni) mostra almeno “un segnale di deprivazione in uno dei domini chiave del benessere” (Istruzione e Lavoro, Coesione sociale, Salute, Benessere soggettivo, Territorio) e 1,6 milioni di loro (il 15,5%) ha deprivazione in almeno due domini. Nelle oconsiderazioni a margine, l’Istat si concentra sui cambiamenti da mettere già in campo per le nuove generazioni. Lasciando quasi intendere che per la fascia 18-34 attuale c’è ben poco da fare.

Spese per l’istruzione e stato dell’edilizia scolastica

La spesa pubblica per istruzione in rapporto al Pil in Italia è inferiore a quella dei nostri benchmark a livello comunitario e sotto la media europea. L’Italia investe il 4,1% del Pil in istruzione, un valore inferiore a quello medio europeo Francia, Germania e Spagna fanno meglio.

Altro dato strettamente connesso è quello che recita che la maggior parte degli edifici scolastici statali non dispone di tutte le attestazioni relative ai requisiti di sicurezza: a possederle meno del 40 per cento dei casi. La messa in sicurezza degli edifici scolastici è uno degli interventi previsti dal Pnrr, ricorda l’Istat. Il 15% dei meridionali circa ritiene complesso andare a scuola con i mezzi pubblici, cifra che si riduce notevolmente nelle altre aree del Paese.

C’è da fare anche sulle barriere fisiche: solo poco più di un terzo degli edifici ne è privo, e anche qui con un divario importante tra nord e sud (a scapito di quest’ultimo). Solo il 16% delle scuole dispone di “segnalazioni visive” per studenti con sordità o ipoacusia, mentre le “mappe a rilievo e i percorsi tattili”, necessari a rendere gli spazi accessibili agli alunni con cecità o ipovisione, sono presenti solo nell’1,5% delle scuole.

Denatalità record

Diretta conseguenza di una generazione allo sbando (e di una quasi necessaria posticipazione della genitorialità con le donne che arrivano al parto mediamente tra i 32 e i 33 anni), la denatalità è uno degli indicatori più seri della condizione italiana.

A fine 2022 si contavano oltre 58,8 milioni di residenti in Italia e di questi quasi un quarto (il 24%) superava i 65 anni. Ma il 2022 è soprattutto l’anno del record negativo per le nascite. Siamo sotto i 400mila nuovi nati (per la precisione 393mila): si tratta della prima volta dall’unità d’Italia. E nel primo quadrimestre 2023 i nascituri continuano a diminuire (-1,1 per cento sul 2022, -10,7 per cento sul 2019).

Secondo Istat tale calo dipende in buona parte dall’effetto struttura (meno donne e più anziane) e solo in parte alla minore fecondità.

L’ambiente fa paura

È “argomento prioritario” per il 70% degli italiani, secondo l’Istituto di statistica. Parliamo dell’ambiente. E quel 30% degli italiani che non lo ritiene prioritario dovrebbe in qualche modo ricredersi. Si veda ad esempio il dato sulla riduzione delle precipitazioni che combinato all’aumento delle temperature ha portato a una “minore disponibilità media annua della risorsa idrica”, che nel 2022 tocca il suo minimo storico e che in un trentennio (dati al 2020) si riduce del 20 per cento rispetto alla media del periodo che va dal 1921 al 1950. A questo si aggiungono gli ormai noti problemi nell’infrastruttura: nel 2020 l’Istat ha calcolato che il 42,2% dell’acqua immessa nelle reti di distribuzione dell’acqua potabile non arriva agli utenti finali.

L’Italia, va detto, è da considerarsi eccellenza in Europa per quanto riguarda una serie di azioni a tutela dell’ambiente e di un futuro sostenibile. Potrebbe non sembrare, forse, a livello locale, ma si sappia ad esempio che se in Europa continuano a diminuire le emissioni di gas serra il merito è anche del nostro Paese, tra i 5 “maggiori contributori” in tal senso.

Aumenta (anno di riferimento 2021 in questo caso) la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, ma solo di un punto percentuale. La crescita media del triennio precedente al 2020 sfiorava il 3%, questo rallentamento ha come conseguenza il mancato raggiungimento (atteso ormai da 11 anni) dell’obiettivo 65%.

Enrico Parolisi

Giornalista, addetto stampa ed esperto di comunicazione digitale, si occupa di strategie integrate di comunicazione. Insegna giornalismo e nuovi media alla Scuola di Giornalismo dell'Università Suor Orsola Benincasa. Aspirante re dei pirati nel tempo libero.

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