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La pista ciclabile? Diventa smart. L’idea della startup Revo

Una pista ciclabile modulare, in plastica riciclata, che si adatta all'ambiente circostante. E' l'idea green e smart di Revo

È in arrivo la prima pista ciclabile smart. Cosa vuol dire? Che molti ciclisti saranno contenti nel sapere che, presto, chi parcheggerà sulla pista ciclabile sarà “pizzicato” in tempo reale. Non stiamo parlando di soluzioni lontane nel tempo, ma del 2022, quando in Emilia Romagna sarà installata la prima pista ciclabile smart d’Italia. A realizzarla sarà la startup innovativa Revo. Con il cofondatore e CTO dell’azienda, Marco Lucci, parliamo di questa piccola rivoluzione che potrebbe invadere le strade del paese nei prossimi anni.

Com’è fatta la vostra pista ciclabile?
“Il nostro prodotto è prefabbricato e modulare. La struttura si divide in due: la parte sottostante dove possono passare sensori, cavi (anche di società di servizi) e la parte superiore, ovvero i tappeti ciclabili. Questi ultimi sono personalizzabili includendo segnaletica orizzontale, nomi di sponsor e quant’altro. Ma possono anche loro offrire dei servizi extra, per esempio possono riscaldarsi quando si rileva il rischio di formazione di ghiaccio. La pista è realizzata in plastica riciclata (la struttura sottostante) e pneumatici a fine utilizzo (i tappeti). Una volta giunta a fine vita, l’infrastruttura può a sua volta essere riciclata. Inoltre, la produciamo in loco. Le nostre attrezzature e la parte elettronica sono facilmente trasportabili. La materia prima, ovvero la plastica riciclata, si trova dappertutto. Quindi evitiamo di spostare materiale per chilometri, ma produciamo i moduli in prossimità di dove devono essere installati”.

Prefabbricati e modulari, significa smontabili facilmente?
“Esattamente. Mettiamo che i nostri sensori si accorgano che la pista viene poco utilizzata, i nostri moduli possono facilmente essere smontati e la pista ciclabile può essere “ricostruita” dove serve e dove c’è più traffico. Stesso discorso se l’area dove sorge l’infrastruttura deve subire dei lavori. Si rimuove la pista e poi la si rimonta. Consideri che i moduli si posano a secco. Quindi se per esempio ci sono strade storiche, dove sarebbe difficile costruire una infrastruttura, con il nostro sistema la pista la appoggi semplicemente sopra. Addirittura abbiamo sviluppato un modello che si posa agevolmente sui binari. Solo in Italia si calcola ci siano 5 mila chilometri di binari dismessi. Potrebbero facilmente diventare “autostrade ciclabili””.

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Un rendering di Moove, la pista ciclabile smart di REVO

Perché queste piste sono smart?
“Come accennato, nella parte inferiore dell’infrastruttura possono essere inseriti dei sensori, a costi contenuti, che segnalano il passaggio delle bici e l’usura dei tappeti ciclabili, così da fare manutenzione predittiva e intervenire prima che ci sia un danno. Ma servono anche per capire se qualche automobilista ha parcheggiato sulla pista. Un altro fattore riguarda l’illuminazione. La pista ciclabile, per non contribuire all’inquinamento luminoso e per risparmiare, regola la sua luminosità in base all’ambiente circostante. Se una parte si trova in una strada già illuminata, le luci della pista si abbassano. Di notte, se non passano ciclisti, le luci riducono la loro potenza, ma al passaggio di una bici l’infrastruttura crea una “bolla luminosa” intorno al ciclista”.

Quanto costa una pista ciclabile smart, rispetto a una tradizionale?
“Una pista ciclabile standard può costare dai 250 ai 400 euro al metro quadro. Ma a questi vanno aggiunti eventuali imprevisti nella realizzazione, nei lavori di scavo con i sottoservizi per esempio, e in più va prevista una certa manutenzione. Noi abbiamo calcolato il nostro total cost of ownership e ci posizioniamo nella parte medio-bassa della forbice. Quindi “l’intelligenza” del prodotto non fa lievitare i costi di realizzazione“.

Rispetto alle altre nazioni, quanto è indietro l’Italia nella realizzazione di piste ciclabili?
“Il gap con gli altri Paesi europei c’è. Un po’ per una questione culturale, un po’ per la storicità del contesto urbano e la scarsa capillarità e frammentazione delle poche piste esistenti. Ma sono in programma forti investimenti nel campo, anche perché si sta affermando il cicloturismo che sta spingendo a realizzare opportune infrastrutture”.

Come startup avete avuto difficoltà a trovare investitori?
“Non è stato semplice, ma lavorando molto sui bandi e sugli investor day, grazie ai quali abbiamo vinto svariati premi e riconoscimenti, siamo entrati in contatto col nostro primo investitore. Attualmente è entrato nel nostro capitale la Fondazione Social Venture – Giordano Dell’Amore e altri interlocutori si sono fatti avanti. Non abbiamo avuto accesso a fondi pubblici purtroppo. Sappiamo che ci sono e stanno facendo sforzi al riguardo, ma noi non siamo riusciti a usufruirne”.

Romolo Napolitano

Giornalista professionista dal 2011 è stato, non ancora trentenne, caporedattore dell’agenzia di informazione videogiornalistica Sicomunicazione. Ha lavorato 3 anni negli Stati Uniti in MSC. Al suo ritorno in Italia si è occupato principalmente di uffici stampa e comunicazione d'impresa. Attualmente è giornalista, copywriter e videomaker freelance. Si occupa, tra le altre cose, di tecnologie, nautica e sociale.

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