Criptovalute, FMI: “rischio per stabilità finanziaria, anche per Paesi emergenti”
Se fino a questo momento "gli episodi di perdita di fiducia nelle criptovalute hanno avuto ricadute limitate" a livello globale così come "i fallimenti dei fornitori di criptovalute, la loro importanza - ammonisce il Fondo Monetario Internazionale - sta aumentando poiché i volumi degli scambi nelle borse di alcuni Paesi sono aumentati drasticamente e, in alcuni casi, sono paragonabili ai volumi delle rispettive borse nazionali".
Un allarme che farà storcere il naso in parecchi, ma che viene direttamente dal Fondo Monetario Internazionale, è quello sulla diffusione delle criptovalute, il denaro “virtuale” paritario e decentralizzato rispetto alla moneta corrente.
Malgrado anche in Europa si stiano sperimentando le criptomonete come valuta alternativa (in Europa, già da qualche tempo, si parla del C-Eur di Celo), questa “fuga” in avanti fa impensierire il Fondo Monetario Internazionale sulla stabilità finanziaria del mercato della valuta corrente.
Già Paolo Savona, nel giugno scorso, aveva evidenziato come occorresse una regolamentazione condivisa fra Stati sull’utilizzo delle criptovalute: “le criptovalute – disse – potrebbero innescare una nuova crisi finanziaria simile alla bolla speculativa del 2008 con rilevanti effetti negativi sulle casse di risparmio e sulla distribuzione del reddito”. Ma vediamo perché.
I rischi e i pericoli delle criptovalute per gli Stati
A livello globale, secondo il Global Finacial Stability Report del Fondo Monetario Internazionale, “i rischi per la stabilità finanziaria legati alle criptovalute sembrano per ora contenuti, ma possono essere significativamente più alti in alcuni mercati emergenti e in economie in via di sviluppo, in cui la loro diffusione è maggiore e vanno tenuti sotto controllo“. Lo
Sebbene nel 2018 lo stesso FMI aveva definito le criptovalute come non rischiose per la stabilità finanziaria internazionale, adesso – dopo la loro immensa diffusione nei mercati soprattutto illeciti – “i canali di trasmissione di eventuali choc sono cresciuti notevolmente e hanno fatto emergere nuove fonti di rischio”.
Questo perché “la capitalizzazione di mercato delle criptovalute si è moltiplicata per 10 ed è ora paragonabile a quella di attività consolidate (ad esempio le obbligazioni statunitensi ad alto rendimento) pur restando ancora piccola rispetto a mercati come quelli dei titoli di stato e quelli azionari nelle principali economie avanzate”.
Orbene, se fino a questo momento “gli episodi di perdita di fiducia nelle criptovalute hanno avuto ricadute limitate” a livello globale così come “i fallimenti dei fornitori di criptovalute, la loro importanza – ammonisce il Fondo Monetario Internazionale – sta aumentando poiché i volumi degli scambi nelle borse di alcuni Paesi sono aumentati drasticamente e, in alcuni casi, sono paragonabili ai volumi delle rispettive borse nazionali“.
Altro elemento di rischio sembrerebbe essere il fatto che “le esposizioni sembrano crescere più rapidamente tra alcune istituzioni non bancarie, in particolare gli hedge fund, il che può portare a un aumento delle esposizioni indirette del sistema bancario”.
Il problema delle economie emergenti
Un problema maggiore, però, rappresenterebbe “Il livello di adozione delle criptovalute in alcuni mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo ha superato quello delle economie avanzate, ma questo processo – la cosiddetta ‘cryptoization’ – pone rischi ai Paesi dove questo fenomeno si afferma, anche perché spesso si tratta di sistemi con politiche macroeconomiche non funzionali combinate con sistemi di pagamento inefficienti”.
In altre parole, in Paesi in cui vi è una banca centrale poco credibile o un sistema economico già vulnerabile (si pensi, ad esempio, alle stretta del Governo Erdogan sull’utilizzo delle criptovalute o l’inasprimento delle regole in India a seguito della diffusione di mercati illegali) può rafforzare il processo di adozione delle criptovalute come bene-rifugio dei risparmiatori, aggirando anche problemi come “le restrizioni sui tassi di cambio e gli ostacoli all’accesso e alla conservazione di risorse estere”.
Un sistema bancario e di pagamenti inefficiente e un accesso limitato ai servizi finanziari – continua il Fondo – possono essere un fattore trainante dell’adozione delle critpovalute, “data l’ampia percentuale di persone senza accesso ai servizi bancari” in alcuni Paesi con rimesse spesso affidate al contante.
Il Fondo Monetario Internazionale, comunque, riconosce come i metodi di pagamento delle criptovalute “possono rendere alcuni di questi servizi più veloci ed economici, soprattutto attraverso l’integrazione di stablecoin” ma – aggiunge – se adottati in maniera diffusa “come mezzo di pagamento e riserva di valore, possono porre sfide più significative” rafforzando il processo di ‘dollarizzazione dell’economia’ che può ostacolare l’effettiva attuazione della politica monetaria da parte delle banche centrali e portare a rischi per la stabilità finanziaria.
Infine, osserva il ‘Report’, “stanno emergendo nuove fonti di rischio, come stablecoin e la Finanza Decentralizzata (DeFi)” e se “le innovazioni che hanno dato origine all’ecosistema cripto sono significative e possono portare a benefici tangibili per i paesi, i rischi dovrebbero essere tenuti sotto controllo”.