Pace fiscale, De Lise tra Salvini e Ruffini: “La ragione è nel mezzo”
Il sistema fiscale italiano è al centro di un acceso dibattito sulla necessità di introdurre una pace fiscale o di perseguire riforme strutturali per affrontare i veri limiti del sistema. In questa disputa, tra le voci che si levano in maniera autorevole e interessata, c’è quella di Matteo De Lise, presidente dell’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili. Quest’ultimo, in qualità di rappresentante dei primi operatori economici e fiscali del Paese, mette in luce l’insostenibilità del fisco italiano rispetto alle necessità nazionali e l’eccessivo carico fiscale che grava sui contribuenti.
De Lise sottolinea che è essenziale ridurre la pressione fiscale e, allo stesso tempo, diminuire le spese accessorie, le sanzioni e gli interessi. Questi fattori, infatti, incidono pesantemente sui bilanci delle aziende e dei cittadini italiani. Un sistema di tassazione ingiusto ed eccessivamente oneroso rischia di scoraggiare gli investimenti, danneggiando le imprese e compromettendo la crescita economica.
La controversia, tuttavia, non si limita a un semplice scontro tra opposte visioni. De Lise sostiene che entrambe le parti hanno ragione in parte. Da un lato, il vicepremier Salvini giustamente ritiene fondamentale liberare gli italiani dai piccoli debiti accumulati nel tempo, spesso a causa di difficoltà economiche. Questi debiti, ormai insolubili, diventano un peso insostenibile per i cittadini e rappresentano un’ingiustizia sociale. Dall’altro lato, il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ruffini, ha ragione nel considerare la lotta all’evasione fiscale come un atto di giustizia verso coloro che onestamente pagano le tasse. Pertanto, l’idea di un condono fiscale sarebbe inappropriata.
Nonostante le buone intenzioni, le soluzioni adottate finora non hanno ottenuto i risultati sperati. I dati dell’Agenzia delle Entrate mostrano che le operazioni di rottamazione delle cartelle esattoriali avviate tra il 2016 e il 2018 hanno incassato solo una frazione di quanto ipotizzato, indicando una certa inefficacia nell’azione intrapresa. Anche il meccanismo del Saldo e Stralcio ha portato a risultati deludenti. Mentre il governo prevedeva un incasso di 1,3 miliardi di euro, solo 700 milioni sono stati effettivamente riscossi da circa 400mila contribuenti.
Inoltre, il contesto attuale delle imprese è caratterizzato da un’alta incertezza e rischio creditizio. Casi come questi, insieme all’incapacità del sistema fiscale di adattarsi alle esigenze degli operatori economici, richiedono un approccio più strutturale e organico.
De Lise sostiene che occorrono riforme profonde e durature nel sistema di riscossione fiscale. Le misure adottate finora si sono rivelate limitate, non coinvolgendo la maggioranza dei contribuenti e non risultando utilizzabili da coloro che avrebbero beneficiato maggiormente di esse. Ad esempio, la rottamazione dei ruoli avrebbe dovuto portare entrate nelle casse dello Stato e nel contempo favorire il recupero dei debiti da parte dei contribuenti morosi. Tuttavia, la mancanza di flessibilità nei pagamenti ha vanificato l’efficacia di tale provvedimento.
In conclusione, è necessario raggiungere un accordo che consideri i numeri e le reali necessità del Paese. Una pace fiscale superficiale e temporanea potrebbe non essere sufficiente per affrontare la complessità dei problemi fiscali italiani. Al contrario, riforme strutturali che tengano conto delle esigenze dei contribuenti e delle imprese, insieme a un sistema di riscossione più equo ed efficiente, potrebbero essere la chiave per una soluzione più durevole e sostenibile nel tempo. Solo attraverso un dialogo costruttivo e una riflessione attenta è possibile gettare le basi per un sistema fiscale italiano più giusto ed equilibrato.