Ricerca EuStartups: solo 3 italiane nella classifica delle 100 donne più influenti
"Il nostro Paese per limiti di burocrazia, infrastrutture e una legislazione cangiante ad ogni umore del politico di turno, scoraggia il 90% di investitori e fondi che invece riverserebbero miliardi di dollari nelle nostre PMI e aziende familiari made in Italy che sono la vera forza inespressa del nostro Paese sul quale puntare".
Cento donne, considerate tra le più influenti del panorama del panorama startup e venture capital europee. Nella classifica pubblicata da EuStartups, uno dei magazine legati all’universo startup più longevo (opera dal 2010 online) a livello comunitario, spicca però un’evidenza: nella top 100 stilata quest’anno c’è spazio solo per tre donne italiane.
La ricerca, pubblicata l’8 marzo in occasione della festa della donna, voleva essere un tributo a quelle donne che guidano la rivoluzione nell’ambito delle startup con tenacia e determinazione. Finisce, per il nostro Paese, per essere invece un nuovo indicatore (o se si preferisce motivo di riflessione) sullo stato dell’arte e la (mancata ahinoi) correlazione tra la condizione di donna e il ricoprire posizioni apicali che purtroppo non è nuova alle cronache nazionali.
Le tre “startuppare” italiane nella top 100
Ma chi sono le tre selezionate in questa classifica? Si tratta di Alice Albizzati, Danila De Stefano ed Erika de Santi.
Alice Albizzati è socia fondatrice di Revaia, una società con sede a Parigi focalizzata sugli investimenti europei per la crescita sostenibile, collaborando con imprenditori orientati alla missione. Albizzati ha partecipato al finanziamento, alla strutturazione e alla supervisione di oltre 35 aziende in crescita nel corso della sua carriera. È anche membro del consiglio di amministrazione di Deepki e Hublo.
Danila De Stefano è fondatrice e CEO di Unobravo, un’azienda che sta costruendo una piattaforma completa, basata su evidenze cliniche ed empatica, per la salute mentale, accessibile a tutti. Fondata nel 2019, sono già leader di mercato in Italia con oltre 1 milione di sessioni completate, oltre 2500 psicologi al lavoro, più di 80.000 pazienti e oltre 120 dipendenti.
Erika de Santi è co-fondatrice e direttrice dell’espansione internazionale di WeRoad, una startup con sede a Milano specializzata nei viaggi d’avventura di gruppo per i millennials. Fornisce un servizio su misura per una generazione che spesso si trova a viaggiare da sola, ma che cerca esperienze iperconnesse, personalizzate e divertenti. È uno degli operatori turistici in più rapida crescita in Europa.
Un sistema Italia difficile da sradicare
Ad analizzare tali dati per F-Mag è Giovanna Voltolina, mid-cap investor internazionale con all’attivo molti investimenti di successo in PMI italiane poi rilanciate su una dimensiona nazionale ed oltre (come ad esempio Arcaplanet e Deghi) che sostiene che “date le premesse” questo è addirittura un “risultato lusinghiero”.
“Il nostro Paese – sostiene Voltolina – per limiti di burocrazia, infrastrutture e una legislazione cangiante ad ogni umore del politico di turno (si pensi soltanto al tira-molla sulle sigarette elettroniche o alla cannabis legale), scoraggia il 90% di investitori e fondi che invece riverserebbero miliardi di dollari nelle nostre PMI e aziende familiari made in Italy che sottolineo con forza sono la vera forza inespressa del nostro paese sul quale puntare, anziché promettere aiuti di Stato per il sostegno delle imprese, cui pochi ormai credono”.
Le PMI rappresentano oltre il 90% del tessuto produttivo italiano, quelle di tipo familiare rappresentano il 65% del totale e l’85% circa delle PMI. Le statistiche mostrano che solo una piccola percentuale di imprese familiari sopravvive alle generazioni successive, e l’incidenza delle donne nei ruoli decisionali rimane scarsa e stagnante da anni.
Anche il recente Osservatorio AUB evidenzia come solo il 37,6% delle imprese ha una quota femminile superiore al 33% “che è comunque pochissimo – evidenzia Voltolina – ma soprattutto è un dato pressochè immutato da 10 anni“. “Non stupiamoci dunque – conclude l’investor – della fotografia EuStartups”. Questo quadro allarmante, sottolinea Voltolina, viene ulteriormente evidenziato dalla recente ricerca di EuStartups.
In un contesto in cui la promessa di aiuti di Stato per le imprese incontra sempre meno credito, Voltolina sollecita un maggiore supporto e fiducia verso le future generazioni di imprenditori, specialmente le donne, per garantire la sostenibilità e la crescita del tessuto imprenditoriale italiano: “Le cifre oggi ci dicono che stima che solamente il 20% delle imprese familiari sopravvive alla seconda generazione, solo il 13% arriva alla terza generazione e solo 4 su 100 aziende italiane arrivano alla quarta generazione, dato aggravato dal fatto che se i capi azienda si fidano poco della loro stirpe, meno ancora se questa è donna”.