Garanzia per l’Infanzia, Matrisciano (Santobono Pausilipon): “Opportunità per bambini e famiglie”
"Accogliamo pazienti con malattie importanti, ma anche piccoli con disagi che sono l'esito di condizioni socio-familiari degradate e che, con un intervento direttamente sul territorio, sarebbero potute essere evitate"
Parte il Piano su Garanzia per l’Infanzia, come afferma il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando: “Si conclude la prima tappa per dotare il nostro Paese di un Piano, fino al 2030, che incida sulle diseguaglianze che danneggiano ancora troppi minorenni in Italia”.
Si tratta di uno strumento concreto, che ha l’intento di superare le fragilità che fungono da barriera alle opportunità per ogni bambina e bambino affinché si possa sviluppare la propria personalità e il proprio talento. Il piano Garanzia per l’Infanzia sarà trasversale e condiviso con Fondazioni, Terzo Settore e collettività.
Abbiamo potuto confrontarci con Flavia Matrisciano, Direttrice della Fondazione Santobono Pausilipon in merito a questo progetto che vede l’Italia tra le prime tre nazioni, con Francia e Svezia:
Dott.ssa Matrisciano, cosa ne pensa del Piano Garanzia per Infanzia?
“E’ un grande risultato visto che in Italia, e in particolare nel Mezzogiorno, si registrano ancora disuguaglianze sociali, culturali, familiari oltre che economiche. In questa prospettiva,
l’ospedale pediatrico è sicuramente un osservatorio tristemente privilegiato. Accogliamo pazienti con malattie importanti, ma anche piccoli con disagi che sono l’esito di condizioni socio-familiari degradate e che, con un intervento direttamente sul territorio, sarebbero potute essere evitate. Anche per questo abbiamo stabilito che l’ospedale dovesse uscire dalle proprie mura e andare direttamente nei luoghi di crescita dei bambini, quei luoghi che son spesso teatro di difficoltà, disagi e dunque malattie”.
Quanto ha inciso questo periodo legato all’isolamento forzato nei minori e strettamente connesso alla paura del Covid19?
“I problemi dei nostri ragazzi sono molteplici e sicuramente la pandemia li ha acuiti. Ecco perché noi cerchiamo di fare poi interventi mirati anche nel sostegno psicologico alle famiglie. La pandemia ha progredito il dislivello. L’isolamento è aumentato e i bambini che pativano situazioni familiari già degradate, ovviamente sono andati incontro al peggioramento sociale, oltre che economico incidendo in modo sostanziale nella crescita di alcuni bambini. Abbiamo dovuto sostenere famiglie, con figli malati, che avevano perso il lavoro e che non potevano sostenere un minimo tenore di vita, come facevano nella fase pre-Covid. Il nostro intervento è diventato anche sostegno reale e che speriamo di traghettare i più colpiti verso un’autonomia un’indipendenza, sociale”.
In questa fase di ripresa e di contatto con il territorio, quali sono le iniziative a cui tenete di più come Fondazione?
“Abbiamo, per esempio, come attività primaria principale, ristrutturato un campetto da calcio nel rione Ponticelli, perché crediamo che anche lo sport sia importante per sostenere i bambini, per donare una opportunità diversa rispetto all’isolamento casalingo. Su questa scia, è scaturita l’idea di creare delle azioni mirate attraverso un camper. Noi abbiamo cominciato a fare delle visite diagnostiche nel loro che potessero essere anche di veicolo per raggiungere un colloquio, un dialogo con le famiglie”.
Si parla sempre più dell’aspetto urgente della prevenzione sanitaria, possiamo anche spingerci sul piano sociale e sottolineare quanto sia necessario “prevenire” alcuni disagi investendo sulla cultura e sulla condivisione degli interventi?
“Da anni di progettazione e di concreta opera su diversi fronti legati all’infanzia, siamo sicuri che in una attività condivisa con genitori, istituzioni scolastiche, comuni, circoscrizioni, parrocchie, possiamo realmente fare la differenza. Ciascuno con proprie competenze, per conoscere e arginare il disagio e non lasciare che diventi poi talmente grave da sfociare in malattia o in delinquenza, in abbandono scolastico”.
In che misura può intervenire il Terzo Settore?
“Come Fondazione, in collaborazione con l’Agenzia nazionale dei Giovani e l’Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa, abbiamo finanziato il primo Master italiano per la formazione di New York perché sono i professionisti che andranno ad operare nel terzo settore, perché crediamo fermamente che la formazione sia un veicolo fondamentale per il recupero di situazioni degradate. Alcune condizioni delicate devono essere valutate in modo oggettivo e analitico da esperti. Perché, soprattutto nel caso di temi come l’infanzia e l’adolescenza, c’è bisogno di professionisti competenti e qualificati. Bisogna lavorare sulla programmazione, è doveroso intervenire sull’attività sull’azione con persone che siano competenti per portare avanti progetti strutturati così come avviene nel resto d’Europa. Noi ci crediamo molto, abbiamo investito dei fondi nella formazione di questi giovani lavoratori. Un’attività di censimento e di collegamento di tutte le attività del territorio sarebbe di grande utilità, con una regia centrale che possa in qualche modo sfruttare le risorse di ognuna delle attività sul territorio. Potrebbe essere un’altra soluzione importantissima. Ognuno fa un pezzo, insieme si raggiungono obiettivi importanti. Ecco, il segreto della rete è sempre la rete”.