Italia poco attrattiva per i lavoratori: lo studio Indeed
Il celebre motore di ricerca di annunci di lavoro incrocia i dati e piazza il Belpaese a metà classifica in merito all'attrattività lavorativa di un'Europa che invece sa farsi apprezzare. La vetta resta lontana.
L’Italia non sa attrarre lavoratori. O, meglio, non come gli altri Paesi europei. Lo afferma Indeed, popolare motore di ricerca di annunci di lavoro, che ha incrociato i dati in suo possesso per tracciare una sorta di classifica dell’attrattività dei sistemi lavoro nazionali europei (non solo UE).
In questa particolare graduatoria, a primeggiare sono Lussemburgo, Svizzera e Gran Bretagna. Immediatamente sotto nel podio ci sono Irlanda e Germania. L’Italia si posiziona “solo” quattordicesima. Il tutto in un’Europa che mostra di essere gradito e affascinare anche i lavoratori fuori dai confini continentali.
La ricerca Indeed sull’attrattività del lavoro
La classifica stilata da Indeed prende in esame il rapporto tra ricerche in entrata e in uscita negli ultimi due anni in 21 Paesi. Lussemburgo, Svizzera, Regno Unito, Germania e Irlanda si pongono in testa alla graduatoria dei Paesi più attraenti per questi canoni, registrando un tasso di interesse “in entrata” maggiore da parte delle persone in cerca di lavoro, rispetto a quello “in uscita”, posizionandosi quindi come le mete maggiormente attrattive in un prossimo futuro di un’Europa “che sa attrarre” sempre più. L’esempio lussemburghese (primo in classifica) è su tutti: il 74% delle ricerche del 2021 che riguardavano il piccolo Stato a cavallo tra Belgio, Germania e Francia era in “ingresso”, il 32% di ricerche analoge dal Lussemburgo invece in uscita.
Al contrario, l’Italia, si posiziona esattamente a metà classifica (quattordicesimo posto). Sul sito lussemburghese di Indeed, si legge ancora nel Rapporto, il 74% di tutte le ricerche nel 2021 sono state effettuate “in entrata”, da persone in cerca di lavoro dal di fuori del Paese. E con le recenti cronache che vedono un’atavica carenza di personale contro le più disparate giustificazioni (su tutte lo sventolatissimo Reddito di Cittadinanza) non lasciano ben sperare.
I motivi della mancata attrattività
Il report, dal titolo “Brain gain or drain?”, analizza la mobilità transfrontaliera in funzione dei dati in suo possesso e ponendo l’attenzione su 4 aspetti:
- retribuzione,
- lavoro da remoto,
- carenza di manodopera,
- questioni geopolitiche
Se per anni, infatti, l’equazione migliore retribuzione = miglior candidato è stata imperante, ora tutto è cambiato e chiaramente la pandemia ha accelerato alcune consapevolezze che già si stavano facendo spazio nel complesso universo lavorativo.
Un altro aspetto di non poco conto difatti della ricerca è il fatto che le frontiere sono praticamente venute meno e nel mondo globalizzato andare a caccia di talenti (da un lato) o di occasioni (dall’altro) oltreconfine è molto più semplice che in passato. “Alcuni Paesi – si legge – stanno già approfittando dell’aumento della ricerca e della mobilità internazionale per colmare il gap nell’offerta di lavoro nazionale. Le imprese, quindi, si trovano a competere per i talenti in un mercato globale in cui i confini tradizionali sono caduti”.