Editoriale

“Resistenza” è anche non guardare altrove di fronte alla violenza

La violenza, in ogni sua forma, è un male che priva di tutto. Bisogna continuare a resistere e lottare per i diritti e la parità di genere

Non ho commentato subito né la reazione scomposta e brutale di un padre nei confronti del figlio che sembrerebbe aver usato violenza su una giovane donna né l’ultimo (in ordine di tempo) omicidio di camorra a Napoli. Qualcuno mi ha chiesto cosa ne pensassi e quindi provo ora, più a freddo, a dare una mia risposta. Da madre di due figlie femmine e da cittadina napoletana mi sono sentita in entrambi i casi in una situazione di nudità, che a sua volta mi ha portato ad un profondo senso di ingiustizia.  Si è trattato di una nudità da incubo; quante volte ho temuto per le mie figlie, sperato che non incontrassero uomini che avessero poi potuto dire di essere stati “sollecitati” alla violenza da una scollatura piuttosto che da un No non esplicitato e preso per un Sì. E un profondo senso di ingiustizia verso quella ragazza e verso tutte quelle donne che come lei non hanno parlato e non hanno denunciato. Giusto qualche numero: oggi arriva a denunciare solo il 14% delle donne che chiamano il 1522 (elaborazione dati di Istat di novembre 2020), nel periodo del lockdown più stretto, tra marzo e maggio 2020, sono più che raddoppiate le richieste (+119%) rispetto allo stesso periodo del 2019, triplicate le richieste via chat, così come le chiamate arrivate di notte o di mattina presto. A ciò non corrisponde un pari aumento delle denunce innanzitutto perché la maggior parte delle violenze accade in famiglia, con tutte le conseguenze facilmente immaginabili (fonte Alley OOp de Il Sole24Ore).  Ciò che mi colpisce sempre di più è il silenzio degli uomini, mi ferisce capire che la violenza sulle donne, sia essa fisica, morale, economica, è un fatto delle donne e basta. Non si leva una forte voce maschile, che con tono sicuro esprima una posizione, se non labili e timidi interventi su stampa e sui social con cui si inneggia contro la brutalità e a favore di azioni che intervengano sul concetto di parità eguaglianza e via così.

Sarò appagata quando finalmente non sentirò più parlare di discriminazioni di genere. Lo dico in modo convinto, pur sapendo che con ogni probabilità il mio tempo di vita non basterà per avere questa soddisfazione. Ancora troppe sono le evidenze della siderale lontananza tra interessi maschili e futuro al femminile e gli argomenti su cui si dibatte – giustamente e su cui ancora è necessario lavorare molto e a pancia bassa – affrontano con difficoltà tutti gli aspetti del divario di genere. E soprattutto, ed è questo il punto desidero soffermarmi oggi, sono ancora praticamente inesistenti gli uomini che vogliono con le donne portare a un sistema di eguaglianza dei diritti, nel lavoro come nelle altre sfere dell’esistenza umana. Mi spiego meglio, dovremmo arrivare a un punto in cui non siano più necessarie leggi e provvedimenti, quindi atti amministrativi, che sostengano che siamo uguali e non dobbiamo essere discriminati per una serie di motivazioni, tra cui anche il genere. L’accesso al mondo del lavoro e, cosa ancor più com0plicata, il mantenimento del posto di lavoro per una donna è uno degli elementi più discriminatori, talvolta anche inconsapevolmente agiti dai datori di lavoro. E se passi ne sono stati fatti, portano tutti le firme di una o più donne. Le donne in politica o nei consigli di amministrazione se pur lentamente sono più numerose, frutto di lotte e provvedimenti di altre donne. Se le donne iniziano a frequentare percorsi di studio scientifici o tecnici è perché alcune donne hanno dimostrato che è possibile e non genera mascolinizzazione.

Ho lottato andando spesso al contrario come i salmoni, con gli strumenti a disposizione e sfidando i tempi, credendo fermamente che con la testimonianza e gli atteggiamenti quotidiani sia possibile scuotere qualche coscienza, maschile come femminile. La mia vita, complicata per tanti versi perché donna, sono riuscita a curvarla verso l’intendimento della parità, certa che avrei potuto dimostrare che le violenze, da quella economica a quella fisica, siano anche frutto di una cultura bassa, becera e piegata agli eventi.

