DL Lavoro, un nuovo scenario: taglio cuneo fiscale, semplificazione contratti, addio RDC
Il DL Lavoro interviene su tre asset principali: taglio al cuneo fiscale, cancellazione del Reddito di Cittadinanza e proroga dei contratti a termine. L'elefante ha partorito un topolino che non può essere in grado di incidere (né risolvere) in modo complessivo circa i principali problemi legati al mondo del lavoro italiano, né sostenere realmente le persone in difficoltà.
Un Primo Maggio che resterà nella storia: il Governo Meloni ieri ha “celebrato” con l’approvazione del DL Lavoro la giornata dedicata ai diritti dei lavoratori, aprendo – di fatto – ad un nuovo scenario di dubbi e incertezze sui prossimi mesi che verranno.
Anche se bisognerà attendere l’applicazione dei tempi burocratici previsti dalle normative, possiamo già estrapolare dal nuovo DL Lavoro tre asset principali: l’addio al Reddito di Cittadinanza (come avevamo anticipato venerdì scorso) in favore di due misure minori e sostitutive; il taglio del cuneo fiscale per i redditi annuali entro i 35mila euro; la proroga di alcune tipologie di contratti. Ma andiamo con ordine.
DL Lavoro, cosa cambia e cosa introduce: misure contro la povertà
Fra le misure di contrasto alla povertà e per il sostegno ai nuclei familiari più fragili, il DL Lavoro “manda in pensione” il Reddito di Cittadinanza ufficialmente a partire dal primo gennaio 2024. Al suo posto, come dicevamo nei giorni scorsi, verrà introdotto da una parte l’Assegno di Inclusione e dall’altra lo Strumento di Attivazione.
Andiamo per punti, in modo da semplificare: l’Assegno di Inclusione introdotto con il DL Lavoro integrerà il reddito dei nuclei familiari più fragili che abbiano al loro interno (almeno, anche alternativamente fra loro)
- una persona con disabilità;
- un minorenne;
- un ultra-sessantenne in condizioni economiche precarie.
Secondo il DL Lavoro, l’Assegno di Inclusione prevede un beneficio mensile minimo di 480 euro il cui coefficiente, però, subisce integrazioni a seconda della difficoltà del nucleo familiare (più minori, più disabili, situazioni maggiormente precarie e così via).
La durata massima dell’Assegno di Inclusione, secondo quanto si apprende, è di 18 mesi ed è rinnovabile una sola volta per ulteriori 12 mesi. Il DL Lavoro prevede che il nucleo beneficiario sarà tenuto a sottoscrivere un patto di attivazione digitale e a presentarsi, con cadenza trimestrale, presso i patronati o i servizi sociali e i centri per l’impiego, al fine di aggiornare la propria posizione e verificare il permanere dei requisiti.
Parimenti, il DL Lavoro sostituisce il Reddito di Cittadinanza anche con lo Strumento di Attivazione per i nuclei con soggetti indirizzabili nel mondo del lavoro. Infatti, lo Strumento di Attivazione previsto dal DL Lavoro è rivolto alla categoria di “occupabili” che
- hanno età compresa fra i 18 e i 59 anni;
- vedono decadere il beneficio della misura per l’intero nucleo familiare in caso di rifiuto di una offerta di lavoro non inferiore al 60% dell’orario a tempo pieno e con retribuzione entro i parametri dei minimi salariali previsti;
- che sia, in modo alternativo: a tempo indeterminato, su tutto il territorio nazionale oppure a tempo determinato, anche in somministrazione, se il luogo di lavoro non dista oltre 80 km dal domicilio.
Per evitare il godimento irregolare del beneficio, nel DL Lavoro sono previsti un adeguato regime sanzionatorio e una specifica attività di vigilanza da parte del personale ispettivo dell’Ispettorato nazionale del lavoro (INL), dell’INPS, della Guardia di finanza e dei Carabinieri.
Sempre secondo quanto intende realizzare il DL Lavoro, i datori di lavoro privati che intendano assumere i beneficiari potranno fruire, a determinate condizioni, di incentivi nella forma di un esonero contributivo previdenziale. Ai patronati, alle associazioni senza fini di lucro e agli altri enti di mediazione sarà riconosciuto, per ogni persona con disabilità assunta a seguito dell’attività da loro svolta, un contributo compreso tra il 60 e l’80 per cento di quello riconosciuto ai datori di lavori.
Il rischio italico, non contemplato nel DL Lavoro, è che come sempre si potrebbe raggirare la normativa soprattutto in caso di controlli ex post e non ex ante e assumere le persone giusto il tempo del beneficio fiscale. Ma non è la cosa peggiore che leggerete oggi.
“Poveri assoluti” e giovanissimi: le misure del DL Lavoro
Meritano un paragrafo a parte le misure rivolte ai “poveri assoluti” occupabili e ai più giovani, perché siamo di fronte ad un capolavoro dell’attuale Governo che ha preso per oro colato l’antica massima dividi et impera:
- i soggetti “poverissimi”, che hanno un’età compresa fra i 18 e i 59 anni ma non i requisiti per accedere al sostegno al reddito possono ricevere un contributo differente rispetto a quelli elencati in precedenza, volto a sostenere il percorso di inserimento lavorativo, anche attraverso la partecipazione a progetti di formazione, di qualificazione e riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento al lavoro e di politiche attive.
- Tra tali misure rientra anche il servizio civile universale (che viene tirato in ballo ogni due per tre, dimenticando che non è una misura che nasce per l’inserimento lavorativo), per accedere al quale sono previste deroghe ai limiti di età e quote di riserva nei relativi bandi.
