Economia

BCE sulla scia della FED verso nuovi rialzi. L’Italia? Per UBS “il vero impatto ancora deve verificarsi”

"Le dichiarazioni delle banche centrali devono comunque essere contestualizzate. Esse influiscono sull’andamento della curva dei tassi d’interesse e quindi sui tassi a lungo termine. Dichiarazioni accomodanti diluirebbero l’impatto delle attuali politiche monetarie restrittive e la banca centrale deve quindi mantenere ufficialmente la propria linea. Ma il rischio di rialzi eccessivi è concreto".

La BCE – Banca Centrale Europea – molto probabilmente continuerà a seguire la FED (Federal Reserve) americana. Per questo motivo, gli esperti del settore sono abbastanza certi che domani vi sarà un nuovo rialzo nei tassi di interesse di almeno 25 punti base (lo 0,25%).

Le prospettive per l’economia

Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer Ubs Wm Italy, sostiene che le prospettive per l’economia sono ancora incerte: “Nelle nostre attese, il picco dei tassi d’interesse per la zona euro potrebbe essere raggiunto al 3,5% entro giugno, ma successivamente il rallentamento economico e un sensibile razionamento del credito dovrebbero far propendere per una pausa”.

Gli aumenti dei tassi d’interesse dell’ultimo anno, sottolinea,

“hanno cominciato a frenare i settori ad alta intensità di capitale e leva finanziaria, tra i quali spiccano immobiliare e costruzioni, ma l’impatto dei rialzi già operati deve ancora manifestarsi appieno a livello economico.

Spesso un ciclo di consistenti rialzi dei tassi viene seguito da qualche incidente sui mercati finanziari e, in effetti, nelle ultime settimane si sono manifestati diversi effetti collaterali. I tassi più elevati hanno avuto ramificazioni per le banche americane e il mercato immobiliare (soprattutto nel nord Europa) e ci saranno ricadute inevitabili per l’economia reale”.

Ma quali sono le prospettive per il futuro dell’economia? Da inizio anno i rendimenti del mercato obbligazionario, rileva, “sono stati estremamente volatili. Prima l’inflazione è scesa più rapidamente del previsto, comprimendo i rendimenti, ma poi diversi dati economici superiori alle aspettative hanno fatto pensare alla necessità di ulteriori rialzi; infine le crisi bancarie e un rallentamento economico hanno riportato giù i rendimenti”.

E l’inflazione?

L’inflazione, secondo l’analista, sta scendendo rapidamente grazie alla contrazione dei prezzi dell’energia.

Tuttavia – ed è questo che desta preoccupazioni – la Bce “si concentra sull’inflazione ‘core’ (depurata dell’energia), che scende più lentamente e a marzo era al 5,7%. L’economia della zona euro si è dimostrata più robusta del previsto nel primo trimestre ma la crescita si è assottigliata e in Germania il pil è rimasto invariato rispetto all’ultimo trimestre dello scorso anno. Le turbolenze registrate dal settore bancario negli Stati Uniti e in Svizzera non dovrebbero avere impatti diretti, ma potrebbero comunque portare a un atteggiamento più prudente anche nella zona euro per quanto riguarda la concessione di credito”.

La Bce, aggiunge Ramenghi, “sembra però avere divisioni diverse al suo interno tra i Paesi del nord, che continuano a chiedere rialzi più consistenti in considerazione dell’elevata inflazione, e gli altri, che si concentrano sul trend di discesa e sulle crescenti nubi economiche. Le dichiarazioni delle banche centrali devono comunque essere contestualizzate. Esse influiscono sull’andamento della curva dei tassi d’interesse e quindi sui tassi a lungo termine. Dichiarazioni accomodanti diluirebbero l’impatto delle attuali politiche monetarie restrittive e la banca centrale deve quindi mantenere ufficialmente la propria linea. Ma il rischio di rialzi eccessivi è concreto”.

Rialzi eccessivi e Titoli di Stato italiani: quali effetti?

I titoli di Stato italiani, sottolinea l’analista,

“non hanno risentito particolarmente di queste preoccupazioni, perché il contesto attuale in realtà favorisce la riduzione dei rapporti d’indebitamento: i rendimenti più alti incidono sul costo dell’indebitamento solo per il nuovo debito emesso, mentre il denominatore del rapporto d’indebitamento è il pil nominale, che incorpora buona parte dell’inflazione.

Inoltre, l’economia continua a sorprendere in positivo, anche nel primo trimestre di quest’anno è crescita di mezzo punto percentuale battendo le stime degli economisti. Tuttavia, la discesa dell’inflazione il prossimo anno e l’impatto cumulato dei tassi d’interesse più elevati possono rendere più sfidante la riduzione dell’indebitamento, soprattutto se non si riuscirà a sfruttare appieno il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che vede l’Italia come principale beneficiario, almeno sulla carta, del Recovery Fund dell’Unione europea”.

Tatticamente, sottolinea Ramenghi,

“vediamo buone opportunità nel campo obbligazionario, dove i rendimenti sono ai massimi da 15 anni e lo scenario d’inflazione in ritirata suggerisce di bloccare i rendimenti attuali. I tassi saliranno ancora marginalmente, ma con tutta probabilità, anche in considerazione dell’andamento demografico nelle economie avanzate, tra qualche anno i rendimenti attuali verranno considerati elevati.

Le obbligazioni corporate investment grade e i titoli di Stato di alta qualità offrono buoni rendimenti e in aggiunta possono rappresentare un cuscinetto in caso di un rallentamento economico più marcato, perché un eventuale taglio dei tassi ne aumenterebbe il valore di mercato”.

Romolo Napolitano

Giornalista professionista dal 2011 è stato, non ancora trentenne, caporedattore dell’agenzia di informazione videogiornalistica Sicomunicazione. Ha lavorato 3 anni negli Stati Uniti in MSC. Al suo ritorno in Italia si è occupato principalmente di uffici stampa e comunicazione d'impresa. Attualmente è giornalista, copywriter e videomaker freelance. Si occupa, tra le altre cose, di tecnologie, nautica e sociale.

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button