Economia

Le Pentole vuote tornano in piazza, Carrus (Federconsumatori): “Quest’Italia chiede aiuto”

A tu per tu con il presidente dell'associazione dei consumatori, in vista della protesta delle famiglie: "Il Governo finora si è limitato a poche misure tampone, non basta"

Il 10 giugno le pentole vuote tornano in piazza e con loro le associazioni di consumatori che hanno promosso coralmente questa iniziativa. L’appuntamento principale è quello in Capitale, a Roma in piazza SS. Apostoli, ma altre piazze di altre città si riempiranno di rabbia e stoviglie perentoriamente vuote, a simboleggiare la difficoltà di mettere finanche un piatto a tavola. Ad esempio, a Milano l’appuntamento è alle 10.00 in via Vivaio angolo corso Monforte, mentre a Napoli alle 11.00 in Piazza del Plebiscito proprio di fronte alla Prefettura.

Il senso della protesta è quello di chiedere al Governo interventi urgenti per far fronte al caro-vita che ha “avuto un impatto terrificante” sulle economie famigliari. “Le pentole vuote – spiega il presidente di Federconsumatori Michele Carrus – sono il simbolo della grande difficoltà delle famiglie, in questi mesi, a soddisfare bisogni essenziali, come mettere insieme tutti i giorni il pranzo con la cena“.

Presidente Carrus, l’ultimo rapporto Bankitalia parla di quasi una famiglia su dieci sotto la soglia di Povertà assoluta. Ed è l’ultimo indicatore in ordine di tempo della sofferenza degli italiani. Che Italia scenderà in piazza il 10 giugno? 
Abbiamo più del 9% degli italiani in condizione di povertà anche energetica, cioè quasi 6 milioni di persone che non sono in grado di illuminare o riscaldare casa, cucinare o conservare cibi al fresco, usare elettrodomestici ordinari, come forno, lavatrice o ferro da stiro. E milioni di famiglie che superano a stento metà mese, perché hanno stipendi e pensioni troppo bassi che sono stati falcidiati dagli aumenti assurdi dei beni di largo consumo e dei generi alimentari di quest’ultimo anno (cioè non dovuti alla guerra in Ucraina, che pure complica certamente molto le cose). La famiglia media italiana, secondo il nostro Osservatorio di Federconsumatori, si trova adesso a spendere oltre 2mila euro in più in un anno a causa di quest’inflazione, tornata ai livelli di 35 anni fa, intorno a un 7 per cento che sembra durerà a lungo. In pratica, due mesi di pensione (il 70% stanno sotto i mille euro al mese) e un mese e mezzo di stipendio medio sono bruciati dal carovita. Quest’Italia chiede aiuto e si aspetta, ora non quando sarà troppo tardi, interventi efficaci dal Governo, che finora si è limitato a poche misure tampone tarate sull’emergenza, come lo sgravio degli oneri fiscali sulle bollette e sui carburanti, un piccolo aumento dei beneficiari dei bonus energetici e un assegno una tantum di 200 euro ai redditi sotto i 35 mila euro annui, ma neppure a tutti per via delle modalità di concessione“.

Federconsumatori è tra i maggiori promotori della manifestazione di piazza. Quali, secondo le associazioni di consumatori, i provvedimenti che a livello centrale possono dare immediato respiro alle famiglie? E quali quelli più urgenti a livello strutturale? 
“Le associazioni dei consumatori hanno presentato il 6 aprile scorso, nella prima assemblea di tutte le organizzazioni riconosciute che si sia mai svolta in Italia, una piattaforma di proposte per calmierare i costi energetici, riformare il sistema tariffario, sostenere i soggetti più deboli con un Fondo appositamente costituito, combattere le speculazioni che hanno inciso molto sugli aumenti dei prezzi anche in settori e in modi del tutto ingiustificati, sia ad opera della finanza e delle grandi aziende delle utilities che hanno fatto enormi superprofitti, sia nei mercati di prossimità, per i quali andrebbero costituiti dei comitati territoriali di sorveglianza sull’andamento dei prezzi, sotto il coordinamento dell’Autorità, dotandola di poteri adeguati di rapido intervento. Il Governo ancora una volta non ci ha ascoltato e ha recepito soltanto in minima parte le nostre rivendicazioni. Non è possibile che le associazioni dei consumatori siano forse le uniche a non essere consultate quando si varano provvedimenti che impattano direttamente sulle tasche dei cittadini, e oggi non possiamo che rivendicare il diritto ad essere coinvolti per l’importanza fondamentale che hanno i consumatori in un’economia di mercato”.

