La crisi occupazionale si vince con formazione e aiuti alle imprese: la parola agli esperti
“Viviamo in un Paese costretto a fare i conti con una grandissima crisi occupazionale. Troppe persone disoccupate, tanti giovani e tante donne. L’accesso al lavoro che vive di una miriade di contratti a tempo determinato e che fa del precariato una regola.
La green economy, per queste emergenze, è una grande opportunità che deve essere colta per orientare domanda e offerta di lavoro verso lavori stabili e contratti a tempo indeterminato all’interno di un’economia sostenibile”.
Lo ha dichiarato Filiberto Zaratti (deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, segretario di presidenza della Camera dei Deputati) nel corso del webinar “Obiettivo lavoro: a cosa è dovuto lo squilibrio tra domanda e offerta? Come conciliare necessità e dignità? Con il salario minimo?” promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.
Come colmare il gap lavorativo
“In Spagna è stata approvata una nuova legge che ha eliminato i contratti a tempo determinato creando migliaia di posti e permettendo ai giovani di poter contare su un lavoro sicuro e di poter avere un progetto di vita. Se lo ha fatto la Spagna – ha proseguito Zaratti -, possiamo farlo anche noi. Gli stipendi italiani sono eccessivamente bassi. Basti pensare che 4 milioni di persone hanno salari inferiori a 4 euro l’ora. Un salario minimo di almeno 10 euro l’ora è la soglia dalla quale partire per restituire dignità ai lavoratori. Questo ci rimetterebbe in linea con l’Europa. E’ una battaglia di civiltà”.
Sulle criticità della formazione è intervenuto Andrea Mascaretti (parlamentare di Fratelli d’Italia in Commissione Lavoro a Montecitorio):
“Se vogliamo invertire i preoccupanti numeri che riguardano la disoccupazione in Italia dobbiamo prima di tutto sostenere le imprese riducendo il cuneo fiscale e gli oneri a carico delle aziende. Accanto a questo è necessario utilizzare i fondi del Pnrr per recuperare quel gap di competenze e di formazione che penalizza il nostro mercato del lavoro di fronte alle sfide con i mercati internazionali. Abbiamo il dovere di mettere tutti coloro che possono lavorare nelle migliori condizioni possibili per produrre reddito.
E’ l’unico modo – ha aggiunto Mascaretti – per tutelare proprio le fasce più deboli di lavoratori di fronte a un sistema che non è adeguato alle necessità e ai tanti cambiamenti nel mercato del lavoro. Queste asimmetrie creano seri scompensi e penalizzano le nostre aziende soprattutto nei confronti della concorrenza estera. Il Governo Meloni ha già dato un primo segnale nella Finanziaria sul taglio del cuneo fiscale riducendo i costi alle aziende per creare più posti di lavoro”.
Fare matching tra domanda e offerta di lavoro è la sfida da vincere per Patty L’Abbate (M5s), vicepresidente della Commissione Ambiente alla Camera:
“Il problema dell’incrocio mancato tra domanda e offerta di lavoro è molto grave. Tutto ciò accade perché siamo in un momento storico di grande cambiamento. Dobbiamo allora puntare prima di tutto su ricerca e istruzione. La Mission 4 del Pnrr è dedicata proprio a questo. Ad ascoltare tutte le parti sociali e le imprese per comprendere le esigenze reali.
Bisogna favorire il dialogo a livello locale con gli istituti tecnici e i centri di ricerca. Senza dimenticare il livello universitario dal quale devono uscire i futuri green manager che devono accompagnare la transizione ecologica. Abbiamo bisogno di persone che sappiano gestire questo processo verso la sostenibilità e l’economia circolare.
Mi auguro che il governo ripristini Transizione 4.0, una misura che dava incentivi alle imprese per la formazione in tanti settori. E’ necessario infine che le regioni facciano la loro parte per migliorare il funzionamento dei centri per l’impiego tenendo presente che non possiamo essere realmente innovativi se teniamo ai margini del lavoro donne e giovani”.
Premiare la meritocrazia è fondamentale come sottolineato da Pino Bicchielli (deputato di Noi Moderati in Commissione Difesa alla Camera):
“Lo scollamento tra formazione e mondo del lavoro è un problema serio. Sempre più ragazzi vengono formati per attività che poi non sono richieste sul mercato. Penso alla carenza di istituti tecnici, che in Italia sono pochi, e che oggi invece sono al centro delle richieste di competenze degli imprenditori. Prova evidente della necessità di rafforzare la connessione tra chi forma e l’inserimento occupazionale.
Vedo con preoccupazione lo svilimento della formazione stessa che non è improntata a quella duttilità professionale ed è completamente scollegata con i livelli professionali territoriali. In questi ultimi anni un colpo duro lo hanno assestato anche le varie forme di assistenza come il reddito di cittadinanza che ha disincentivato la voglia dei giovani a partecipare al processo produttivo facendogli credere che sia possibile avere un reddito restando comodamente sul divano.
Povertà e ricchezza non si creano con decreti. Bisogna far tornare il merito al centro delle attività economiche e professionali – ha sostenuto Bicchielli – e occorre ridurre le tasse prevedendo incentivi per le imprese. Solo così possiamo creare un volano economico per la nostra economia”.
Il punto di vista dei professionisti è stato espresso da Mario Chiappuella (commercialista e revisore legale dell’Odcec Massa Carrara):
“Il mercato del lavoro in Italia attraversa un momento di transizione che ha modificato bisogni e creato modelli produttivi e organizzativi nuovi. Sono aumentate le diseguaglianze ed è sempre più difficile reperire competenze. Il 47% delle richieste di profili professionali resta inevaso nonostante la grave carenza occupazionale.
Spesso il sistema formativo non è in armonia con le necessità delle imprese. Bisogna far dialogare domanda e offerta di lavoro. Da più parti, poi, è stato posto l’accento sui lavoratori poveri che, nonostante siano occupati, non superano la soglia della povertà relativa con salari insufficienti a garantire una vita dignitosa. Servono strumenti che invertano questa tendenza, a partire dalla previsione di un salario minimo legale”.
Le conclusioni sono state affidate a Paolo Longoni (consigliere dell’Istituto nazionale esperti contabili):
“C’è qualcosa che non funziona negli ultimi 40 anni di neoliberismo dove si è pensato di competere riducendo il costo del lavoro, precarizzandolo e poi aggravando la spesa pubblica dopo aver creato lavoratori poveri. Secondo l’andamento degli ultimi anni, persone e società si sono dovute adattare alle esigenze delle imprese.
Quando al contrario è l’economia che dovrebbe essere al servizio della società. Se si cambiasse il modo di vedere le cose si andrebbe verso una direzione più giusta ed equa. Il tema del salario minimo va visto con competenza. Dove non c’è esiste una elevata copertura dei lavoratori da parte dei contratti collettivi nazionali. Il salario minimo serve a coprire quei lavoratori che sono fuori dai CCNL”.