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Dietro la guerra tra Musk e Twitter c’è il cambiamento del mondo social

In realtà per capire davvero cosa stia accadendo tra Musk e Twitter bisogna allargare lo sguardo, andare più in profondità e analizzare le trasformazioni che stanno vivendo le piattaforme digitali diventate, negli ultimi anni, sempre meno social e sempre più immaginate, costruite e adeguate ad un mondo dove la socialità e la condivisione non è più al centro.

La storia di Elon Musk e Twitter, di una delle acquisizioni più costose della storia economica contemporanea, è stata spesso raccontata come un gioco, uno sfizio del viziato miliardario canadese che può vantare un patrimonio che supera il Pil di molti ricchi Paesi occidentali. D’altronde, le manovre finanziarie e i processi economici dei nostri tempi spesso vengono comunicati e letti come se fossero frutto di intemperanze e passioni di questi personaggi che oggi, proprio come i vecchi monarchi, decidono del futuro di interi comparti. 

Il passo indietro di Musk

Innanzitutto, però, bisogna capire cosa è successo. Musk aveva fatto un’offerta di 44 miliardi di dollari per acquistare Twitter ma, il 9 luglio scorso, con una lettera inviata alla società del cinguettio e per conoscenza anche alla SEC, la Securities and Exchange Commission, l’organo statunitense che controlla le transazioni, ha annunciato la rinuncia all’acquisto. Eppure l’accordo prevede una penale di un miliardo per Musk nel caso di marcia indietro, una clausola «break up fee» che serve a salvaguardare l’intesa raggiunta. 

«Twitter non ha rispettato gli obblighi contrattuali – si legge nella lettera – e non ha fornito le informazioni richieste». Nella missiva si fa esplicito riferimento ai dati sui profili fake, già citati in un tweet di qualche mese fa proprio da Musk, come il dato che non veniva pubblicato e senza il quale non si potrebbero fare veri e propri piani aziendali per rilanciare una realtà che sembra essere in profonda crisi. Il social dell’uccellino è infatti in una situazione economica preoccupante e gli annunci di Musk causano ogni volta un terremoto finanziario per l’azienda. L’annuncio del passo in dietro sull’acquisto, ad esempio, ha fatto crollare del 9% le azioni di Twitter in pochi minuti. 

Twitter fa causa

Il social dei cinguettii, assicurandosi le prestazioni dello studio legale Watchtell Lipton, tra i migliori nel campo finanziario, ha fatto causa a Elon Musk anche perché da mesi sostiene di aver dato pieno accesso al patron di Tesla e di Space X all’intera firehouse e quindi a tutti i dati in possesso della piattaforma. In più Twitter ha ribadito che il totale degli account fake presenti su Twitter sono il 5% e non una percentuale più corposa come ha sostenuto più volte Musk nelle sue varie uscite pubbliche.

Il contenzioso legale si dibatterà nel tribunale del Delaware e l’imprenditore di origini canadesi potrebbe addirittura essere costretto ad acquisire il social network. Il problema, però, è che la società in questo momento continua a perdere miliardi, il suo valore e il suo brand, già ridimensionati da questi mesi di telenovela, rischiano di essere azzerati del tutto da una lunga contesa legale e le banche potrebbero storcere il naso e non essere più interessate a finanziare l’operazione davanti ad un accordo forzato.  

E se Musk stesse provando ad abbassare il prezzo?

Dietro questo ennesimo colpo di scena che Musk sembra aver costruito a tavolino, potrebbe invece celarsi il tentativo di abbassare il prezzo. I 44 miliardi offerti mesi fa, oggi rappresentano una spesa del tutto ridicola per un social che sembra sul viale del tramonto e che forse neanche il controverso, visionario e geniale miliardario naturalizzato statunitense riuscirebbe a resuscitare. Secondo alcune valutazioni attuali il valore di Twitter infatti non supererebbe i 13 miliardi di euro e questo significa che Musk lo pagherebbe più del doppio del suo valore reale. 

Il mondo social sta cambiando

In realtà per capire davvero cosa stia accadendo tra Musk e Twitter bisogna allargare lo sguardo, andare più in profondità e analizzare le trasformazioni che stanno vivendo le piattaforme digitali diventate, negli ultimi anni, sempre meno social e sempre più immaginate, costruite e adeguate ad un mondo dove la socialità e la condivisione non è più al centro.

I grandi player del web stanno attraversando una profonda crisi: sono infatti più di 30 mila i licenziamenti negli ultimi due mesi in questo comparto e questo processo non sembra essere di breve periodo. Colossi come Meta sembrano in caduta libera, indeboliti dalla crescita di nuovi soggetti capaci di acquisire nuovi utenti in pochissimo tempo e di esplorare nuove frontiere di guadagno in un mercato che, invece, per i vecchi attori sembra saturo.

I social, nati con l’idea di mettere in connessione le persone, sembrano essere finiti, a dominare il mercato sono le nuove piattaforme come TikTok o Twitch, che fanno dei video l’unico contenuto e che hanno una programmazione e un funzionamento che è più simile a quello dei media tradizionali. Questi nuovi player hanno sovvertito la filosofia stessa delle piattaforme.

Su Facebook l’89% dei contenuti che gli utenti vedono sono prodotti da account seguiti con cui si ha un engagement e questo perché la filosofia alla base dei primi social era quella di mettere in connessione persone che si conoscevano o che si seguivano. Si andava sui social per vedere cosa avevano caricato i propri amici, il proprio calciatore preferito, il cantante del momento.

Con TikTok invece questo è stato sovvertito. L’algoritmo della piattaforma cinese propone contenuti creati per lo più da persone sconosciute e il funzionamento è dunque quello di un singolo che parla ad un pubblico vasto e sconosciuto, proprio come i media tradizionali. La crescita del social orientale sta cambiando volto all’intero comparto e infatti Meta ha deciso di puntare valorizzare lo spazio dedicato ai video sia su Facebook che su Instagram.

Questa nuova frontiera, però, non sembra essere davvero a portata di mano per l’agglomerato social di Meta. Basta scrollare i reel e i video delle due piattaforme per rendersi conto di come TikTok stia colonizzando anche gli spazi digitali di Mark Zuckerberg. La maggior parte dei video infatti, sia su Facebook che su Instagram hanno il logo della società cinese in bella vista, sono contenuti creati per TikTok e solo ripostati sulle altre piattaforme. Nel mondo dei social quando diventi il luogo nel quale riproporre contenuti già virali altrove rischi di diventare non solo vecchio ma del tutto obsoleto e questo è un mondo senza dove il fascino del vintage non colpisce nessuno.  

In questa dimensione Twitter è forse la piattaforma che negli anni è stata meno capace ad adattarsi ai cambiamenti e, oggi che stiamo assistendo ad una vera e propria rivoluzione di questo mondo, l’uccellino di San Francisco non sembra aver alcuno spazio per riprendere quota e ricominciare a volare.

Dietro al tanto rumore che Elon Musk ha sollevato in questi mesi c’è forse solo il fatto che, da buon imprenditore, ha visto prima degli altri l’errore di aver desiderato un giocattolo ormai rotto e in caduta libera, che nessuno avrebbe mai pagato 44 miliardi di dollari.  

Claudio Mazzone

Nato a Napoli nel 1984. Giornalista pubblicista dal 2019. Per vivere racconta storie, in tutti i modi e in tutte le forme. Preferisce quelle dimenticate, quelle abbandonate, ma soprattutto quelle non raccontate. Ha una laurea in Scienze Politiche, una serie di master, e anni di esperienza nel mondo della comunicazione politica.

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