Se pur tra mille difficoltà, sono riuscita a coniugare maternità e lavoro, responsabilità e soddisfazioni, paure e insperati goal. E l’ho fatto sempre pensando di non dovermi piegare e diventare come un uomo, perché, al contrario, la femminilità va preservata e non usata; i tratti tipicamente femminili, come la tenacia, l’attenzione alla cura, la capacità di accoglienza, sono tratti da valorizzare e non nascondere; sono, anzi, i punti forti e di rottura rispetto a un mondo che non ci riconosce pari. È per questo motivo che auspico luoghi di confronto misti, dove far sentire la voce delle donne, dove non si elemosina qualcosa perché esiste per ma perché quel ruolo è destinato a chi ha competenze e capacità, a prescindere dal genere. Auspico che i luoghi della politica siano abitati sempre più da donne, e che le donne non si debbano forzare a sembrare uomini perché per me è molto offensivo quando qualcuno per fare un complimento mi dice che ho “gli attributi”. Perché di certo non sono quelli che fanno di una persona un buon politico o un buon manager o un buon operaio. E soprattutto mascolinizzare capacità e competenze per me è intollerabile.

L’omicidio di camorra, al pari degli altri (9 agghiaccianti episodi di barbarie in città solo nell’ultimo mese più il terribile omicidio di Torre Annunziata) mi sconvolge e mi ferisce, ma mi fa fare i conti con la situazione che stiamo vivendo. Una situazione di grave deprivazione di tutto, di libertà, di spazi, di opportunità, la pandemia che ha preso il sopravvento su ogni nostra singola particella di vita, alterando un equilibrio già precario di suo.

E cosa si scatena in queste situazioni ce lo racconta la storia. Violenza inaudita, rabbia compressa e depressioni, e soprattutto tanta strada libera alla criminalità. Dove non si può arrivare con liquidità “buona” arriva quella cattiva, dove sono chiuse le strade della normalità e della ordinarietà si aprono autostrade alla criminalità, è questo il rischio delle grandi emergenze come quella che stiamo vivendo: dover ricorrere a tanti interventi per sostenere i disagi ci fa dimenticare che c’è un mondo parallelo, che ammalia e supporta, incanta e uccide, affascina e morde.

Emerge dal rapporto presentato da Libera e Lavialibera di dicembre 2020 che camorra, ‘ndrangheta, Cosa Nostra e anche piccoli criminali si sono rimodulati in modo da sfruttare anche la pandemia. Il boom di interdittive antimafia (6 al giorno), l’aumento di usura e riciclaggio (solo in Campania 7.078 rispetto alle 6.455 del periodo precedente, con un aumento del 9,7%), crescita di delitti e frodi informatiche, la previsione della DIA di pochi mesi fa di “importanti investimenti criminali nelle società operanti nel ciclo della sanità”, e un triste aumento del consenso dovuto anche alla distribuzione di beni alimentari e di prima necessità nel lockdown più rigido.

La violenza, tutta, soffoca i percorsi dell’economia e dei mercati; le donne vittime delle diverse forme di violenza così come, ad esempio, i commercianti soffocati dal racket sono risorse sprecate e vite danneggiate, quando non distrutte. Abbiamo tutti, fuori e dentro le Istituzioni, un preciso ruolo di tenuta della coesione sociale e un obbligo a far sentire la voce, tutti, donne e uomini.  Anche questa è Resistenza. Buon 25 aprile a tutte e tutti.

Monica Buonanno

Esperta di politiche attive del lavoro, dipendente di Anpal Servizi, Partner di Progetto del Forum Disuguaglianze e Diversità, già Assessore alle Politiche Sociali e al Lavoro del Comune di Napoli. In un mondo dove le disuguaglianze sono sempre più nette, trova inadeguata una politica che segmenti servizi e misure contro le povertà. Propone un modello di integrazione tra lavoro, welfare e sviluppo territoriale.

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