Postalmarket torna in versione 2.0: quando il marketing diventa romanticismo
Torna il celebre catalogo Postalmarket, in versione 2.0: basterà il ricordo romantico degli acquisti da casa per determinarne il successo?
L’antenato dell’ e-commerce e della vendita delocalizzata fa il suo ritorno in edicola: parliamo, ovviamente, di Postalmarket, il catalogo dei sogni che agli inizi degli anni ’60 iniziò a fare capolino nelle case di migliaia di persone.
Complice il boom economico, nel giro di pochi anni il volume d’affari legato a Postalmarket crebbe vertiginosamente: la vendita per catalogo soddisfaceva i bisogni più o meno inespressi delle donne e delle famiglie, soprattutto appartenenti al ceto medio, stimolando una forte curiosità verso questo metodo di vendita innovativo per l’epoca che rendeva possibile recapitare direttamente a casa tessuti, abiti, oggetti per la casa, elettrodomestici e quant’altro di utile (o di semplicemente bello) si desiderava possedere.
In altre parole, anche chi non abitava in un grande centro poteva ricevere direttamente a casa il nuovo tendaggio o l’abito all’ultima moda. Una rivoluzione del commercio, fino a quel momento al dettaglio, che iniziava a rendere il concetto di “luogo” e di “spazio” obsoleto, una sorta di Amazon primordiale che ha aperto la strada all’idea di consumo direttamente da casa.
Il nuovo Postalmarket 2.0
In questi giorni, in un operazione che si potrebbe definire di marketing romantico dell’editoria e del commercio delocalizzato, il celebre catalogo delle vendite per corrispondenza promette di ritornare nelle case degli italiani ma in versione 2.0: all’edizione cartacea, infatti, si accompagna quella digitale e social, per un coinvolgimento del pubblico sempre più ampio.
I numeri dell’operazione non sono di poco conto: sono stati selezionati 180 brand, distribuiti in sei “mondi” sulle 364 pagine del catalogo: abbigliamento e accessori, intimo, bellezza e cura del corpo, casa, cibo e bevande, tempo libero. Le copie che erano state riservate alla prevendita, ovvero quelle per i fan, sono andate sold out in pochi giorni, per tutti gli altri il catalogo sarà a disposizione e distribuito in 18.000 mila edicole.
Stefano Bortolussi, CEO dell’azienda, sottolinea: “Sfogliare il catalogo sarà come vivere contemporaneamente un’esperienza innovativa e vintage. Sarà un magazine da collezione, una lettura, che confidiamo essere gradevole, con una selezione di prodotti di aziende solo italiane: la storia delle nostre famiglie, della nostra cultura dei consumi raccontata attraverso le aziende di fascia media e premium che l’hanno creata. Il catalogo sarà punto di riferimento per lo stile, ma poi l’esperienza di acquisto evolverà sul nostro e-commerce, programmato con le più innovative tecnologie esistenti”
Basta poi fare un giro sui principali social network, Facebook in primis, per rendersi conto di quanto l’operazione mediatica e commerciale sia stata ben studiata: sebbene il catalogo in sé abbia poco (com’era prevedibile) della versione originale, l’interesse degli utenti stimolati dal ricordo del brand è cresciuto vertiginosamente in poche ore.
Anche se, da una prima e provvisoria analisi, il nuovo Postalmarket sembrerebbe aver stimolato non poche critiche sui prezzi, considerati esosi, della merce proposta sebbene abbia il marchio di garanzia del “made in Italy”. Ma nell’epoca in cui predominano Amazon e i canali di vendita online di vario tipo, basterà il ricordo romantico e senza tempo del catalogo usato dai nostri genitori e dai nostri nonni per garantire il successo dell’operazione? O c’è bisogno di qualcosa di più?
E’ ancora presto per dirlo, ma sicuramente l’operazione di marketing è pensata e realizzata in modo eccellente: come ha dichiarato Diletta Leotta in un’intervista, primo volto in copertina del lancio di Postalmarket, è sicuramente “un momento di romanticismo editoriale. Comprerò un pigiama come faceva mio padre un tempo”.