Per rendere più complicato il tutto, il DL Lavoro prevede che i soggetti che rientreranno in questo ultimo target dovranno registrarsi su una piattaforma informatica nazionale (al momento, non contemplata), rilasciare una dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (la cara e vecchia DID già in uso presso i centri per l’impiego ex collocamento nazionale), rispondere a determinati requisiti (non si sa quali) e sottoscrivere un patto di servizio personalizzato, a seguito del quale potranno ricevere offerte di lavoro o essere inseriti in specifici progetti di formazione (tutto ciò che era previsto già nell’impianto del Reddito di Cittadinanza).
Durante la partecipazione ai programmi formativi, per un massimo di dodici mensilità, gli interessati riceveranno un beneficio economico pari a 350 euro mensili. Perché in Italia sappiamo bene che con 300 euro al mese si campa da nababbi.
Inoltre, per favorire l’occupazione giovanile nel DL Lavoro sono previsti incentivi pari al 60 per cento della retribuzione per un periodo di 12 mesi, a favore dei datori di lavoro che assumono giovani sotto i trenta anni di età, non inseriti in programmi formativi e registrati nel PON “Iniziativa Occupazione Giovani”. L’incentivo è cumulabile con l’esonero contributivo nella misura del 100 per cento, per un periodo massimo di trentasei mesi, e con altri incentivi previsti dalla legislazione vigente. Occorre dire altro?
DL Lavoro e taglio del cuneo fiscale: il “pasticcio” non risolutivo
Anche il taglio del cuneo fiscale merita un paragrafo a parte fra le misure previste dal DL Lavoro. Prima sbandierato per otto mesi in favore dei redditi annuali pari a 25mila euro, adesso ridotto a cinque mesi (da luglio a dicembre) per i redditi entro i 35mila euro, il taglio del 6% circa del cuneo fiscale è – ancora una volta – una di quelle misure temporanee, che servono a dare il contentino ai lavoratori dipendenti senza risolvere un problema atavico in Italia: il costo del lavoro.
Non è un mistero che in Italia ogni dipendente “costa” circa il doppio in tasse e contributi al datore di lavoro e che le buste paga sono iper tassate – fra le più alte d’Europa, per dare un parametro – senza ricevere in cambio però prestazioni e servizi pubblici. Avete mai, soprattutto al Sud, provato a prenotare (sempre a pagamento) una visita presso l’ASL locale? Ecco. Di che parliamo, allora.
Tornando al DL Lavoro, quello che al momento è noto è che interviene interviene con misure volte a ridurre il cuneo fiscale, per la parte contributiva, nei confronti dei lavoratori dipendenti con redditi fino a 35.000 euro lordi annui. Tradotto: circa cento euro in più in busta paga per cinque mesi. Dopo? Non è dato sapere: probabilmente torneremo alla situazione attuale, nella speranza che l’impennata inflattiva si sia in qualche modo placata.
Altresì, il DL Lavoro introduce l’incremento della soglia dei fringe benefit a 3.000 euro per il 2023, esclusivamente per i lavoratori dipendenti con figli a carico ed è prevista una estensione ai genitori vedovi della maggiorazione dell’assegno unico prevista per i nuclei familiari in cui entrambi i genitori siano occupati.
Contratti a termine nel DL Lavoro: la nuova disciplina
Infine, ma non per importanza, il DL Lavoro introduce quella che sarà una nuova disciplina dei contratti a termine: il tempo determinato potrà essere rinnovato per ulteriori 12 mesi (12 + 12) “per consentire un uso più flessibile di tale tipologia contrattuale, mantenendo comunque fermo il rispetto della direttiva europea sulla prevenzione degli abusi”.
Stiamo quindi dicendo che sì, possiamo assumere a tempo determinato per due anni i dipendenti – in barba a qualsiasi principio di stabilità lavorativa e professionale. E poi si lamentano che i giovani non fanno figli! Ah, no, questa è un’altra storia, scusate.
Il DL Lavoro, dunque, prevede che i contratti potranno avere durata superiore ai 12 mesi, ma non eccedente i 24 mesi:
- nei casi previsti dai contratti collettivi;
- per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva, individuate dalle parti, in caso di mancato esercizio da parte della contrattazione collettiva, e in ogni caso entro il termine del 31 dicembre 2024;
- per sostituire altri lavoratori.
DL Lavoro: tiriamo le somme di una misura fallimentare
Il seme della discordia in merito alle direttive applicate con il DL Lavoro è appena stato piantato: mentre la Lega glorifica i risultati come una manna dal cielo, ai più risulta evidente che – almeno ad una prima occhiata –le misure introdotte con il DL Lavoro non sembrano essere realmente risolutive né per contrastare l’atavico problema dell’occupazione italiana, né quello del costo del lavoro o del contrasto all’inflazione.
Insomma, giù al bar fra un cornetto e un caffè potremmo definire il nuovo DL Lavoro come una misura raffazzonata, in cui in termini di contrasto alla povertà e accompagnamento dei nuclei familiari più fragili sono stati recuperati scampoli di “REI” e “SIA” (i “precursori” dell’amato-odiato Reddito di Cittadinanza: rispettivamente Reddito di Inclusione – la prima misura unica nazionale di contrasto alla povertà a vocazione universale, e il suo antenato Sostegno Inclusione Attiva, che supportava i nuclei con un’ISEE di pochissimi euro).
Per non parlare del pericolo “spezzettamento” che si cela dietro la proroga dei contratti di lavoro non continuativi o il taglio del cuneo fiscale per soli cinque mesi (da luglio a dicembre…) per ricevere in busta paga circa 100 euro in più lordi – che fanno sempre comodo, ma non risolvono né il peso del costo del lavoro né l’impennata dell’inflazione. Ma come si dice: piuttosto è meglio di niente e se questi sono i presupposti…