Economia

In Italia solo un lavoratore su tre è soddisfatto della sua posizione

La ricerca MAW dice inoltre che per il 45% degli intervistati la carriera non è importante, e anche per il restante 55% ci sono altre priorità come famiglia e vita privata.

In Italia solo tre persone su dieci si dichiarano pienamente soddisfatte della propria posizione lavorativa e circa una su due si sente abbastanza apprezzata e stimata sul posto di lavoro. Sono tra le principali evidenze di “Le nuove lenti per il mercato del lavoro”, una ricerca firmata MAW, l’agenzia per il lavoro e parte di W-Group. Questa indagine è stata condotta su un campione di oltre 2.600 lavoratori in tutta Italia, con l’obiettivo di indagare i bisogni, desideri e priorità dei lavoratori italiani in un momento di grandi sfide per il settore e per fornire alle imprese uno strumento utile ad affrontare l’incremento del mismatching tra domanda e offerta di lavoro.

I partecipanti all’indagine, con una suddivisione di genere del 46% tra uomini e il 50% tra donne (il 4% preferisce non specificarlo), avevano un’età media di 37 anni. La maggioranza di loro (88%) lavorava da almeno un anno e proveniva da una vasta gamma di settori, tra cui metalmeccanica, alimentare, servizi, commercio, chimica, gommaplastica, PA, trasporto e multiservizi. Inoltre, la maggior parte (62%) lavorava in aziende con oltre 50 dipendenti.

La ricerca ha evidenziato che gli aspetti più importanti per i dipendenti sul posto di lavoro sono uno stipendio adeguato (76%) e un ambiente lavorativo piacevole (56%). La crescita professionale è un fattore chiave per il 40% dei lavoratori intervistati, seguito dal carico di lavoro adeguato, che è rilevante per il 37%. Inoltre, un dato significativo è che il 33% dei dipendenti ha dichiarato di voler lavorare con bassi livelli di stress.

Lo studio ha anche rivelato che la carriera è molto importante per il 55% degli intervistati, tuttavia viene considerata una priorità inferiore rispetto ad altri aspetti personali come la famiglia (28%), la realizzazione personale (23%) e la vita privata in generale (15%). Inoltre, la carriera è considerata di maggior importanza per la Generazione Z (25%) rispetto alla fascia d’età compresa tra i 35 ei 50 anni (12%).

Nella ricerca sono stati esplorati anche i benefit aziendali. Si è riscontrato un parziale scollamento tra l’offerta dei datori di lavoro e le preferenze dei dipendenti in termini di benefit. Il 38% dei partecipanti ha affermato di non ricevere alcun tipo di benefit. Tra i benefit più diffusi figurano i buoni pasto (31%), i pacchetti di welfare (25%) e i corsi di formazione (21%), mentre solo il 9% degli intervistati ha affermato che viene concesso lo smart working.

I dipendenti hanno elencato i benefit più ambiti, tra cui il bonus in denaro (54%), i buoni pasto (33%) e i corsi di formazione (22%). Inoltre, il 16% degli intervistati ha espresso il desiderio di poter lavorare in modalità smart working, soprattutto i dipendenti delle grandi aziende, mentre i lavoratori delle piccole imprese hanno mostrato un maggiore interesse per la formazione.

Secondo i risultati dell’indagine, le relazioni sul luogo di lavoro sono fondamentali, e i colleghi sono considerati un elemento insostituibile. In effetti, il rapporto con i colleghi è una delle principali ragioni (31%) per cui i lavoratori decidono di restare nel loro attuale posto di lavoro. Altre ragioni includono la vicinanza dell’ufficio (30%), la libertà di organizzazione e il bilanciamento vita-lavoro (entrambe scelte dal 16%).

