Economia

Rientro dei cervelli? Altro che agevolazioni: vogliamo una vita migliore!

Corsi e ricorsi storici vogliono che a finire sui giornali ogni tanto tornino proposte sul come far rientrare in Patria italica i nostri migliori talenti. Partiti anni addietro per altri lidi, con un bagaglio di conoscenze e competenze invidiabile, andati ad arricchire altri Paesi e foraggiando altri sistemi pensionistici.

Idee e sgravi si sono sprecati negli anni. Ebbene, sembra però che non sia tanto l’incentivo fiscale a convincere i nostri figli expat a rientrare nel loro Paese d’origine quanto aspetti puramente emotivi. Riavvicinarsi alla famiglia e agli amici di un tempo, per dirne una.

Ma la ricerca Adecco che ha coinvolto 2.000 intervistati dice anche altro. Dice che chi rientrebbe lo farebbe perché convinto di trovare una migliore qualità della vita. Anche che la speranza mai del tutto sopita è che il mercato del lavoro italiano acquisisca maggiore competitività.

Rientro dei cervelli, i numeri Adecco

La ricerca sviluppata dal Gruppo Adecco ha infatti evidenziato che gli sgravi fiscali, considerati fondamentali dall’11% dei rispondenti, sono una leva importante sì, a volte addirittura vincolante, per convincere i talenti a rientrare in Italia, ma le vere motivazioni del rimpatrio sono legate alla vicinanza a famiglia e amici (43% dei voti) e la qualità della vita (27%).

“Il rientro dei cervelli è un tema fondamentale per misurare la competitività del mercato del lavoro di un Paese”  commenta Claudio Soldà, CSR & Public Affairs Director di The Adecco Group Italia. “La ricerca che abbiamo svolto – continua – ci dimostra che gli aspetti positivi strutturali e culturali che l’Italia può vantare, come ad esempio la qualità della vita e la vicinanza alle persone care come famigliari e amici, sono tra le principali ragioni che spingono a prendere in considerazione il rientro nel Belpaese. In molti casi, però, questi aspetti non sono sufficienti, se non accompagnati da incentivi importanti che possano permettere ai talenti di sentirsi gratificati anche dal punto di vista professionale ed economico. Infine, sarebbe fondamentale che il nostro mercato del lavoro migliori in competitività rispetto ai principali Paesi esteri: un numero emblematico che emerge da alcuni dati Eurostat rielaborati da Openpolis riporta che in Italia solo il 65,2% dei neo-laureati risulta occupato dopo 1-3 anni dal conseguimento del titolo, una situazione totalmente diversa rispetto ai migliori Paesi dell’Unione come il Lussemburgo (93,4%), i Paesi Bassi (92,9%) e la Germania (92,2%)“.

Speranze e volontà a parte, bisogna notare ancora – e forse questo è il dato che offre la maggior misura delal situazione – che un espatriato su cinque attualmente non ritiene ci siano le condizioni per rientrare in Italia.

Redazione

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