La crisi occupazionale post-Covid sarà lunga: servono maggiori tutele
La crisi occupazionale riguarda tutti: servono più tutele e una vera cultura del digitale per cercare di risolvere i problemi causati dalla pandemia
La pandemia da Coronavirus non è ancora finita eppure sembra chiaro a tutti che, per lungo tempo, continueremo a contare i disastri che ha causato in termini di crisi occupazionale. Situazione che peggiora se si guarda ai lavoratori autonomi, alle donne, alle partite Iva e ai professionisti in generale.
L’analisi emerge nel corso del Forum “Lavoro da casa o a casa senza lavoro?” promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.
“I lavoratori autonomi, specie se giovani, donne e meridionali, sono i veri precari nella filiera del lavoro in Italia. La crisi pandemica ha fatto emergere con chiarezza questa specificità alla quale va posto rimedio. In Commissione Lavoro stiamo ragionando su una forma di protezione sociale universale che riguardi sia autonomi e partite iva che i dipendenti pubblici. Serve maggiore omogeneità nelle tutele se vogliamo porre un argine alla crisi occupazionale. Assistiamo, ad esempio, alla perdita incontrollata di dipendenti degli studi professionali, che in alcune regioni arriva addirittura al 50 per cento”. Questa l’analisi di Antonio Viscomi (deputato Dem e componente della Commissione Lavoro a Montecitorio).
Contro la crisi occupazionale occorre incentivare politiche attive e tecnologia
“Bisogna puntare ad incentivare politiche attive per l’occupazione – ha aggiunto Viscomi – che siano calibrate sulle esigenze delle imprese e ad affermare una vera e propria cultura del digitale sostenuta da nuovi modelli organizzativi del lavoro che tengano conto di tutte le novità tecnologiche”. “Non serve sostituire la macchina da scrivere con il pc per dare vita alla digitalizzazione. Occorre mettere da parte la cultura del vecchio procedimento amministrativo – prosegue – per immaginarne uno nuovo che sia in grado di dare un’accelerazione ai processi e a una semplificazione delle procedure”.
Sulle misure per rilanciare l’occupazione in Italia si è espresso anche Marco Di Maio (deputato di Italia Viva componente della Commissione Affari costituzionali della Camera): “Bisogna far partire al più presto i cantieri delle opere pubbliche, così come quelli privati. Abbiamo presentato due anni fa un piano shock con procedure commissariali per sbloccare cantieri. Finalmente sono stati firmati i primi decreti di nomina per 58 opere pubbliche con procedure commissariali sul modello del ponte di Genova per un importo pari a 66 miliardi di investimenti. Si può arrivare al doppio con opere già stanziate. La pandemia – rimarca Di Maio – ha messo a dura prova la tenuta delle nostre istituzioni e ciò si è riflettuto anche nel rapporto tra Stato e Regioni. Serve una riforma della materia, soprattutto quella dell’emergenza sanitaria, che sia in grado di garantire una uniformità di comportamento nel corso delle crisi sanitarie con la possibilità per lo Stato di intervenire in maniera diretta. Per ciò che riguarda il Reddito di cittadinanza, infine, bisogna distinguere nettamente le misure di accesso al lavoro da quelle di assistenze alle persone in difficoltà. Mischiare le due cose crea un risultato fallimentare”.
Secondo Graziano Musella (parlamentare di Forza Italia in Commissione Lavoro alla Camera): “Il Piano di assunzioni nella pubblica amministrazione, varato dal ministro Renato Brunetta, con la previsione di oltre centomila nuovi ingressi l’anno, è un primo strumento fondamentale per fronteggiare 1,5 milioni di disoccupati in più che si aggiungono alle precarie condizioni delle partite iva. Servono soluzioni alternative. Nel settore pubblico siamo passati in dieci anni da 6 milioni di occupati a 3,8 milioni. Un taglio drammatico – evidenzia Musella – che si riflette sull’efficientamento dei servizi e nell’incapacità di aggiornamento della PA. Serve una grande opera di ristrutturazione negli enti pubblici. E’ necessario anche sburocratizzare le procedure stesse di assunzione costituendo una ‘corsi preferenziale per le amministrazioni comunali, a patto che si mantenga l’equilibrio di bilancio”.
La voce dell’opposizione in Parlamento è rappresentata da Walter Rizzetto (deputato di Fratelli d’Italia in Commissione Lavoro a Montecitorio) che si è espresso così sulla crisi occupazionale: “La tutela dei lavoratori autonomi è un tema difficile e di fondamentale importanza. Autonomi e partite iva sono senza ‘paracadute’. Abbiamo cercato nelle misure del Pnrr di inserire alcune novità che possano colmare questo gravissimo vulnus. Sembra che il governo non si accorga di questo tema. Il ministro Brunetta continua a parlare di assunzioni e aumenti di stipendio nella pubblica amministrazione non prevedendo niente per gli autonomi. Se si vuole rilanciare la politica dell’occupazione – sottolinea Rizzetto – si proceda a superare i tanti limiti burocratici che la condizionano. A novembre scadrà il blocco dei licenziamenti e sembra che a nessuno importi. In questi mesi bisogna lavorare per arrivare pronti a quella scadenza sostenendo le aziende che vogliono assumere o mantenere i livelli occupazionali a partire dal cambiamento della fiscalità che le opprime”.
Nel corso dell’incontro Paolo Longoni (consigliere d’amministrazione della Cnpr) ha ricordato che: “Una delle componenti fondamentali del lavoro sono le opere pubbliche perché rappresentano un moltiplicatore dell’economia. Spesso, però, i cantieri non partono per motivi burocratici. Soffriamo di iper-regolamentazione. Basti pensare al Codice degli appalti con le sue 22 modifiche negli ultimi anni, gravato da 50 decreti attuativi del Mit e altrettanti dell’Anac. Per non parlare dei blocchi che derivano dalla giustizia con i ricorsi amministrativi sugli appalti e quelli derivanti dai timori dei dipendenti della PA nel mettere firme sugli atti. Tutte queste procedure come possono essere semplificate? Nel frattempo assistiamo alla proletarizzazione delle libere professioni. Un comparto che conta 1,5 lavoratori ordinistici e 2,5 non ordinistici e che deve a tutti i costi essere incentivato”.
Secondo Eleonora Lecchi (Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Bergamo): “Bisogna puntare sulla digitalizzazione se si vuole reagire alla crisi occupazionale. Un processo che presuppone conoscenze approfondite e formazione continua. In molti confondono digitalizzazione del lavoro con lo ‘smart working’ . La normalità non è l’esperienza fatta nel corso dell’emergenza Covid. Servono modelli di lavoro più attuali e calibrati che poggino sulla cultura digitale. Il mondo delle professioni, per esempio, utilizza piattaforme e siti della Pa bizantini ‘barcamenandosi’ tra modelli sempre diversi E’ auspicabile l’uniformità delle piattaforme e dei programmi”.