Ripensare la cultura d’impresa per contrastare l’aumento delle dimissioni: la proposta di De Lise
“I lavoratori cercano well-being, sostenibilità e work-life balance; abbandonano il posto di lavoro senza il paracadute degli ammortizzatori sociali e senza la certezza di una nuova collocazione. Occorre dunque supportare le imprese nella nascita di una nuova cultura lavorativa, più flessibile, e di incarichi professionali più soddisfacenti".
Ripensare la cultura d’impresa per porre un freno al fenomeno delle “grandi dimissioni”. Anche se per molti questa fase sembra ormai passata – in favore di una più “normalizzata” accettazione e pacificazione del modello lavorativo italiano – il problema della carenza di personale esiste ed è concreto: come racconta il Presidente dell’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili Matteo De Lise,
“In Italia nel 2022 le dimissioni, secondo i dati del Ministero del Lavoro, sono aumentate del 13,8 per cento rispetto all’anno precedente. La fascia di età maggiormente coinvolta è quella tra i 26 e i 35 anni. E l’Osservatorio HR del Politecnico di Milano avverte che il tasso di turnover nelle imprese è aumentato del 73 per cento.
Una fluidità del mondo del lavoro non ancora pienamente compresa dalle istituzioni, che non indagano sugli aspetti qualitativi del fenomeno, azionando leve quantitative e legate al reddito che non risolvono la problematica.
Per le imprese è un aspetto rilevante e ci auguriamo che questa possa esser sull’agenda del Consiglio Nazionale, che invece non ha attivato alcuno strumento presso il Ministero del Lavoro o l’Inps, nonostante alcune convenzioni attive e il fatto che l’Istituto si riunisca periodicamente con altre categorie professionali”.
Dimissione e cultura d’impresa: cosa va cambiato?
Facciamo un passo indietro. Il fenomeno delle “grandi dimissioni” è stato catalizzato e accelerato dalla pandemia da Coronavirus, che ha implicato cambiamenti significativi nelle priorità e nelle prospettive dei lavoratori: molte persone, infatti, hanno preso in considerazione nuove prospettive di lavoro che offrono maggiori opportunità di lavoro da remoto, maggiore flessibilità e una migliore qualità della vita (il così detto bilanciamento vita-lavoro),
Secondo alcuni studi, i fattori che stanno spingendo i lavoratori a lasciare il proprio lavoro includono infatti il desiderio di una maggiore flessibilità lavorativa, il bisogno di una maggiore retribuzione, la ricerca di un lavoro più gratificante o significativo, e il desiderio di un ambiente di lavoro più sano e più equilibrato.
Lo sciame di dimissioni che sta investendo le imprese, è la convinzione di De Lise, non ha motivazioni economiche:
“I lavoratori cercano well-being, sostenibilità e work-life balance; abbandonano il posto di lavoro senza il paracadute degli ammortizzatori sociali e senza la certezza di una nuova collocazione. Occorre dunque supportare le imprese nella nascita di una nuova cultura lavorativa, più flessibile, e di incarichi professionali più soddisfacenti.
Anche la riduzione dell’IRES nella recente Legge Delega rischia di non sortire effetti, in quanto i datori di lavoro potrebbero non trovare più risorse umane disponibili ad esser integrate, o quantomeno a trattenerle per tempi idonei”.
Massimiliano Dell’Unto (consigliere della Fondazione Centro Studi Ungdcec) sottolinea come ormai
“La great resignation ha messo ormai sotto la lente di ingrandimento la forte difficoltà del management delle imprese nel motivare, coinvolgere e trattenere le risorse umane in azienda.
La Legge delega dovrebbe guardare all’inserimento nelle imprese di forme di temporary management che contribuiscano a stimolare e realizzare il percorso evolutivo di cultura interna aziendale.
Occorre alzare lo sguardo e provare a decidere dove saremo in futuro e non evitare semplicemente l’ostacolo che ci attende oggi”.
Di questi e altri temi legati alla Legge Delega per la riforma fiscale si occuperà il 60° Congresso Nazionale dell’Ungdcec, in programma a Palermo i prossimi 27 e 28 aprile, al quale parteciperanno alcuni dei principali studiosi della materia, autorità politiche e della società civile.