Gli italiani hanno paura dell’intelligenza artificiale? Forse sì, quando si tratta di stipendi
Una ricerca IPSOS / Kelly confermerebbe un Paese intimorito dall'escalation dell'AI generativa: spaventano la chiusura di attività o la riduzione delle ore lavorate.
Più della metà degli italiani avrebbe paura dell’intelligenza artificiale, almeno quando questa è correlata al lavoro e all’impatto che potrebbe avere sulla vita dei lavoratori del Belpaese.
Lo sostiene una ricerca targata IPSOS e commissionata dalla società di head hunting Kelly volta a comprendere e analizzare come l’IA stia avendo (e avrà) ripercussioni sulla situazione italiana. L’indagine è stata effettuata su un esiguo ma rappresentativo campione di italiani over 16 anni (intorno alle mille unità). Cosa spaventa maggiormente gli italiani di questa escalation di algoritmi talmente performanti da sembrar vivere di vita propria?
Stipendi e posti di lavoro, la minaccia dell’IA
Il 53% degli italiani intervistati si dice preoccupato che l’Intelligenza Artificiale possa influire sugli stipendi in quanto, per molti potrebbe ridurre le ore lavorate con una conseguente diminuzione dello stipendio; c’è però anche una quota di cittadini che prevede, a parità di retribuzione, un aumento delle ore di lavoro – a causa della necessità di supervisionare le attività svolte dall’AI. Di fatto, questa sarebbe la cristallizzazione di un modello di lavoro italiano che in alcuni settori rischia di essere ancora legato alle ore/lavoro in maniera quasi obsoleta. Una situazione che aprirebbe a una totale revisione anche dell’impianto normativo attualmente ancora vincolato a orari e presenze.
“Proprio sui questo delicato argomento, ovvero il compenso dei lavoratori – commenta Cristian Sala, country manager di Kellly Italia – risulta evidente dalla ricerca come per quasi 7 italiani su 10 l’AI creerà un ancora maggiore frattura retributiva, andando così ad acuire le disuguaglianze già presenti. In particolare, osserviamo come il livello di scolarità, più o meno elevato, farà da spartiacque nelle retribuzioni, più che l’età, il genere o la collocazione geografica. Il 60% di coloro che sono convinti che l’AI porterà a un aumento delle disparità tra stipendi prefigura che questa differenza si manifesterà proprio tra persone più o meno istruite”.
Un punto di vista, quindi, che gli italiani hanno sull’AI non particolarmente idilliaco quello che si evince dallo studio IPSOS / Kelly che mette, inoltre, in evidenza come il 68% del campione intervistato sia molto/abbastanza d’accordo con il fatto che l’AI causerà una riduzione del personale nelle aziende, mentre il 55% molto/abbastanza d’accordo che causerà addirittura la chiusura di attività e che a beneficiare dell’AI siano soprattutto le aziende più grandi e strutturate a discapito di quelle più piccole (71% molto/abbastanza d’accordo).
Non solo male
D’altro canto, gli italiani vedono anche risvolti positivi dall’introduzione dell’AI in ambito lavorativo. In particolare, il 63% è molto/abbastanza d’accordo che l’Intelligenza Artificiale porterà allo sviluppo di nuove professioni e professionalità che debbano gestire e supervisionare le attività che verranno poi svolte dall’AI, ma anche che ci sarà più tempo da dedicare alle mansioni complesse mentre le attività più ripetitive potranno essere gestite tramite l’Intelligenza Artificiale (71% molto/abb. d’accordo), così come ci sarà più efficienza e produttività (65% molto/abb.d’accordo) e maggiore sicurezza per le mansioni più rischiose (61% molto/abb. d’accordo).
Emerge, inoltre, che il 73% degli italiani intervistati si ritiene molto/abb. d’accordo che le aziende dovranno necessariamente provvedere a una adeguata formazione dei dipendenti.
“Proprio su quest’ultimo punto – sottolinea Cristian Sala, country manager di Kelly Italia – dalla ricerca si può vedere come ben il 63% degli italiani intervistati sia convinto che una adeguata formazione debba essere necessariamente data dalle aziende a tutti i lavoratori, indipendentemente che la loro mansione sia in ambito tecnologico. Non è un caso che, infatti, il 57% del campione è d’accordo con il fatto che è importante essere ben informati sul funzionamento dell’AI in modo tale da poterla controllare e comprendere se sta eseguendo correttamente il compito assegnato. La formazione diventa anche strumento di rassicurazione davanti ad un fenomeno che per molti rivoluzionerà, in tempi più o meno lunghi, non solo la vita lavorativa ma anche quella personale”
La necessità di una regolamentazione
Un altro aspetto interessante che lo studio IPSOS/Kelly ha rivelato riguarda l’impatto dell’AI nella socialità sul posto di lavoro. In particolare, se per 4 italiani su 10 l’Intelligenza Artificiale porterà a un maggiore isolamento dai colleghi poiché non ci sarà più bisogno del confronto umano, un’analoga quota ritiene che, invece, l’AI potrà essere d’aiuto nel connettere persone che parlano lingue diverse, così come chi lavora in diverse sedi/uffici. Concorde, invece, con quasi l’80% del campione, sull’auspicio che l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale venga regolamentato dal Governo di ciascun Paese all’interno di un quadro legislativo internazionale che imponga il rispetto tassativo delle normative.