Il pane a casa appena sfornato e a km 0, l’idea della startup Busket
Il fondatore: “Non siamo un delivery, ma un motore per le piccole attività del quartiere”
Cosa c’è di più appetitoso del profumo del pane appena sfornato? È quello che avranno pensato i creatori di Busket, la startup nata appena un mese e mezzo fa, che consegna il pane caldo a domicilio. Un’idea semplice e che sta riscuotendo un certo successo nell’area Ovest di Milano, dove il progetto è partito e da dove mira ad allargarsi. Attualmente il sito (la app è in realizzazione) conta già 500 iscritti al servizio, di cui 220 clienti attivi. Ma la filosofia alla base è un po’ più ampia del semplice servizio e implica economia di prossimità, sostenibilità ambientale e, soprattutto, sociale. Ne parliamo con il fondatore dell’azienda, Fabrizio Ferrero.
Qual è la differenza tra voi e un normale servizio di delivery?
“Siamo praticamente agli antipodi. Ci basiamo su due principi: economia di prossimità e logistica sostenibile dell’ultimissimo miglio. Per economia di prossimità intendiamo la valorizzazione dei mastri fornai di quartiere, che usano principalmente lievito madre. Gli forniamo le materie prime di eccellenza che farebbero fatica a trovare, perché di piccoli mulini artigianali e perché costano fino a 4 volte più della farina commerciale (200 euro a quintale contro i 50 euro di quella standard). Farine naturali molite a pietra, senza miglioratori conservanti e additivi. Una volta raccolto l’ordine, il fornaio prepara il pane e, quando la mattina dopo lo sforna, passa il nostro furgoncino elettrico che consegna direttamente a domicilio. Attenzione, però. Il percorso è ottimizzato dalla piattaforma in modo che il viaggio sia a pieno carico e il furgoncino faccia il percorso più breve possibile nelle consegne. In questo modo otteniamo due risultati. Il primo è che diamo visibilità e un servizio al fornaio di quartiere. Il secondo è che non inquiniamo e diamo lavoro. Perché chi guida il furgoncino non è un rider, ma è assunto. E, per quanto incredibile, con questo sistema ecologico riusciamo anche ad abbattere i costi di trasporto, tant’è che il servizio di consegna è gratuito”.
Parliamo di costi, il pane di Busket ha un prezzo superiore a quello della grande distribuzione?
“Oggettivamente sì. Ma non è un lusso: è un principio diverso di consumo. Mi spiego. Il nostro pane è con lievito naturale e farine scelte di piccoli molini, lievita dalle 7 alle 10 ore, ha un indice di glutine più basso ed è più digeribile. Ora “l’equivalente” (che equivalente in realtà non è) del nostro pane nella grande distribuzione costa poco più di 5 euro al chilo. Senza voler parlare male di nessuno, ma questo prodotto dopo 12 ore è duro. Il nostro costa poco più di 8 euro al chilo, ma se ben conservato dura dai 3 ai 4 giorni. Quindi se non buttiamo il pane, il costo in più è veramente relativo. E poi c’è un discorso di responsabilità che tutti abbiamo verso i nostri quartieri”.
Si spieghi meglio
“I quartieri belli e vivibili sono quelli che hanno attività di prossimità. Se i piccoli negozi chiudono anche le case della zona svalutano. Inoltre aumenta sempre di più la coscienza delle persone per le condizioni dei fattorini. Quindi c’è sempre più gente che preferisce comprare e consumare meno, ma sapendo innanzitutto di mangiare prodotti di qualità e a basso impatto ambientale, dal packaging sostenibile alla consegna a zero emissioni; in seconda battuta sempre più persone vogliono essere sicure che chi gli ha consegnato la merce è stato remunerato il giusto”.
Il servizio è ancora circoscritto a un’unica area però.
“Come si è capito noi ragioniamo per quartieri. Adesso stiamo selezionando 3 nuovi fornai in 3 diversi quartieri della città che copriremo a luglio. L’obiettivo chiaramente è di allargarci man mano che aumentano i finanziatori del progetto”.
I finanziatori appunto, avete avuto difficoltà a trovarne?
“Abbiamo lanciato un equity crowdfunding su 200crowd. E per diventare soci bastano 500€. Inizialmente ci siamo finanziati tramite amici e parenti. In Italia c’è ancora qualche remora a investire nelle startup. Tuttavia abbiamo raccolto già 100 mila dei 400mila euro programmati e siamo in un incubatore d’impresa. Alcuni clienti ci hanno contattato proprio perché interessati a finanziarci. Quindi, come vede, se si investe sui quartieri poi i quartieri stessi rispondono e ti tornano indietro quello che gli hai dato”.