Economia

Italia più attrattiva per gli investimenti stranieri: segna +17% e supera Germania, Francia e UK

L'Italia, secondo l'ultimo report di EY, si trova in una situazione di vantaggio rispetto ai "colleghi" europei: il Bel Paese ha registrato un aumento del 17% degli investimenti stranieri ed è riconosciuta come uno dei principali mercati di consumo in Europa.

Unstoppable Italy. L’Italia, il Bel Paese, diventa una nazione sempre più attrattiva per gli investimenti degli stranieri e questo è un trend positivo che, secondo le stime, non accenna a fermarsi.

Nel 2022, infatti, in Europa la nostra nazione ha “sbancato” gli investimenti diretti esteri, con la realizzazione di 243 progetti, segnando un +17% rispetto all’anno precedente e superando in termini percentuali le “rivali” Germania, Francia e Regno Unito. Ma vediamo insieme il dettaglio.

Italia sempre più attrattiva per i flussi IDE

Secondo la ricerca effettuata da EY, Europe Attractiveness Survey 2023, l’Italia si trova in una posizione di vantaggio rispetto ai partner europei: lo studio, infatti, analizza l’andamento degli investimenti diretti esteri in Europa e le percezioni di investitori, rappresentanti istituzionali e opinion leader locali e internazionali, con l’obiettivo di misurare il livello di attrattività di ciascun Paese, individuare i driver di investimento futuri e le principali criticità.

Nel corso dell’anno 2022 il Bel Paese ha registrato un aumento del 17% degli investimenti, dato che va a scontrarsi con quello registrato in particolare da Germania, Francia e Regno Unito che, sebbene detengano la maggior parte dei flussi di investimenti dovuti a capitali esteri (insieme, circa il 50% dell’intera Eurozona) lo scorso anno hanno registrato performance ben al di sotto delle aspettative: Germania -1%; Regno Unito: -6%;Francia: +3%.

I flussi IDE registrati – acronimo che sta per Investimenti Diretti Esteri (Foreign Direct Investments, FDI in inglese), rappresentano infatti gli investimenti realizzati da un soggetto straniero in un Paese diverso da quello di residenza, con l’obiettivo di stabilire un controllo duraturo su un’azienda o su un’attività economica in quel Paese.

Apriamo una parentesi: i flussi di investimenti diretti esteri coinvolgono una serie di operazioni, come l’acquisizione di partecipazioni azionarie di imprese locali, la creazione di nuove filiali o società controllate all’estero, o l’investimento in progetti specifici in un Paese ospitante. L’investitore estero diventa quindi direttamente coinvolto nella gestione e nel controllo delle attività economiche nel Paese di destinazione.

Questi flussi di investimenti possono provenire da imprese multinazionali, società di private equity, fondi di investimento o investitori individuali, e possono riguardare diversi settori economici, come manifatturiero, servizi, tecnologia, energia, turismo e molti altri. Proprio per questo motivo, gli investimenti esteri sono considerati una componente importante del processo di globalizzazione economica, poiché favoriscono la creazione di legami economici e commerciali tra Paesi diversi, promuovono lo sviluppo economico, trasferiscono conoscenze e tecnologie, generano occupazione e contribuiscono alla crescita delle economie ospitanti.

“L’Italia continua a essere attrattiva, anche in un anno in cui le difficoltà economiche e finanziarie, insieme alle crisi geopolitiche, hanno avuto un impatto sugli investimenti diretti esteri in Europa – commenta Massimo Antonelli, ceo EY Italy e chief operating officer Ey Europe West -. Se il continente registra un incremento modesto dell’1,4% rispetto al 2021, l’Italia si posiziona tra i primi dieci Paesi europei per numero di progetti: un segnale di fiducia nei confronti del Sistema Paese.

Tuttavia, la quota di mercato detenuta dall’Italia resta pressoché stabile al 4%, nonostante sia la quarta economia europea dopo Germania, Regno Unito e Francia, che detengono invece rispettivamente il 14%, 16% e il 21% degli Ide registrati a livello europeo. Ciò significa che possiamo crescere ancora molto. L’opportunità offerta dal Pnrr e la tenacia dimostrata dal tessuto imprenditoriale italiano possono essere alla base di nuove strategie di crescita nel medio e lungo periodo”.

Quali sono i settori di maggiore interesse?

Per gli investitori stranieri, i flussi si concentrano maggiormente nei servizi b2b e nel comparto It, con il 19% e il 16% degli Ide totali dell’anno. Risultano, invece, in calo trasporti e logistica, che segnano un decremento del 4% rispetto al 2021.

