Economia

Redditi lordi: il 76% degli italiani non supera 30k

La fotografia ISTAT 2020: il 50% circa degli italiani è tra 10mila e 30mila euro, il 25% circa sotto i 10mila euro annui. I paperoni con stipendi da oltre 70mila euro sono il 3,7%

La fotografia ISTAT è relativa all’anno 2020, il primo in piena pandemia: il 50% circa degli italiani ha un reddito lordo individuale (al netto dei contributi sociali) tra 10mila e 30mila euro, il 25% circa sono sotto i 10mila euro annui, mentre i paperoni con stipendi da oltre 70mila euro sono il 3,7% sulla cifra totale.

L’indagine “Reddito e condizioni di vita” restituisce di nuovo un quadro non certo incoraggiante del Belpaese.

Un Paese che non se la passa(va) bene

Il 2020 è stato un anno di contrazione, secondo il rapporto dell’Istituto di statistica. Il reddito medio da lavoro autonomo, al lordo delle imposte e dei contributi sociali, è pari a 24.885 euro annui, con una riduzione del 5,9% rispetto al 2019. Il reddito netto a disposizione del lavoratore autonomo raggiunge il 68,5% del totale (17.046 euro): le imposte rappresentano il 14,1% del reddito lordo e i contributi sociali il 17,4%.

“Il sistema fiscale e redistributivo – spiega l’ISTAT nell’indagine – consente di ridurre la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi di 4,2 punti percentuali, se misurata dall’indice di concentrazione di Gini (da 37,1 dei redditi familiari equivalenti lordi a 32,9 dei redditi familiari equivalenti netti), e di 1,5 punti in termini di distanza tra il quinto più ricco della distribuzione e il quinto più povero (da 7,3 dei redditi familiari equivalenti lordi a 5,9 dei redditi familiari equivalenti netti).

Non è un (solo) problema di costo del lavoro

Il 2020 invece ha rappresentato un calo (e la congiuntura pandemica del resto lo lasciava ampiamente presagire) sul cuneo fiscale e contributivo, ossia la differenza tra il costo sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta del lavoratore, che si è attestata in media a 14.600 euro. Sebbene si riduca del 5,1% rispetto al 2019, il cuneo fiscale continua a superare il 45% del costo del lavoro. I contributi sociali dei datori di lavoro costituiscono la componente più elevata (24,9%), il restante 20,6% risulta a carico dei lavoratori: il 13,9%, sotto forma di imposte dirette e il 6,7% di contributi sociali.

Va anche detto che, confrontando le variazioni a prezzi costanti intervenute nelle componenti del costo del lavoro tra il 2007 (anno che precede la prima crisi economica del terzo millennio) e il 2020, “risulta che i contributi sociali dei datori di lavoro sono diminuiti del 4%, anche per l’introduzione di misure di decontribuzioni mentre i contributi dei lavoratori sono rimasti sostanzialmente invariati, le imposte sul lavoro dipendente sono aumentate in media del 2%, mentre la retribuzione netta a disposizione dei lavoratori si è ridotta del 10%“.

Redazione

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