Innovazione

Le competenze del manager 5.0: innovazione radicale, leadership condivisa, gestione del cambiamento

"Il capo perfetto sa motivare le persone, sviluppando l’“intelligenza emotiva” e utilizzando costantemente i rinforzi positivi per apprezzare i risultati ottenuti dai collaboratori. Prima ancora di stimolare la competizione virtuosa all’interno dell’impresa, il numero uno deve saper promuovere la collaborazione, adottando un approccio inclusivo e sostituendo alla cultura del “dito puntato” quella dell’errore come occasione di crescita".

I tempi cambiano e diventano maturi per profilare il manager 5.0, quello che guiderà le aziende nell’era della transizione digitale e sostenibile. A tracciarne i contorni, ci pensa il giornalista e creator su LinkedIn Filippo Poletti nel libro “MBA Power: innovare alla ricerca del proprio purpose”: all’interno 101 storie di professionisti che tra il 2020 e il 2022, in piena pandemia, si sono rigenerati a Milano, tornando sui banchi di scuola.

Gli ambiti del manager 5.0

Ma in quali settori deve sapersi muovere il manager 5.0? Secondo Poletti, in primis, strategia dell’innovazione, crescita esponenziale, trasformazione digitale, marketing omni-canale, gestione del cambiamento e leadership condivisa. Senza trascurare la macroeconomia, l’economia industriale, la finanza d’impresa e la gestione operativa.

Sono queste, infatti, le dieci aree di competenza richieste oggi al manager 5.0 focalizzato sulla centralità della persona nel lavoro dominato dalla tecnologia, dalla resilienza e dalla promozione della sostenibilità: nell’era della collaborazione tra uomo e macchina serve al manager una nuova cassetta degli attrezzi che veda protagoniste le abilità “dure” (o “hard skill”) e le competenze soffici, altrimenti dette “di vita”.

Le “hard skill” per affrontare la trasformazione digitale

“Il leader di oggi è chiamato a individuare la direzione più innovativa – spiega Poletti, executive MBA –. Deve sapere come creare valore per la sua azienda, il mercato e il resto della società. Per questo è necessario che acquisisca una mentalità aperta alla progettazione e alla realizzazione di nuovi servizi e prodotti che mettano al centro l’esperienza degli utenti“.

In quest’ottica, dunque, per essere un manager 5.0 serve apprendere come fare innovazione, focalizzandosi sulle tecnologie esponenziali come l’intelligenza artificiale e la realtà aumentata, le piattaforme digitali e il marketing basato sull’utilizzo di tutti i canali di comunicazione.

“La capacità di innovare deve affondare le sue radici sulla conoscenza approfondita del mercato monetario e delle merci, delle economie di scala oltre che di gamma, così come sulla gestione delle attività aziendali e gli strumenti finanziari finalizzati allo sviluppo del business”, aggiunge Poletti.

Le “competenze sulla vita” del manager 5.0

Poletti, Top voice di LinkedIn Italia e giornalista professionista da trent’anni, dal 2017 cura sullo stesso LinkedIn una rubrica quotidiana dedicata ai cambiamenti del mondo delle professioni. Un luogo di osservazione acuto, che gli permette di spiegare come accanto alle competenze “dure” il manager 5.0 deve possedere le “abilità della vita”:

“Il capo perfetto sa motivare le persone, sviluppando l’“intelligenza emotiva” e utilizzando costantemente i rinforzi positivi per apprezzare i risultati ottenuti dai collaboratori. Prima ancora di stimolare la competizione virtuosa all’interno dell’impresa, il numero uno deve saper promuovere la collaborazione, adottando un approccio inclusivo e sostituendo alla cultura del “dito puntato” quella dell’errore come occasione di crescita”.

Per realizzare tutto ciò – spiega l’autore – la leadership tradizionale basata sul rapporto tra “leader” e “follower” deve essere superata da quella condivisa, dove tutte le risorse presenti in azienda sono messe nelle condizioni di unirsi ed esprimere il meglio.

I saperi fluidi

Le competenze “dure” e di “vita” non si apprendono una volta per tutte. Nell’età dell’incertezza o VUCA – acronimo traducibile in italiano con le quattro parole “volatilità”, “incertezza,” complessità” e “ambiguità” – occorre rinascere quotidianamente come professionisti.

“Per stare al passo con il sapere fluido dobbiamo imparare, disimparare e imparare di nuovo, acquisendo e aggiornando le nostre capacità – dice Poletti tirando le fila dei 101 racconti del libro “MBA Power: innovare alla ricerca del proprio purpose”, raccolti all’interno della business school del Politecnico di Milano –. Per questa ragione, ai tempi del coronavirus, della guerra in Ucraina e dello spettro della crisi economica, tanti professionisti come me si sono messi a studiare e ristudiare in Italia come si fa innovazione radicale e incrementale, come si sviluppa il pensiero progettuale o come si mette in piedi una startup. Siamo diventati, appunto, nuovi professionisti“.

Grazie a questa esperienza, portata avanti da donne e uomini di età compresa tra 30 e 60 anni, è nata la Generazione R di Rinascita: “La generazione R di Rinascita è a numero aperto: chi vuole può farne parte a patto di voler apprendere per tutta la durata della nostra lunga vita professionale“, conclude l’autore di “MBA Power: innovare alla ricerca del proprio purpose”. Leader non si nasce una sola volta, ma si diventa tutti i giorni della carriera lavorativa.

Dafne Malvasi

Dafne Malvasi è nata a Napoli e vive "temporaneamente" a Torino da molti anni. Attenta osservatrice delle tematiche legate al gender gap e parte attivista dei movimenti femministi, è vincitrice del XII Premio Poesia Città di Pesaro, per il Premio Letterario Internazionale "La Donna si racconta". Scrive delle donne che contribuiscono alla costruzione delle nostre identità, decostruendo pregiudizi e stereotipi di genere. Ama la poesia e i sud del mondo.

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