Il rapporto con il superiore gerarchico influisce fortemente sul benessere e l’atmosfera lavorativa. In generale, si registra una relazione positiva con questa figura: per il 37% dei dipendenti questa relazione è caratterizzata da fiducia, mentre per il 35% è di amicizia. È interessante notare che il 31% ritiene che il rapporto possa migliorare, mentre una minoranza (10%) lo considera stressante. Inoltre, il rapporto con il superiore migliora o peggiora in base all’età: la Generazione Z ha un rapporto più amichevole e stimolante con il proprio superiore, mentre altre fasce di età (25-34 e 35-50 anni) ritengono che ci sia spazio per miglioramenti.

La ricerca ha identificato anche le migliori caratteristiche che un leader dovrebbe avere: ascoltare (26%), valorizzare i talenti (19%), dare fiducia (17%) e stimolare il lavoro di squadra. Oltre il 60% delle persone intervistate non ha lasciato il proprio “miglior” datore di lavoro, ovvero colui o colei che incarnava tutte queste caratteristiche. Solo il 13% di coloro che sono usciti dalla suddetta azienda è stato influenzato dal fallimento dell’azienda stessa o dall’impossibilità di fare carriera (10%).

Secondo i dati dell’indagine, coloro che hanno deciso di cambiare lavoro almeno una volta nella loro vita professionale l’hanno fatto perché si sentivano sfruttati (22%), non valorizzati (19%), non si trovavano bene con il proprio superiore (16%) o perché affrontavano carichi di lavoro eccessivi che compromettevano il bilanciamento tra vita e lavoro (16%).

Solo il 14% del campione ha dichiarato di essere insoddisfatto della decisione di cambiare lavoro. Di questa percentuale, solo il 4% tornerebbe al lavoro precedente, mentre il restante 10%, nonostante l’insoddisfazione, non ripercorrerebbe i propri passi.

Nel processo di scelta di un nuovo lavoro, la tipologia di contratto offerto è stata considerata dal 54% come un fattore importante, seguita dalla vicinanza a casa (48%), la flessibilità degli orari (45%) e la possibilità di crescita professionale (39%). Questi aspetti sono stati valutati dai lavoratori italiani come determinanti nelle decisioni di cambiare o accettare un nuovo lavoro.

Questa ricerca fornisce importanti informazioni sulle priorità e le esigenze dei lavoratori italiani, evidenziando quanto l’equilibrio tra vita privata e lavorativa, un buon clima lavorativo e il riconoscimento e la valorizzazione da parte dell’azienda siano fattori cruciali per la soddisfazione e la permanenza dei dipendenti.

Secondo Federico Vione, CEO di MAW e W-Group: “Lo scopo di questa analisi è quello di fornire un quadro delle reali priorità e necessità delle persone rispetto alla propria vita lavorativa. I risultati guidano meglio noi nella valorizzazione dei talenti, ma possono essere d’ispirazione anche per stimolare un dibattito più ampio, che può aiutare anche i decisori a orientarsi nelle politiche più urgenti relative al mondo del lavoro. Dall’analisi emerge che i lavoratori non cercano solo un posto di lavoro, ma qualcosa di più, ed è fondamentale per le aziende chiedersi se i propri dipendenti si sentano quindi sufficientemente coinvolti nei processi di crescita aziendale. Leggendo i dati, infatti, prendiamo atto che la carriera viene dopo la vita personale nella scala delle priorità e per quasi la metà del campione non è un aspetto di primaria importanza. I lavoratori coinvolti ci hanno raccontato, poi, l’importanza dell’aspetto salariale, che naturalmente continua ad essere al primo posto quando si cambia lavoro, ma anche del benessere sul luogo di lavoro: più di sei persone su dieci non lasciano i datori di lavoro che sanno valorizzarli e un buon rapporto con i colleghi è determinante nella scelta di non lasciare il proprio posto di lavoro. Tutti questi aspetti, insieme a quelli del welfare e della formazione, vanno necessariamente presi in considerazione quando parliamo dell’evoluzione del mondo del lavoro, perché alla base di tutto ci sono sempre le persone.”

Redazione

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