Il greenwashing si combatte dall’etichetta: c’è la direttiva UE sul Green Claims
Le aziende potranno riportare - nelle intenzioni della Commissione Europea - solo dati ambientali verificati in modo indipendente e convalidati da prove scientifiche. Insomma, si va verso un futuro in cui non saranno i brand a decidere cosa scrivere di loro sulle etichette dei prodotti per quanto riguarda il rispetto dell'ambiente. Ora la palla passa a Parlamento e Consiglio europeo.
Il greenwashing si combatte dall’etichetta. Ne è convinta la Commissione Europea che ha proposto nelle scorse ore una nuova direttiva sui Green Claims che mira a combattere il greenwashing fornendo ai consumatori maggiori garanzie riguardo la sostenibilità ambientale dei prodotti che acquistano.
Le novità sul greenwashing
La proposta di direttiva richiede (in sintesi) che le autodichiarazioni ambientali delle aziende siano verificate in modo indipendente e convalidate da prove scientifiche, mentre saranno vietate le autodichiarazioni o i marchi che utilizzano il punteggio aggregato dell’impatto ambientale complessivo del prodotto, a meno che non rientrino nelle norme Ue.
In pratica, non saranno più le aziende a decidere in maniera autonoma cosa scrivere sulle etichette dei loro prodotti in termini di rispetto dell’ambiente – secondo quanto vuole la Commissione Europea. Una svolta epocale atta a contrastare un fenomeno, quello del greenwashing, che sta assumento dimensioni importanti. Se l’ambiente è infatti il grande tema del momento a livello comunitario e mondiale, quello del dire di rispettarlo è una questione etica sempre più sentita.
La proposta di direttiva Green Claims sarà ora sottoposta all’approvazione del Parlamento europeo e del Consiglio seguendo la procedura legislativa ordinaria.
Una conformità comunitaria (almeno)
Altro aspetto non certo trascurabile è quello di avere una conformità di valutazione almeno a livello comunitario con degli standard comuni a tutti i Paesi europei.
“Siamo bombardati da informazioni – racconta il Commissario UE per l’Ambiente Virginijus Sinkevičius – Ci sono 230 diversi marchi di qualità ecologica sul mercato dell’UE. Essere in grado di fidarsi delle affermazioni e delle etichette verdi sui prodotti è importante”.
Le proposte proteggeranno le imprese e i consumatori dalle pratiche dannose di greenwashing e affronteranno la proliferazione delle etichette. Vogliamo aiutare i consumatori a diventare più fiduciosi nelle loro scelte e garantire che le aziende che compiano sforzi reali per ridurre il loro impatto sulla natura, sull’uso delle risorse, sulle emissioni climatiche o sull’inquinamento siano premiate.
Virginijus Sinkevičius, commissario UE all’Ambiente, agli Oceani e alla Pesca
E poi aggiunge: “Dovremmo anche avanzare nell’uso di etichette comuni affidabili come l’Ecolabel UE, che è un marchio di eccellenza ambientale nel nostro mercato unico”.
L’importanza di essere green. Anche a costo di mentire
Del resto, è ormai un fatto che le aziende tendono a sfruttare l’interesse dei consumatori per le questioni ambientali e sostenibili anche a scopi commerciali quali aumentare le vendite e migliorare la loro immagine aziendale. Anche se, capita spesso,le pratiche aziendali non sono realmente ecologiche o sostenibili.
Secondo una relazione del 2020 del network europeo delle organizzazioni ambientaliste Friends of the Earth Europe, ad esempio, circa il 42% delle aziende che affermano di avere un prodotto “verde” forniscono informazioni fuorvianti o false. La relazione ha analizzato 344 casi in cui le aziende affermavano che i loro prodotti erano ecologici, sostenibili o a basse emissioni di carbonio.
Che l’etichettatura fuorviante dei prodotti o l’uso di termini e immagini che evocano l’ecologia e la sostenibilità siano uno dei modi migliori per fare greenwashing è altrettanto noto.
Secondo l’esecutivo Ue, nel 2020 almeno il 53,3% delle informazioni su ambiente e clima presenti in etichetta su un campione esteso di prodotti erano da ritenersi “vaghe, fuorvianti o infondate“. Inoltre, sempre dati dell’esecutivo alla mano, il 40% delle informazioni riportate in etichetta erano da ritenersi “completamente prive di fondamento“.
Green Claims per un consumatore davvero consapevole
La direttiva proposta dalla Commissione nelle scorse ore mira quindi a porre fine al greenwashing in etichetta, garantendo che le dichiarazioni sulle etichette siano basate su prove scientifiche.
Non solo, ma gli esperti di settore sono d’accordo nel ritenere la direttiva proposta un passo importante verso l’uniformità della valutazione dell’impatto ambientale delle aziende attraverso i loro prodotti, definendo riferimenti univoci per la misurazione, condivisi e standardizzati.
Un altro aspetto di non poco conto è che una regolamentazione – di cui questa direttiva rappresenta il primo passo – è l’evitare che i consumatori continuino a annaspare nella confusione di centinaia o migliaia di etichette green diverse tra loro, come sottolinea su LinkedIn la EU Climate Pact Ambassador Silvia Beccari.
Anche l’enorme varietà di etichette “verdi” (ne sono state identificate circa 230) è risultata di per sé minare la fiducia dei consumatori, poiché le etichette differiscono ampiamente in termini di solidità e affidabilità, portando a un diffuso scetticismo.
Silvia Beccari