In generale, comunque, Italia è considerata una nazione attrattiva per gli investimenti stranieri ed è riconosciuta come uno dei principali mercati di consumo in Europa: il 68% degli investimenti è infatti volto al posizionamento sul mercato locale; mentre il 32% degli investimenti è guidato dalle competenze e dal know-how locale. In linea con il trend degli anni passati, i Paesi che hanno investito maggiormente in Italia nel 2022 sono: Stati Uniti (21%), Francia (14%, superando la Germania), Regno Unito (14%) e Germania (11%). Si conferma il trend del friendshoring, ossia la tendenza a investire in aree geografiche con cui sono in essere buone relazioni, consolidate e di lungo periodo.

Per quanto riguarda la distribuzione delle risorse sul territorio nazionale, gli investimenti in Italia sono per lo più concentrati nelle regioni del Nord-Ovest (57%), dove si trovano alcuni dei distretti industriali più attrattivi (ad es. meccanica, tessile, pelletteria, design, automotive), secondo il report EY.

A seguire il Centro Italia (16%) e il Nord-Est (12%). Positiva la crescita degli investimenti destinati al Meridione (dal 10% al 15% del totale).

Pregi e difetti dell’Investire in Italia:

Investire in Italia comporta una serie di pregi e difetti: da una parte, una serie di incentivi fiscali e agevolazioni per gli investimenti esteri, al fine di attrarre capitali stranieri e promuovere lo sviluppo economico. Questi incentivi includono deduzioni fiscali, agevolazioni per la ricerca e lo sviluppo, sgravi fiscali regionali e programmi di sostegno specifici per determinati settori.

D’altro canto, sappiamo bene che il Paese si scontra con una burocrazia complessa, un sistema giudiziario lento e una pressione fiscale elevata, malgrado gli sforzi degli ultimi anni per tentare di migliorare la situazione.

“Sebbene il rallentamento della crescita in Europa, il livello di debito pubblico e l’andamento crescente dei tassi di interesse stiano influenzando le strategie di investimento in Italia, i player di mercato mantengono un moderato ottimismo – osserva Marco Daviddi, strategy & transactions markets leader Europe West e strategy & transactions leader Italy di Ey -. Il 54% delle imprese intervistate ha intenzione di investire in Italia nei prossimi dodici mesi e il 57% ritiene che l’Italia migliorerà la propria attrattività nei prossimi tre anni”.

Infatti, il 35% degli investitori intervistati (rispetto al 70% del 2021) ritiene che la principale area su cui i policymaker italiani dovrebbero intervenire sia la riduzione dell’imposizione fiscale su consumatori e imprese, seguito dalla diminuzione del costo del lavoro (34%).

Emergono, tra le aree su cui indirizzare politiche attive a supporto dell’attrattività, il miglioramento della qualità della vita, lo sviluppo sostenibile dei sistemi urbani e il supporto ai processi di innovazione. La dimensione del mercato italiano rappresenta per il 65% del campione intervistato il principale driver che spinge gli investitori a stabilire una presenza diretta nel Paese, al fine di indirizzarsi ai consumatori.

Anche il limitato grado di concorrenza in alcuni settori dell’economia nazionale rispetto ad altri Paesi europei, spesso caratterizzati dalla presenza di imprese di maggiori dimensioni, è percepito come un incentivo a investire in Italia per il 57% degli intervistati. Vincoli burocratici (64%) e incertezza politica e regolatoria (55%) sono gli elementi che, al contrario, disincentivano maggiormente gli investitori.

L’Italia è promossa dagli investitori per l’impegno su tematiche Esg, incentivi all’innovazione tecnologica e formazione del capitale umano. In particolare, più del 50% degli investitori ritiene che l’Italia abbia una quota di fonti rinnovabili nel mix di energia prodotta superiore agli altri Paesi europei (ad esclusione di Regno Unito e Portogallo, che in questo ambito hanno un posizionamento superiore). Italia, Regno Unito e Francia sono i Paesi con la miglior tutela della proprietà intellettuale percepita a livello europeo; infine, per il 52% degli intervistati l’Italia è sopra la media europea nel promuovere una cultura aziendale flessibile e inclusiva.

Federica Colucci

Napoletana, classe 1990, Federica Colucci è giornalista, HR e communication specialist. Già responsabile della comunicazione dell'Assessorato al Lavoro e alle Politiche Sociali del Comune di Napoli, ha come expertise i temi del lavoro, del welfare e del terzo settore. È l'anima e la coordinatrice di F-Mag.

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