Michele Carrus presidente federconsumatori
Il presidente di Federconsumatori Michele Carrus

Presidente Carrus, un figlio in Italia costa a ogni famiglia 640 euro. L’assegno unico e universale basta per tamponare o c’è bisogno d’altro? 
“Ma veramente un figlio costa molto di più: per esempio, per farlo laureare oggi servono tra i 120 e i 170 mila euro per un corso di studi universitario, e si tratta di una scelta indispensabile per il futuro dei nostri ragazzi, per la qualità della nostra vita democratica ma per lo stesso sviluppo economico e sociale del Paese, che richiede sempre più competenze e cooscenze, soprattutto nelle economie avanzate come la nostra. Come può dunque essere ritenuta sufficiente una misura così limitata che, inoltre, ancora bisognerà verificare se sia davvero più conveniente per le famiglie dei lavoratori che si vedranno decurtare buona parte delle detrazioni di cui godevano prima e ridurre la durata dell’assegno familiare solo fino al compimento dei 21 anni dei figli? Da noi molti si riempiono la bocca di politiche per la famiglia, anche in ossequio solo formale alla Chiesa, ma se ne praticano molte meno di altri paesi, come la Francia, ad esempio, che negli ultimi 20 anni, grazie a moderne politiche di sostegno alle famiglie sia in termini di erogazioni monetarie che di prestazioni di servizi sociali, è stata capace anche di fermare un preoccupante declino demografico che da noi appare invece molto grave, soprattutto a causa delle difficoltà economiche a cui sono esposte le giovani coppie che vogliano metter su famiglia e devono spesso rinunciarvi”.

Tornando ai consumi, quanto pesa in questo momento anche l’atteggiamento ostile degli imprenditori con annesse polemiche – su tutte quella sulla misura del Reddito di Cittadinanza – oltre al quadro complesso già a livello globale? 
“Spesso trovo davvero solo pretestuosi e perfino sfrontati certi argomenti. Siamo l’unica nazione d’Europa che ha visto ridurre costantemente e molto, negli ultimi 30 anni, il potere d’acquisto dei salari e che paga pensioni tra le più basse, anche perché tra le più tassate. Questo è stato dovuto soprattutto a una spinta competitiva giocata verso il basso da parte del nostro sistema imprenditoriale che non ha fatto altro che chiedere sempre più flessibilità e misure liberiste, trovando ahimè ascolto e acquiescienza in tanta mediocre politica, che hanno ridotto intere generazioni, ormai, alla disperazione di una precarietà perenne che brucia ogni sogno per il futuro e che comprime le stesse potenzialità espansive del nostro mercato interno, con ciò nuocendo alla stessa crescita economica complessiva e alla capacità competitiva delle aziende. Oggi non è un caso se tanti giovani si rifiutano di farsi sfruttare da troppe imprese senza scrupoli, soprattutto nelle attività caratterizzate da impieghi stagionali, e vanno a cercare di meglio altrove. E cosa succede? Che invece che interrogarsi sulla necessità di rivedere certe pratiche e certe politiche che hanno causato tutto questo, anziché scegliere la via degli investimenti e dell’innovazione e decidere, finalmente, nuovi sistemi per migliorare le condizioni retributive e i diritti già sacrificati delle persone che lavorano, molti imprenditori (non tutti, per fortuna: c’è chi avanza proposte intelligenti, come la riduzione delle tasse sui redditi da lavoro) tornano a cianciare di patti sociali per la moderazione salariale e di incentivi fiscali alle imprese da far pagare, come sempre, a Pantalone. E si scagliano contro il reddito di cittadinanza perché sottrarrebbe loro la disponibilità di manodopera da sfruttare. Non è neppure vero e, a leggere i dati, neppure esiste un maggior tasso di irregolarità in paragone ad altre prestazioni sociali, ma, se fosse vero, anche solo per questo andrebbe difeso e mantenuto! In verità lo strumento va migliorato e reso più efficiente, ma questo si fa con ponderazione e lungimiranza, non si fa per esempio a colpi di referendum ideologici contro i poveri”.

Enrico Parolisi

Giornalista, addetto stampa ed esperto di comunicazione digitale, si occupa di strategie integrate di comunicazione. Insegna giornalismo e nuovi media alla Scuola di Giornalismo dell'Università Suor Orsola Benincasa. Aspirante re dei pirati nel tempo libero.

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