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Science: prospettive e benefici dell’AI applicata alla robotica medica

Nell’ultimo numero dell’autorevole rivista Science è dedicato un articolato approfondimento a come l’Intelligenza Artificiale possa essere applicata alla robotica medica. Due scenari dall’impatto innovativo potenzialmente disruptive in queste ore finiscono per viaggiare quasi parallelamente, riscrivendo in buona parte l’assistenza al paziente.

Un esempio? Nelle scorse ore ha catturato l’attenzione dei media quanto messo a punto dalla scuola di medicina di Harvard: Charm, questo il nome dello strumento, permetterebbe direttamente in sala operatoria di decodificare il DNA dei tumori al cervello, riducendo così drasticamente i tempi di verifica (che ora passano per il prelievo del tessuto, il congelamento e il successivo studio al microscopio) e indirizzare eventuali scelte (diagnostiche e di intervento) in tempo reale. Non è stato ancora testato sul campo, ma i risultati del test sono incoraggianti e attualmente la percentuale di precisione di Charm si aggira intorno al 93%.

È solo l’ultimo dei casi emblematici di come algoritmi definibili di intelligenza artificiale promettono di riscrivere le regole dell’assistenza medica e della medicina in generale (vi abbiamo raccontato in questo articolo come ad esempio l’AI può migliorare le TAC). Invece, per quanto riguarda la robotica, l’utilizzo in medicina (e specialmente in chirurgia) è ormai un dato assodato. Abbiamo addirittura robot chirurghi che a breve potrebbero avere il senso del tatto. Era inevitabile quindi che questi campi a un certo punto collidessero e prendessero ognuno gli aspetti migliori dell’altro.

AI e robotica medica, quali vantaggi?

Nell’articolo “Artificial intelligence meets medical robotics” si evidenzia come questa nuova fase della medicina abbia come vantaggi la possibilità di eseguire esami diagnostici più precisi e interventi chirurgici a distanza. Non solo, ma personalizzerebbe il supporto nei dispositivi di riabilitazione e nelle protesi avanzate.

Scienziate e scienziati di fama internazionale si sono avvicendati nelle pagine per analizzare scenari e benefici che questa rivoluzione già sta portando alla medicina. Tra questi, l’italiana Arianna Menciassi (prorettrice della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa) che ha evidenziato nel paragrafo scritto a quattro mani con Kaspar Althoefer (dell’Università di Londra Queen Mary) quali siano i benefici teconologici derivanti dall’utilizzo della soft robotics nella chirurgia mini-invasiva.

Il robot “morbido”

Ma cosa si intende per soft robotics? Sappiamo che i robot sono potenzialmente più precisi ed efficaci dell’uomo per alcune azioni. Sappiamo anche, però, che spesso quando pensiamo ai robot pensiamo comunque ad ammassi di ferraglia abbastanza rigidi.

Con soft robotics invece si infrange quel muro che vuole i robot più simili ai Gundam o ai Mazinga della nostra gioventù e si introducono nella robotica materiali che possono essere flessibili ma anche deformarsi, stringersi e diventare rigidi all’occorrenza. In questo modo è chiaro che si abbatte il problema della rigidità dei materiali, consentendo in microchirurgia (ma anche in fase di diagnosi) la possibilità di raggiungere aree e zone del corpo che altrimenti sarebbero irraggiungibili.

La ricerca sulla soft robotics

La sfida in questo campo è quella di migliorare le performance dei soft robot, in particolare la precisione, ben più difficile da ottenere rispetto a quella dei robot a componente rigida.

L’interesse per questo argomento è talmente sentito e condiviso che esiste un progetto europeo, Stiff-Flop (stiffness controllable flexible and learnable manipulator for surgical operations), coordinato dal King’s College di Londra con l’Istituto di bio-robotica della Scuola Sant’Anna tra i partner. Materiali siliconici biocompatibili e azionati pneumaticamente, oltre a nuovi metodi di fabbricazione che hanno consentito di creare strutture affidabili, sicure ed efficaci, sono al centro di tale progetto. Inoltre, spiega la stessa Arianna Menciassi, sono state impiegate tecniche avanzate di machine learning per teleoperare intuitivamente i robot morbidi nella cavità addominale del paziente.

Proprio per perseguire obiettivi di precisione e affidabilità, l’Intelligenza Artificiale potrebbe giocare un ruolo chiave – insieme al controllo guidato dei dati – gestire il movimento non lineare dei soft robot. Grazie ai progressi di computer vision, modellazione in tempo reale e simulazione, i soft robot possono diventare più smart abbattendo le lunghe modalità di teleoperazione e la formazione onerosa per i chirurghi.

Redazione

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