Mamaclean, la lavanderia a domicilio è a portata di clic
L’azienda che ritira e consegna a domicilio i capi lavati e stirati grazie a una app. Il founder Malmusi: con noi gli under 35 hanno scoperto che cos’è una lavanderia
Chi di voi non ha fatto le corse per portare un vestito in lavanderia e ritirarlo poco prima dell’evento per cui gli serviva? E quanti odiano il rito della stiratura delle camicie? Bene, sappiate che adesso esiste un’azienda che tramite una app viene a ritirare a domicilio i capi da lavare e stirare e ve li riconsegna, sempre a domicilio, entro massimo il giorno dopo. L’impresa si chiama MamaClean, sottotitolo: La lavanderia senza stress. Come nasce e quali sono gli sviluppi di questa azienda lo abbiamo chiesto a Francesco Malmusi, founder di MamaClean.
Come vi è venuta l’idea?
“L’azienda è nata nel 2013, quando lavoravo nel settore moda. Mi sono accorto che mentre il comparto era andato avanti, la lavanderia era rimasta agli anni ’60, senza il minimo cambio di modello. Allora ho pensato di fare una “boutique che venisse dopo la boutique”. Inizialmente operavamo solo nel centro di Milano e ci appoggiavamo a lavanderie esterne. Poi dal 2016 abbiamo internalizzato il servizio di lavaggio e stiraggio. Ad oggi abbiamo lavato, stirato e consegnato circa un milione di capi, serviamo 46 comuni dell’Hinterland milanese e abbiamo 59 mila iscritti alla piattaforma”.
Ha parlato di “Boutique dopo la boutique”, quindi è un servizio di lusso e costoso?
“Costiamo più delle lavanderie che si trovano nei centri commerciali, meno di quelle del centro di Milano e più o meno abbiamo gli stessi prezzi di una lavanderia di media periferia. Ma oltre a offrire un servizio a domicilio, ci tengo a dire che facciamo tutti i tipi di trattamento, wet cleaning, lavaggio a secco etc con la massima cura. Insomma cerchiamo di mantenere lo stesso livello di un servizio artigianale, pur lavorando volumi industriali”.
Fate ritiro e consegna a domicilio, quanto impatta sull’ambiente?
“Con la app si può prenotare il ritiro e la consegna a casa. In base al capo e all’ora del ritiro riusciamo a completare il ciclo in giornata o al massimo il giorno dopo. Ma la tecnologia che abbiamo sviluppato fa in modo che i furgoni viaggino sempre a pieno carico, ottimizzando i percorsi. Mi spiego: il furgone parte carico la mattina con i capi da consegnare, nel percorso ritira anche i capi che vanno lavati, così da ritornare in sede di nuovo carico. Non solo, poiché è una tematica che sta a cuore anche ai clienti, nella app si può scegliere la consegna eco. In pratica il cliente accetta una fascia oraria più larga per il ritiro e la consegna, così da permetterci di passare da lui quando il percorso è ottimizzato al massimo. Devo dire che questa opzione va per la maggiore e la scelgono una netta maggioranza”.
Così però il rischio è che le piccole lavanderie di quartiere scompaiano…
“In realtà abbiamo appena lanciato un programma per aiutarle e incrementare il nostro e il loro business. In pratica permetteremo ad alcune lavanderie, comunque selezionate in base a dei parametri di qualità, di poter usare la nostra piattaforma. Della logistica e della cura a tutto tondo dei clienti continueremo a occuparci noi, loro devono solo lavare e stirare i capi che noi ritiriamo e consegniamo. Secondo noi è uno strumento che aiuterà il settore a riprendersi dopo la pandemia. Anche perché con lo smart working il lavoro per queste attività ha avuto un deciso calo. Inoltre, si calcola che mediamente una lavanderia, nel migliore dei casi, copra solo una clientela nel raggio di un chilometro quadrato. Con la nostra app può allargare il giro d’affari a decine chilometri quadrati. Infine, la cosa che ci ha stupito di più è che la metà dei nostri clienti non aveva mai portato un capo in lavanderia. Si tratta per lo più di under 35. Con questo servizio le lavanderie “classiche” potranno anche raggiungere una fascia di pubblico giovane, che al momento gli è aliena”.
Come è andata per la raccolta fondi?
“Inizialmente e per 4 anni abbiamo deciso di autofinanziarci. Non ci sentivamo pronti ad avere investitori esterni e volevamo fare le cose con i nostri tempi. Nel 2017 abbiamo fatto la pima raccolta con i business angels e nel 2019 la seconda con un crowdfunding misto, aperto anche ai privati”.
Difficoltà ne avete avute?
“Sì, di due tipi. Il primo problema era di ordine imprenditoriale: non esisteva un mercato per il nostro servizio, perché nessuno prima lo aveva implementato. Inoltre la lavanderia è un lavoro artigianale, noi la volevamo portare su larga scala, ma non potevamo rinunciare alla cura per il singolo capo tipica delle piccole attività. Il secondo problema, del fundraising, è un mal comune nel nostro Paese. Non solo per l’esiguità dei fondi e degli investitori, ma anche per i tempi. In media in Italia ci vogliono 6 mesi per portare a termine una raccolta fondi. In un mondo che cambia velocemente, questo è un limite di cui dovremmo liberarci quanto prima”.