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Morire da “belle e impossibili”: Chiara Ugolini e il dramma del femminicidio celato nelle parole sbagliate

Il contenuto “Morire da “belle e impossibili”: Chiara Ugolini e il dramma del femminicidio celato nelle parole sbagliate” è stato realizzato da Dafne Malvasi, attivista dei movimenti femminili.

Non è semplice restare indifferenti di fronte all’ennesima notizia di femminicidio: questa volta, in ordine cronologico, la “brutta sorte” – perché talvolta sembri di parli di un evento casuale, sfortunato – è toccato a Chiara Ugolini, 27 anni, uccisa il 5 settembre scorso nel suo appartamento in provincia di Verona.

La storia di Chiara Ugolini è un dramma che si ripete due volte: la prima, quando un vicino morboso, pluripregiudicato e feroce è entrato dalla sua finestra e ha posto fine alla sua giovane vita, torturandola e violentandola fino ad ucciderla. La seconda, quando è stata definita su alcuni giornali una morte da “belle e impossibili”, con dettagli pseudo pornografici sul suo essere in déshabillé (in casa sua, uscita dalla doccia… come se fosse una cosa anormale).

Si può offendere una donna anche raccontando il suo omicidio, utilizzando parole a sproposito, affidando il racconto ad una narrazione banale e distorta di fatti violenti.

Sono sconvolta e parecchio arrabbiata. Leggo la narrazione di una morte presentata con titoli altisonanti ma che spostano l’attenzione ed anche l’azione. Chiara Ugolini, la vittima, è “bella e impossibile”. Io questa frase non riesco a togliermela dalla testa. E quindi l’omicida, sapendo di non poterla avere, la uccide. La violenta e la tortura.
Perché Chiara è “bella e impossibile”.

Se la vittima fosse stata non bella, non impossibile, non alta, non bionda, avrebbe avuto salva la vita? O forse in quel caso si sarebbe realmente parlato di femminicidio?

Io non posso accettare da donna che l’omicidio di Chiara passi attraverso la descrizione della sua bellezza che “normalizza” di fatto la morte violenta che ha subito, data dall’eccezionalità della sua apparenza. Perché in fondo ad una “bella e impossibile” potrebbe accadere, potrebbe succedere.

Il condizionale è d’obbligo ma di fatto getta le basi per una macabra possibilità da tenere dunque in conto. Un omicida, dunque, di fronte alla non eccezionalità della bellezza, non sarebbe stato tale?
Una vittima diventa tale per pura e sfortunata coincidenza di bellezza e incontro con la persona sbagliata, nel momento sbagliato al posto sbagliato!? Io in mente ho solo un pensiero: Chiara Ugolini è morta.
È morta di morte violenta a 27 anni per mano di un uomo che l’ha uccisa dopo averla violentata e torturata.

Nel frattempo, arrivano quelli che sembrano ennesimi proclami di civiltà nel tentativo di riuscire a prevenire ed estirpare l’erbaccia cattiva che sta attecchendo sul suolo italiano: il femminicidio.
Leggo di monitoraggi, osservatori, cabine di regia coordinate e trasversali nell’individuare un terreno comune di azione. Non ho la percezione di un cambiamento in direzione di strumenti efficaci: certezza ed inasprimento della pena sul femminicidio, sulle violenze sessuali e psicologiche, senza se e senza ma.

Altrimenti ci troveremo altre Chiara Ugolini, offese anche dopo la vita.

Dafne Malvasi

Dafne Malvasi è nata a Napoli e vive "temporaneamente" a Torino da molti anni. Attenta osservatrice delle tematiche legate al gender gap e parte attivista dei movimenti femministi, è vincitrice del XII Premio Poesia Città di Pesaro, per il Premio Letterario Internazionale "La Donna si racconta". Scrive delle donne che contribuiscono alla costruzione delle nostre identità, decostruendo pregiudizi e stereotipi di genere. Ama la poesia e i sud del mondo.

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